Jacopo Guarnieri ha disputato domenica l'ennesima Roubaix della sua carriera. E affida ai social una lunga riflessione che è poi una lettra d'amore per questa corsa. Con tanto di maledizione finale per... beh, leggete e scopritelo insieme a noi.
Vi voglio raccontare una storia.
Una storia d'amore che parte da
lontano, da quando per la prima volta ho messo le ruote sulle pietre
del nord. Eravamo nel 2004, tra l'Olanda e il Belgio, e, a quel tempo,
neanche immaginavo cosa sarei potuto diventare da "grande". Pedalavo e
basta.
Passarono gli anni e mi ritrovai, nel mio primo anno da professionista nel 2009, alla partenza della Parigi-Roubaix, in maglia Liquigas. Non arrivai all'arrivo, non arrivai nemmeno alle prime pietre: mi lussai la spalla in una caduta a pochi km dal primo settore. Mi ero divertito così tanto durante la ricognizione del percorso! Ironia eh?
I due anni successivi non furono più fortunati, in entrambi i casi dovetti abbandonare la corsa per problemi meccanici. La Roubaix è anche questo.
Poi arriva il 2012, il mio primo anno in Astana. Non era
una squadra votata alle classiche, quindi mi ritrovo libero di fare la
mia corsa.
La corsa comincia e io non ho molte certezze se non quelle del mio amore per la corsa.
Mi ritrovo quasi a "pedinare" tutto il giorno Tosatto, lui ha
esperienza e anche le gambe. Lo seguo sempre, anche quanto scatta per
rientrare sul gruppo di Boonen e, proprio in quel gruppo, mi ritrovo in
davanti. Nella mia corsa del cuore! La mia Roubaix!
Fuori dal Carrefour de L'Arbre, a giochi ormai fatti, rimango col gruppo che si giocherà la 7a piazza, sempre seguendo il Toso. Nel tratto di Gruson, l'ultimo, foro davanti, perdo il controllo della bici e cado. Non c'è l'ammiraglia. Non c'è nemmeno il cambio ruote! Perdo tantissimo tempo, mi riprende il gruppo dietro ed alla fine sono 23esimo, Tosatto, il mio punto di riferimento della giornata, 7o. Arrivo in lacrime, distrutto, ma con la convinzione che, a 25 anni, avrò tantissime altre occasioni. D'altra parte è una storia d'amore questa, no?
L'anno seguente un virus mi mette KO al Fiandre, arrivo alla Roubaix che sembro un fantasma da tanto ho perso peso. Parto lo stesso, lotto, mi stacco dai migliori come prevedibile e finisco subito dietro. Arrivo 31o. Non avevo toccato cibo tutta la gara per il mal di stomaco.
Poco male, sono ancora giovane mi dico, il prossimo anno mi rifarò.
Invece succede che nel 2014 non sono al via, ma a casa con un perone rotto. Nel 2015 la guardo ancora in tv, dal divano, con una tendinite e nel 2016 lo stesso, in un letto stavolta, con febbre alta.
Nel
frattempo gli anni passano, da promessa del ciclismo sono diventato un
gregario: un ottimo ultimo uomo. Ma il primo amore non si scorda mai e
finalmente, nel 2017, al mio primo anno in FDJ, sono al via. Sono
davanti alla mia bella!
La sfiga però ci vede benissimo e una
rottura dello sterzo, mentre davanti comincia la bagarre, mi taglia
fuori ancora una volta. Ancora una volta non riesco a rivedere quel
dannato velodromo.
Siamo ora a 3 giorni fa, ho 31 anni, dieci anni di professionismo alle spalle, e sono ai nastri di partenza.
Il mio capitano Demare incappa in una giornata no: lavoriamo per
tenerlo davanti ma non va. Perde la mia ruota in ogni settore di pavè.
Ho via libera! Alla Roubaix ho via libera!
Sento che le gambe non
sono super ma tengo duro lo stesso. Non basta. Quando il buon Peter
s'invola tutto solo, io mi spengo e mi stacco.
Quando entro nel velodromo però la delusione sparisce subito, mi emoziono. Quanto tempo era che non lo vedevo? Quanto è bello?
In questa storia d'amore la mia Roubaix mi continua a ferire, non mi degna di uno sguardo, più la inseguo e più lei scappa.
Eppure…
Eppure ci sono altre storie d'amore, con altre Roubaix, che sono finite bene: come Hayman, che l'ha vinta a 38 anni dopo aver inseguito il suo amore invano, come me, per tantissimi anni. Maledetto Hayman, che dai speranze ai miei sogni!
L'anno prossimo avrò 32 anni e sarà il mio 11esimo anno di amore per te, mia cara Roubaix.