Una volta a Caracas, capitale dell’adesso tragico Venezuela, un collega milanese, credo proprio di ricordare bene scrivendo Claudio Colombo del Corriere della Sera, si mise a parlare con me di ciclismo contro calcio. Correva l’anno 1977, stavamo andando a San Cristobal, città di frontiera dove si sarebbero disputati di lì a pochi giorni i campionati mondiali su strada. Avrei ritrovato Claudio su un servizio ciclistico comune“soltanto” dopo quattordici anni a Perth, Western Australia, Mondiali di nuoto (prima volta di un azzurro finalmente iridato, Giorgio Lamberti da Brescia sui 200 metri stile libero), nel mio ultimo reportage da inviato speciale prima della pensione, quando viaggi magari lo stesso ma c’è in testa all’articolo soltanto il tuo nome e la denominazione del posto dell’evento.
Insieme ricordammo quel che mi aveva detto a Caracas: “Secondo me un allungo di Simone Fraccaro vale più di una giornata di campionato di calcio”. Simone Fraccaro, credo uno degli azzurri di quella spedizione (l’ho in mente alto, biondo, con un sorriso vasto e quasi permanente) era un corridore veneto anche pistard nel senso di inseguitore, non un fenomeno ma un onesto professionista, però il collega voleva parteciparmi la forza “naive” del ciclismo, la sua eloquente semplicità, il pregio anche di uno scatto abbastanza qualsiasi, eseguito per sport, in opposizione a tutta la barocca e pomposa e farlocca recita pallonara.
A Perth Claudio non aveva cambiato idea, intanto che io da quel giorno a Caracas mi ero iscritto al suo partito, della cui genesi e del cui sviluppo, è bene precisarlo, Simone Fraccaro non ha mai saputo nulla.
Ricordo bene quel Mondiale, concluso sotto la pioggia con Moser che in volata batteva Thurau, un tedesco assai forte. Ero riuscito non so più come ad agguantare un preziosismo posto su un aereo a elica che da San Cristobal portava all’aeroporto internazionale di Caracas la sera stessa della competizione dei professionisti che chiudeva la serie delle prove mondiali. Era stato se ricordo bene proprio Moser a suggerirmi di fare il tentativo - lui il posto l’aveva già -, premessa obbligata per poter prendere, a Caracas, un volo notturno per l’Europa, l’Italia. Andò tutto bene, sul filo dei minuti primi e anche secondi, e seppi dopo che molti miei colleghi avevano avuto un rientro lento e complicato.
Lungo volo comunque, scali eccetera. A Roma Fiumicino c’era Teofilo Sanson, l’industriale veneto dei gelati, ad aspettare il suo campione del mondo. Mio amico dai suoi tempi di gelataio emergente a Torino, tifoso come me del Toro, Teofilo pazzo di gioia urlava ai quiriti dei servizi aeroportuali, indifferenti ai Cesari e figuriamoci a noi, che “quei due lì”, appena arrivati, erano un giornalista testimone delll’impresa e nientepodimeno che l’autore dell’impresa stessa. Per Francesco un aereo di Sanson che lo portava a Verona nella fabbrica dei gelati e ormai vicino alla sua Trento, per me un po’ di sonno su un sedile in attesa del primo volo per Torino, Anche quel Sanson supergenuino, urlante, sudato (era estate), sbracciato, quasi sboccato, rientrava automaticamente nella felice santa ingenuità del popolo di coloro che preferiscono uno scatto di Simone Fraccaro eccetera eccetera.
E lo scatto di Fraccaro mi è venuto in mente guardando e non solo vedendo il Giro d’Italia ultimo alla televisione, con una troupe giornalistica Rai quasi del tutto nuova e proprio per questo piena di ingenuità quanto una troupe vecchia è fisiologicamente piena di malizia. Una troupe provvidamente inesperta per raccontare con autentica emozione da scoperta tanti scatti di tanti Simone Fraccaro, mentre il calcio consumava le sue ultime nequizie, le sue ultime “gigantesche” piccolezze travestite da grande show, e passi, ma anche da sport, e non ci sto.
Perché il ciclismo è sport, e resta tale anche se il calcio no, il calcio è uno splendido colossale facile affascinante gioco popolare, che immilla (da Guido Gozzano poeta: qualcosa che tiene dentro e fa risplendere “le mille cose di pessimo gusto”, ricordate?) anche lo sport, però sempre più schiacciato da cose e cosacce “altre”.
Si va lontano, con uno scatto di Simone Fraccaro: anche se, anche perché chissà se quello scatto, proprio quello lì del ricordo, c’è mai stato.
Se sei giá nostro utente esegui il login altrimenti registrati.