Gatti & Misfatti
L'insostenibile pesantezza dell'essere Astana

di Cristiano Gatti

Per il 2015 abbiamo tut­ti un compito im­portante: dobbiamo fi­darci di Vinokourov. Fidarci di Vino­kou­rov? Così dice l’Uci, governo mondiale del ciclismo, dopo lunga e attenta (??) valutazione. Cinque casi di doping (due nella squadra A, tre nella Pri­ma­vera) non sono elementi sufficienti per negare il nullaosta alla squadra kazaka, casualmente - so­lo casualmente - la più ricca dell’intero panorama mondiale. Puntando il suo fe­roce dito contro Vinokourov, l’Uci ha usato parole durissime: Vino, monello che non sei al­tro, de­vi stare più attento a quanto avviene nel tuo team, ammetterai che cinque casi non sono pochi, via, bisognerà fare qual­cosa, che so, metti in pie­di un nuovo sistema di controlli interni, butta fuori i di­scoletti, e soprattutto prometti, prometti solennemente che non succederà mai più, forza, incrocia le dita sulle labbra e fai il giuramento del boy-scout. Fai attenzione, ragazzaccio: noi ti teniamo osservato. Se ci ricaschi, capace pure che ti diamo 430 euro di mul­ta…

Più o meno è finito così il clamoroso e imbarazzante caso Astana. L’Uci ha menato pesanti fendenti col cotton-fioc, il Mo­vi­mento per un ciclismo credibile (ostrega, non ricordo se si chiami proprio così, mannaggia a loro e alle loro sintetiche denominazioni), insomma il Mo­vi­mento delle anime belle per de­finizione non si è mos­so. Par­lia­moci chiaro: da un punto di vista puramente prag­matico la decisione lascia noi italiani soddisfatti, perché quanto meno permetterà all’en­clave tricolore nella squadra kazaka di correre le grandi corse. In linea di principio, non è giusto che i Ni­bali e gli Aru, con loro i gregari e il personale del made in Italy, escano dal grande ciclismo per colpa di cinque imbecilli. Però dobbiamo fare at­tenzione a ca­varcela con questo sottile egoismo: la vita è piena di casi in cui anche gli innocenti pagano per i colpevoli che si ritrovano a fianco, vedi l’esempio dei ti­fosi per bene che devono restare fuori dallo stadio causa violenze di due o trecento mentecatti.

Personalmente, resto an­corato al supremo principio di civiltà che regola le vicende penali, è cioè che la reponsabilità è sempre individuale. Diventa “collettiva” quando il reato è provatamente associativo, quando c’è la matematica pro­va che più persone hanno con­tribuito attivamente al disegno criminoso. Nel ciclismo: mi sta bene buttare fuori una squadra intera, ma solo quando è provato il doping di squadra. In caso contrario, nel caso Astana, pretenderei che a pagare siano i farabutti e che gli onesti vengano salvati, al­trimenti qualcuno mi dica per­ché mai uno deve restare onesto.

E comunque. Teniamoci la Astana, uscita indenne dalla draconiana (??) pro­cedura Uci, e avviamoci a seguire un 2015 già precocemente avvelenato. Spiace per i nostri, ma l’Asta­na nel World­Tour comporterà un inevitabile effetto collaterale, antipaticissimo e cupo, tutto a carico dei Nibali e de­gli Aru. Da ora in poi, questi atleti correranno con un particolare compagno di viaggio, pesante e ingombrante, pe­ren­nemente seduto lì davanti, sul manubrio. Sarà il passeggero scomodo dei se e dei ma, dei sospetti e dei dispetti, del­le voci e delle dicerie, vale a dire di tutta quella nube tossica che ad ogni sconfitta e ad ogni vittoria spargerà puntualmente veleni. Se Nibali e Aru perderanno, partiranno da qualche parte i sorrisetti come a dire vedi, adesso che l’Astana è nel mirino casualmente non vanno più. Se vinceranno, partiranno i sorrisetti come a dire vedi, se restano in quella squadra c’è un motivo…

Niente mi toglie dalla te­sta che se nella stessa po­sizione dell’Asta­na si fosse trovata la “Salumi Gatti” o la “Piastrelle Costa”, certo l’Uci avrebbe mostrato i muscoli e avrebbe inflitto la punizione esemplare. È solo un’impressione mia, carogna e malevola, non lo nego, ma nessuno me la leva dalla zuc­ca. In ogni caso, preso atto del salvataggio di Vinokourov (via, con la carriera che ha alle spalle merita come minimo un po’ di comprensione e indulgenza), resta comunque l’effetto perverso e incontrollabile a carico dei Ni­bali e degli Aru. Un vero e proprio castigo, tra l’altro senza termini e senza scadenze. A ef­fetto illimitato. Non vedo vie d’uscita. Proprio non trovo il modo di uscirne. Vinokourov è salvo, Nibali e Aru pagano la pena più pesante. Stando così le cose, resta aperta un’unica soluzione: i nostri devono andarsene il più presto possibile da quella squadra. Anche a costo di guadagnare meno. Prima cambiano aria, prima cambia la vita.
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