
C’è un uomo luminoso - tuta nera, mantello rosa e lampadina in testa -, che si dice capace di accendere la corsa. C’è un componente del gruppo “W la fuga”, che ha trasformato la bicicletta in una piccola orchestra di fiati e percussioni. E ci sono i diavoli della salita – tute nere, volti rossi e inquietanti copricapi -, che si alimentano di adrenalina.
C’è una suora, un’ancella missionaria del santissimo sacramento, che dal padre ha ereditato la passione del ciclismo. C’è un ragazza calabrese che ricorda come il nonno, costretto sul divano, guardando un attacco di Marco Pantani in tv, quasi per miracolo si alzò in piedi. E c’è una giapponese, tifosa di Peter Sagan, venuta al Giro anche se Sagan non c’era.
C’è il papà di Eugert Zhupa, il padre del primo corridore albanese al Giro d’Italia, in piazza, con la bandiera. E c’è il cugino di Stefano Pirazzi, quello del fan club “Tutti pazzi per Pirazzi”. Ci sono Sergio e Piero Coppi, i cugini del Campionissimo, davanti al mausoleo dedicato a Fausto e Serse a Castellania. E c’è Marzio Bruseghin, terzo in un Giro e due volte primo in tappe a cronometro, con la sua faccia da popolo e da osteria.
S’intitola #StorieDalGiro 101 ed è il libro che Banca Mediolanum ha pubblicato nel 2018 (Electa, tiratura limitata, formato quadrato, 216 pagine, 29 euro) per celebrare la sua storia d’amore per la Corsa Rosa, un legame nato per passione nel 2003 e proseguito fra sponsorizzazioni, promozioni, collaborazioni. E’ un libro fotografico, composto di 101 ritratti per l’edizione numero 101 del Giro, concepito con il criterio della fotonotizia.
Si chiamava così, fotonotizia, lo spazio sottratto a un testo e regalato con generosità a un’immagine così forte, così diversa, così speciale da non richiedere un articolo, ma soltanto una didascalia, ingigantita da dida a didona. Una fotografia capace di raccontare anche senza parole, di narrare anche senza punteggiatura, di documentare anche senza i particolari della cronaca, di fare colore anche se pubblicando in bianco e nero. Una formidabile opportunità per i fotografi (in questo libro il privilegio è toccato a Tommaso Miredi e Valerio Musilli), ma con la dovuta sensibilità del redattore per scegliere e valorizzare lo scatto che potesse dare il senso di una passione, di una giornata, se non addirittura di una vita. Poi è arrivato Internet, le cose sono cambiate, le fotonotizie sono scomparse. Peccato. Ci voleva più coraggio, rispetto e forse cultura.
Qui, ovviamente, ci sono alcuni rappresentanti della Mediolanum, dal presidente Ennio Doris all’amministratore delegato Massimo Doris, dai testimonial Paolo Bettini, Maurizio Fondriest, Francesco Moser e Gianni Motta, e poi si va da vecchie glorie come Vittorio Adorni a recenti pensionati come Matteo Tosatto, da fotografi come Roberto Bettini a collezionisti come Marcello Murgia, da professionisti come Valerio Agnoli a tecnici come Renzo Badiali (uno degli scopritori di Meo Venturelli) e Carlo Franceschi (il papà toscano di Vincenzo Nibali). E tanti anonimi (ma nome e cognome avrebbero arricchito, non impoverito). Perché ognuno ha una bellissima storia da raccontare, la sua, a forza di rughe e cicatrici, maglie e tatuaggi, luci e ombre.
PS Una bellissima storia da raccontare (e verificare) con onestà. Quella mancata al giovanotto che, sfoggiando una maglia biancoceleste, sostiene che si trattava di un cimelio appartenente a Sandrino Carrea, gregario di Coppi. Impossibile. Carrea correva quando la Bianchi era abbinata a Ursus e Pirelli, non a Campagnolo.
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