Se ho capito bene, ci aspetta un’annata più o meno così. Il ProTour va altezzosamente per la sua strada con un’aria aristocratica più esibita che reale, più vantata che effettiva, esattamente come certi nobili spiantati che hanno le cuciture ai gomiti lisi della giacca e in casa si riducono a mangiare malinconicamente pane e cipolle, magari con i guanti tagliati in punta per il freddo, rimpiangendo i bei tempi andati. Fuori, intanto, il ciclismo definito da questi stessi aristocratici spiantati “minore”, cioè popolare e plebeo, se ne va a sua volta per la propria strada, divertendosi nelle volgari corse chiamate Tour, Giro, Vuelta, Sanremo, Roubaix, Liegi-Bastogne-Liegi, Lombardia.
Se ho capito bene, e può darsi non abbia capito nulla, ci avviamo verso l’anno zero del ciclismo binario, con due linee che procedono fianco a fianco, ma senza incontrarsi mai, come vuole la teoria del parallelismo. I solerti cronisti saranno capacissimi di spacciare il ProTour come il grande ciclismo e le corse monumento come la serie B (i solerti cronisti, quando i potenti ordinano, spengono volentieri il cervello, se ne hanno uno). E pazienza se i tifosi, capendoci molto poco di questo delirio politico-burocratico, continueranno imperterriti a guardarsi Giro e Tour come hanno sempre fatto, come se niente fosse, impippandosi delle beghe che hanno portato al divorzio tra Uci e organizzatori. Situazione esemplare: la politica da una parte e la realtà dall’altra. Sulle cattedre del potere conterà solo il ProTour, sui tavoli dei Bar Sport conterà soltanto la corsa tradizionale. Quella di sempre, quella conosciuta. Quella vera.
A questo punto della guerra intestina, che ha dilaniato e infine sgretolato il ciclismo mondiale, si potrebbe osservare come comunque un assestamento si sia trovato. Ciascuno per la sua strada, ignorandosi anzi odiandosi, e tanti saluti alla diplomazia. Potrebbe persino essere così: quando un matrimonio è soltanto rancore e sospetto, meglio romperlo. Se organizzatori e Uci non si sopportano più, meglio salutarsi una volta per tutte. Doloroso, ma comunque meglio delle ruffianerie e delle coltellate alle spalle. Almeno la situazione diventa chiara e definitiva.
Però c’è un però. Lo dico a stagione da poco iniziata, prima di entrare nel vivo. Anche in questo caso può darsi non abbia capito nulla, ma preferisco esprimermi: eventualmente sono pronto a ricredermi, se qualcuno mi smentisce seriamente. Nell’attesa, non posso far finta di non vedere il primo effetto perverso dello storico divorzio tra ProTour e organizzatori. Lo dico in due parole: tante facce sporche delle storiacce di doping, messe alla porta dal ProTour, stanno rientrando dalla finestra nelle squadre più piccole, che vivendo fuori dal massimo circuito non sono tenute al rigore dei codici ProTour. Risultato sublime: considerato che le squadre del ProTour, come abbiamo visto all’inizio, correranno corse loro, per la verità sconosciute ai più, mentre gli organizzatori delle corse storiche avranno mano libera sugli inviti, cioè potranno far partire chi vogliono, ecco che alla fine ci ritroveremo le facce pulite nelle corse più anonime, mentre le facce sporche - riciclate dai piccoli team - saranno addirittura ospiti graditi sui grandi palcoscenici delle gare storiche.
Può darsi che la mia sia una visione un po’ scettica e diffidente. Ma i movimenti di questo inverno mi inducono alle più fosche previsioni. Ho il netto presentimento che dalla Sanremo in poi, passando per il Giro e arrivando al Tour, cioè nelle corse più belle, più note, più prestigiose, ora paradossalmente fuori dal ProTour, tornerà in voga l’anarchia. Una specie di “liberi tutti” che consentirà a qualunque squadra di portare in corsa qualunque tanghero dal passato oscuro. Dico male? L’ho ammesso subito: può darsi che non abbia capito nulla. Però sono curioso di vedere come andrà a finire. Voglio proprio vederli, i grandi organizzatori, lasciare fuori di loro spontanea volontà un bel nome in odore d’inchiesta. Non lo facevano prima, quando comunque avevano le regole del Pro Tour a imporlo, figuriamoci adesso, che hanno le mani libere. Davvero avranno la fermezza di non invitare una squadra con un corridore ambiguo tra le sue fila? Sì, voglio proprio vederli. Ma se dovessi scommettere un cent, per questa stagione 2008 prevedo qualcosa di già visto. Polvere, nebbie, confusione. Discussioni sui cavilli, eccezioni sui codici, ma-se-però. E per tutti quanti noi, tifosi del ciclismo, un terribile mal di testa. Basta guardarlo: anche cambiando i fattori, il prodotto non è cambiato.
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