Gli escarabajos crescono bene. È bastato disegnare un Giro d’Italia U23 un po’ più esigente rispetto agli ultimi due anni per fare sì che i colombiani dettassero legge dall’inizio alla fine. La superiorità dimostrata ogni qualvolta la strada saliva è stata quasi imbarazzante, tanto che nessun atleta di un’altra nazione è riuscito minimamente ad impensierirli. La conquista della maglia rosa, la bianca di miglior giovane e la verde di miglior scalatore sono state la logica conseguenza di una gara condotta da padroni assoluti. La cosa che però sorprende è che il dominio non è stato appannaggio di un solo corridore, ma di ben tre, che si sono impadroniti del podio finale in cima alla Marmolada. Già l’anno scorso i sudamericani avevano regalato spettacolo, sciogliendosi però nel momento decisivo, ma in questa edizione non hanno voluto lasciare nulla al caso. Se si era rimasti sorpresi dalla bontà del movimento escarabajo, che in pochi anni ha lanciato Miguel Angel Lopez, Fernando Gaviria, Egan Bernal e Ivan Sosa, solo per citare alcuni nomi, state pur certi che la generazione d’oro non ha ancora finito il suo corso.
Ma chi sono questi dittatori che hanno monopolizzato il Giro U23? In Europa sono praticamente sconosciuti, ma per rendersi conto di chi fossero bastava studiarsi le classifiche della Vuelta de la Juventud 2019, la durissima corsa per i giovani emergenti colombiani. Il selezionatore della Nazionale colombiana non ha quindi dovuto fare chissà che ricerche per trovare i ragazzi più forti: ha convocato i primi tre della generale, ovvero Jesús David Peña, Adrian Bustamante e Andrés Camilo Ardila, ai quali ha aggiunto Juan Diego Alba e Juan Fernando Calle. Abituati a corse con dislivelli enormi, non era complicato prevedere che si sarebbero divertiti anche sul Monte Amiata, sul Passo Maniva, sul Mortirolo e sul Passo Fedaia. E come se non bastasse c’era anche Einer Augusto Rubio Reyes, che però dal 2017 corre in Italia alla Aran Cucine Vejus, che è stato l’unico vero rivale dei suoi connazionali.
«Per questi ragazzi il Giro è una vetrina molto importante: dopo la corsa rosa riceveranno moltissime offerte di grandi squadre» ci ha spiegato il massaggiatore della nazionale colombiana Carlos Cortes, che lavora anche per la Bardiani-CSF e la Delko Marseille.
Ma andiamo a conoscere meglio chi sono questi predestinati colombiani.
ANDRÉS CAMILO ARDILA. È il vincitore di questo Giro d’Italia. Sul Monte Amiata e sul Passo Maniva ha staccato tutti con una facilità disarmante. Sul Mortirolo è salito appena un minuto più lento di Miguel Angel Lopez, che ha ottenuto il miglior tempo di scalata nel Giro dei professionisti. Nelle ultime giornate ha lamentato un piccolo dolore al ginocchio, al che viene da pensare “se non lo avesse avuto cosa avrebbe fatto…” Nato il 2 giugno 1999 a Mariquita, nel dipartimento di Tolima, corre per la EPM di Medellin ed è il talento più puro che ci ha offerto questo Giro. «Il mio idolo è Nairo Quintana, mi piacerebbe fare quello che è riuscito a fare lui - spiega Ardila -. Però tutti i colombiani sono la mia motivazione, è bello vedere come tengono alta la bandiera del nostro paese».
EINER AUGUSTO RUBIO. L’anno passato si schierò al via con la maglia della sua nazionale, mentre stavolta la sua squadra, l’Aran Cucine Vejus, è stata invitata e lui non ha fatto pentire gli organizzatori di questa scelta. Nato il 22 febbraio 1998 a Chiquiza, nel dipartimento di Boyacà, da un paio d’anni vive a Benevento e proprio per questo motivo era più conosciuto rispetto ai connazionali. L’anno scorso si è imposto nella tappa di Dimaro, quest’anno ha dovuto aspettare l’ultima frazione, sulla Marmolada, per alzare le braccia al cielo. Per lui, secondo posto finale e maglia di miglior scalatore ne fanno già un pezzo pregiato del mercato
JUAN DIEGO ALBA. È il più esperto della truppa, essendo nato l’11 settembre 1997 a Tuta, Boyacà, a pochi chilometri dal paese natale di Quintana. Corre nella Coldeportes Zenu e in questo Giro si è tolto la soddisfazione di vincere la tappa con la doppia scalata del Mortirolo, attaccando però in discesa. Grazie ad una lunga rincorsa, è riuscito a conquistare il podio proprio nella tappa finale, spodestando il nostro Alessandro Covi.
JÉSUS DAVID PEÑA. Anche di questo ragazzo ne sentiremo parlare molto. Ha vinto la Vuelta de la Juventud e alla vigilia del Giro partiva coi gradi di capitano, nonostante fosse il più giovane. Nato l’8 maggio del 2000 a Zipaquirà, nel dipartimento di Cundinamarca, è al primo anno tra gli Under 23 e corre con la Coldeportes Strongman, ma ha già dimostrato di avere un grande motore. Rimasto attardato nella tappa di Gaiole in Chianti, si è messo a disposizione di Ardila, riuscendo comunque a chiudere secondo sul Passo Maniva e dettando il ritmo dall’inizio alla fine della Marmolada, prendendosi poi il lusso di chiudere ugualmente quarto di tappa e settimo in generale.
ADRIÁN BUSTAMANTE. In patria era il più chiacchierato e in molti lo consideravano l’uomo di classifica della nazionale. In Colombia, infatti, ha vinto tutto quello che c’era da vincere nelle categorie giovanili ed era di conseguenza quello con un seguito mediatico maggiore. In realtà, però, il suo Giro non è stato nulla di eclatante, e le prime tappe di montagna lo hanno relegato al ruolo di gregario di lusso. Nato il 10 giugno 1998 a Boavita, Boyacà, corre con Alba alla Coldeportes Zenu e ha chiuso al secondo posto la Vuelta de la Juventud. In questa Corsa Rosa non ha probabilmente mostrato tutte le sue potenzialità, ma ci sarà tempo per sentir parlare anche di lui.
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