SIVAKOV, QUESTIONE DI DNA

DILETTANTI | 26/07/2017 | 07:57
Pavel Sivakov è l'uomo del momento. Ha vinto Giro d'Italia e Giro della Valle d'Aosta con la maglia del BMC Development Team ma passerà alla Sky. E questa scelta ha spinto BMC a rivedere i suoi progetti relativi al vivaio. Vi proponiamo l'intervista realizzata con Sivakov all'indomani della corsa rosa.

Il nuovo Tom Dumoulin si chiama Pavel Sivakov.
Il russo vincitore del Giro d’Italia Under 23 (e poi del Giro della Valle d'Aosta) ricorda l’olandese per fisico e talento, ma preferisce evitare i paragoni.
«Ho visto il Giro n° 100, ammiro chi ha conquistato la maglia rosa. Du­mou­lin è un corridore completo, che sa an­dare forte a cronometro e in salita, ma anche nelle classiche. Da giovane andavo matto per Fabian Cancellara, detto questo non ho un campione del cuore, il mio unico punto di riferimento è rappresentato dai miei genitori».

Papà ciclista, mamma ciclista, Pavel non poteva che finire su una bici. Nato a San Donà di Piave (Venezia) l’11 luglio 1997 quando papà Alexei, prof dal 1996 al 2005, correva con la Ros­lot­to di Argentin e mamma Aleksandra Koliaseva, iridata ’93 e ’94 nella cronosquadre, aveva messo un punto alla sua carriera agonistica, si è trasferito subito a Saint-Gaudens, nei Pirenei francesi.

Il ciclismo per lui è tutto. «Sono cresciuto respirandone i valori in famiglia, in casa si parla sempre di due ruote. Papà e mamma mi danno numerosi consigli, in vista di questa corsa i più importanti sono stati “salva più energie possibili giorno dopo giorno” e “se riesci, vai più forte di quanto siamo riusciti noi in carriera”. Ciclismo, ciclismo e ciclismo. Ho vinto il Giro d’Italia, una delle corse più importanti al mon­do. È da pazzi, sono al settimo cielo e sicuro che i miei genitori siano orgogliosi di quello che sono riuscito a fare. Il finale dell’ultima tappa è stato molto duro, ma il team ha svolto un lavoro impeccabile e io ce l’ho fatta. La mia squadra è semplicemente fantastica, i miei compagni sono stati perfetti per tutta la settimana. Non è solo la mia vittoria, è anche la loro. La mia dedica va a tutto il team» ci raccontava a caldo in cima a Campo Imperatore, appena dopo aver scoperto di aver conquistato la corsa rosa per 9” sull’australiano Hamilton.

Ha preso la maglia rosa nella terza tappa e l’ha difesa con una regolarità impressionante. «Dicevano che ero favorito, sono felice di es­sermi confermato. Significa che ­so recuperare bene, che reggo bene la pressione. Per il futuro è un bel segnale. Ero molto sicuro della mia squadra, fino all’ultimo giorno i ragazzi sono stati impressionanti. Devo dire grazie a ognuno di loro, anche pertché ho più fiducia nei miei compagni che in me. Nel­l’ultima tappa mi hanno te­nuto in testa per tre quarti della salita, se mi fossi staccato nel finale con che coraggio avrei potuto dire: “Ehi, ho perso il Giro”? Mi avrebbero mangiato».

Per raggiungere il grande traguardo ha lavorato duramente. «L’anno scorso ho capito che po­tevo diventare un buon scalatore. Ho chiuso nella top ten al Giro del­la Valle d’Aosta e undicesimo al Tour de l’A­venir: così ho perso peso e mi sono allenato parecchio in salita. Sono andato a Calpe, in Spagna, per migliorare, ma ho fatto anche altura in Francia per prepararmi al meglio. Correre sulle strade di Pantani è stato da pelle d’oca: Marco è una leggenda del ciclismo. Sono troppo giovane per aver ammirato le sue imprese in diretta, ma mio papà mi ha parlato di lui. Ci ha corso in gruppo insieme. Dice che in salita volata, era lo scalatore più forte di sempre: andava in salita con le mani basse sul manubrio, sprintando per venti chilometri. Incredibile».

È la settima volta che il Giro baby incorona un russo. E qualcuno, come Ugrumov e Ko­nyshev, ha poi trovato gloria tra i professionisti. Questa volta però il re rosa è un giramondo nel dna. «Sono un ragazzo russo, nato in Italia, che vive in Francia. Un bel mix (sorride, ndr). Il Giro ha un valore speciale per me, anche se ho vissuto in Italia solo il primo anno della mia vita. Ho ereditato la nazionalità di papà e mamma e corro per la nazionale russa, ma sono cresciuto in Francia. Non ho molti legami con la Russia: non ci sono strade adatte per i ciclisti, tutti i giovani russi devono venire in Europa per coltivare la loro passione, è un peccato. Ho conosciuto Dimitri Konyshev all’Euro­peo di Plumelec, ci ha dato consigli per la gara. È da ammirare, ha avuto una carriera super. Se arriverò mai ai suoi livelli? Ci spero, ma ho ancora tanta strada da percorrere».

Pavel è giovanissimo, ha compiuto 20 anni l’11 luglio,
ma le sue caratteristiche e la professionalità della BMC Develo­pment, la filiera che ha portato tra i grandi gen­te come Küng,  Dillier e Frankiny solo per fare qualche nome, sono una garanzia per il futuro.
«Dopo quest’esperienza amo ancora di più le corse a tappe. Sogno di correre il Giro dei grandi, il Tour de France, la Vuelta di Spagna. Mi affascinano molto anche le classiche. L’anno scorso ho di­sputato la Parigi-Roubaix, una gara pazza: ero partito per vincere, poi una foratura nel finale e addio. Ci riproverò. Prima però mi merito una bella festa con la squadra e un po’ di riposo. Dopo il successo al Giro della Valle d’Aosta, adesso ho il Tour de l’Avenir nel mirino».
La strada, caso vuole, lo porta ancora in Italia e in Francia, le na­zioni in cui è nato e in cui vive. Il giro alla conquista del mondo di Pavel Sivakov è appena iniziato.

Giulia De Maio, da tuttoBICI di luglio
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