Siamo fermi lì, non si riesce proprio a fare un passo in avanti, un salto culturale, per provare ad abbattere qualche barriera, che viene sempre issata quando meno te lo aspetti.
Si fa un gran parlare d’integrazione e tolleranza, ma sono solo parole. Poi i fatti tornano a galla, come i “fatti” che riguardano Fiorenzo Magni, il “terzo uomo” del ciclismo italiano, che l'etichetta di "fascista" proprio non riesce a scrollarsela di dosso nemmeno dopo la sua morte datata 2012.
Chissà cosa direbbe Alfredo Martini, che era dall’altra parte dell’Arno, sull’altra sponda politica, ma non ha mai rinnegato l’amico, difendendolo in ogni occasioni e fino alla fine. Niente, tre maglie rosa al Giro d'Italia non sono bastate a cancellare quella camicia nera. E così scrive oggi Repubblica sulle pagine di Firenze: «Sul campione di ciclismo, scomparso nel 2012, scoppia ora una nuova polemica. Il Museo della Deportazione e della Resistenza di Figline di Prato, infatti, ha rifiutato di tenere nella sua sede la presentazione di un libro sul 'Leone delle Fiandre', il 'terzo uomo' fra Coppi e Bartali, scritto dal professor Walter Bernardi, il quale parla di "censura" e accusa il museo di voler calare il "silenzio assoluto" su Magni, che nel secondo conflitto mondiale mantenne simpatie per il fascismo».
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