Ogni anno che comincia si trascina subito dietro il suo vagone di curiosità, di dubbi, di interrogativi. Il 2020 fa cifra tonda e si presenta implicitamente armonico, ma per quanto ci riguarda sarà pieno di spigoli e di zone oscure. Un sacco di questioni resta in ballo, e bisognerà studiare a fondo, senza distrazioni, per sciogliere la litania dei dilemmi.
Butto lì qualcuno dei miei. Ad esempio: Nibali, il meglio di Italia da un’eternità, sarà ancora Nibali o comincerà a non essere più Nibali, quel Nibali? Ormai ci siamo abituati a considerarlo una certezza, un dato di fatto, come un luogo comune, ciclismo italiano in difficoltà però almeno ci resta Nibali, ma nessuno può nascondersi che il tempo è passato e che i suoi 35 anni cominciano ad essere una bella cifra. Dalla sua parte giocano i tanti no dei potenziali rivali al Giro, circostanza che abbasserà il coefficiente di difficoltà e attutirà notevolmente l’impatto dell’età (benché resti pur vero che se poi si perde da Bardet può essere ancora più triste). Ma al di là degli avversari, il vero interrogativo, il più importante per l’Italia unita, riguarda proprio il valore specifico e personale del campione: riuscirà a rimandare di un altro anno il primo declino, oppure sarà proprio il 2020 l’inizio della vecchiaia (agonistica, ci capiamo)? Se qualcuno lo sa già, lo invidio molto: io questo dubbio invece lo sento in modo irrisolvibile, adesso come adesso.
Altro caso, vagando da una questione all’altra: Dumoulin, che ne sarà di Dumoulin? Cioè: dopo la disgraziata caduta di Frascati, al Giro, e dopo l’interminabile convalescenza a strappi, quale sarà il Dumoulin che a quanto pare stavolta torna davvero? Dubbio su dubbio: come si rivelerà la promiscuità nella stessa Jumbo di big così big, a cominciare dallo stesso Dumuolin per arrivare a Roglic? La somma darà un totale super o finirà per sottrarre qualcosa a ciascuno?
E Bernal? Così giovane, continuerà a migliorare, fino a diventare quel mezzo Merckx che sembra a tutti, imbattibile in montagna e cattivissimo pure a cronometro, oppure si rivelerà uno di quei simpatici ragazzi del Sudamerica che non appena arrivano ai vertici si lasciano cullare dai piaceri e dai denari, perdendo per strada la fame, dimenticando da dove vengono, prendendo il peggio del benessere Occidentale, fermandosi così a mezza strada, nel limbo del potenziale inespresso? Dominatore dei prossimi dieci anni o meteora con scia di rimpianti?
Dubbi, ancora dubbi da 2020. I nostri Bettiol e Moscon, che ci hanno illuso di compensare almeno nelle gare in linea le malinconie delle corse a tappe, come staranno con un un anno in più di esperienza? Sono talmente importanti, che non voglio nemmeno pensare a una loro sparizione, senza lasciare tracce. Voglio credere che cresceranno ancora e che si presenteranno con la levatura giusta alle gare monumento, l’unica motivazione per cui a un certo punto valga la pena insistere, sempre che non ci si adagi placidamente nelle piccole fortune della mediocrità. Voglio proprio crederlo: ma non c’è come addentrarci nel 2020 per spazzare via anche questo dubbio.
E ancora: Formolo capirà finalmente, e ci farà capire, se è a tappe o in linea? Ciccone ci dirà se è un replicante di Chiappucci o se può immaginarsi anche qualcosa di più, come un Nibali senza cronometro? E Viviani, il generoso Viviani: riuscirà finalmente a centrare anche su strada una vittoria da mettere in cornice e consegnare ai nipoti? E a monte, alle spalle, ai vertici del gruppo: ce la farà Martinello a dare la spallata epocale al monolite Di Rocco, nella corsa più avvelenata del calendario, quella per il nuovo presidente federale? E il Giro, ce la farà il Giro a portarsi qui qualche straccio di campione, o davvero dovremo fingere che Carapaz e Bardet siano tra tutti il mejo? E infine, per non andare avanti fino a notte fonda con i dubbi, il più dubbio di tutti, il padre di tutti i dubbi: chi, tra Pancani e De Luca, riuscirà a far fuori l'altro?
da tuttoBICI di gennaio