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Caro Direttore,
ho letto attentamente nei giorni scorsi il suo editoriale, che ho apprezzato sia per quanto riguarda l’«invisibile» Bettiol e sia per il riferimento alla gestione dei percorsi della Parigi Roubaix, però mi sono soffermato alla disamina della situazione dei Gruppi Sportivi italiani che dovranno fare i conti con la riforma della UCI che entrerà in vigore nel 2020.
Gli argomenti da lei affrontati e la sua preoccupazione per quanto succederà dalla prossima stagione sono condivisibili come pure quanto è stato discusso in sede di Assemblea di Lega il 12 aprile dove la questione è stata posta dai manager delle Professional italiane che hanno manifestato il loro dissenso ed hanno sollecitato un intervento da parte della Lega e della Federazione.
Personalmente non credo che né la Lega e né la Federazione possano intervenire più di tanto nei confronti della UCI che si muove come un bulldozer nonostante le esperienze passate negative.
Però la invito a riflettere anche sulla situazione degli organizzatori italiani, RCS inclusa per alcuni versi ed esclusa per altri, i quali negli ultimi anni si sono ridotti in numero e in gare per una selezione naturale derivante, per un lato, da una incapacità di adeguamento alla evoluzione del movimento ciclistico a livello mondiale, ma soprattutto per la “tenaglia” costituita da una parte dagli adempimenti e dai regolamenti in continua modifica ed impegni finanziari imposti dalla UCI e dall’altra la stretta delle istituzioni per il rilascio delle autorizzazioni e l’imposizione di adempimenti a volte abnormi che stanno vessando tutti gli organizzatori.
Potrei entrare in dettagli, quali il Piano Sicurezza, il Piano Sanitario, la riduzione progressiva delle scorte, la richiesta di pagamento dei servizi da parte dei Comuni anche solamente attraversati etc. però ho paura di dilungarmi troppo e magari di perdere la sua attenzione: se ritiene di approfondire sono a sua completa disposizione.
Quanto sopra va ad aggiungersi al fatto che, proprio in funzione della riforma del 2020, con la creazione della nuova categoria di gare UCIProseries, questa comporterà sicuramente una ulteriore selezione dato che hanno presentato la candidatura ben 13 gare italiane ma che non saranno inserite tutte (nel bando era indicato che non potevano essere inserite più di 10 gare per federazione nazionale).
Ma il problema non riguarda quelle poche gare di classe 1 che hanno fatto la richiesta ma riguarda le gare di classe HC che se non saranno inserite nella nuova categoria verranno retrocesse alla classe 1, retrocessione che ritengo illegittima perché non esiste, a termini di regolamento, un sistema di promozioni e/o retrocessioni come nel passato quando le categorie erano quattro e le promozione e retrocessioni erano legate a valutazioni complesse espresse in voti sulla base del rapporto del Presidente di Giuria, della qualità della partecipazione, del rapporto del rappresentante dei Gruppi sportivi etc..
Ho espresso queste perplessità direttamente alla UCI con la quale ho avuto uno scambio di messaggi, nell’ultimo del quale il Presidente Lappartient mi rassicura che la riforma avrà successo e che la qualità delle gare italiane è molto buona e quindi non ci sarà alcuna penalizzazione.
Non sono rassicurato anche perché conosco molto addentro la situazione degli Enti organizzatori italiani sia come già segretario dell’Associazione, essendo presidenti Franco Mealli, Giacomo Santini, Mauro Vegni, Giovanni Fontanini e come Presidente da sette anni e so già che avremo meno gare in calendario dal 2020.
Tutto questo senza tener conto che esistono situazioni specifiche legate al fatto che qualche Ente organizzatore è legato strettamente alla figura di un Presidente/Socio che potrebbe, per così dire, “mollare” togliendo dal calendario direttamente e indirettamente almeno 8/10 giornate di gara e non rilevo una preoccupazione istituzionale in merito.
L’avvento della PMG nella gestione della diffusione mediatica, televisione compresa, delle gare ciclistiche professionistiche e di quelle più importanti di competenza della Federazione, si basa, per le gare professionistiche sul prodotto “Ciclismo Cup” che determina una classifica solo per i Gruppi Sportivi italiani professional (quattro quest’anno e forse tre il prossimo) che assicurava alla squadra prima classificata la partecipazione al Giro d’Italia, naturalmente d’accordo con RCS.
Ora questa possibilità probabilmente verrà meno perché non credo che RCS possa dare la stessa assicurazione, proprio in funzione di quanto da lei chiarito nel suo editoriale.
Mi domando, anzi ho più spesso domandato alla Lega che premialità (scusi il neologismo) offre la Ciclismo Cup alle altre squadre partecipanti, tenuto conto che alle gare partecipano da 20 a 25 squadre, la maggior parte professional straniere, oltre naturalmente le UCI World teams che non sono interessate alla classifica della Ciclismo Cup.
Il tutto legato alla nostra incapacità di attrarre attenzione dal mondo economico italiano per ottenere delle risorse sia per premiare la partecipazione delle squadre e sia per migliorare la visibilità mediatica degli eventi che proprio grazie alla PMG può essere assicurata.
Non mi dilungo oltre perché credo che le situazioni illustrate lei già le conosce ed avrei piacere che dedicasse alle stesse dello spazio per sollecitare attenzione e, forse, anche un coinvolgimento maggiore del movimento ciclistico italiano.
Grazie per l’attenzione, con i migliori saluti,
Franco Costantino
Presidente AOCC
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