di Pier Augusto Stagi
Nel suo piccolo è stato un grande anche lui. Il suo bottino poteva essere molto più ricco e pingue se solo non avesse perso treni e opportunità. Se questo Giro numero 107 è andato in archivio con la scritta ben impressa di Tadej Pogacar, dominatore assoluto della “corsa rosa”, uno spazio nemmeno tanto marginale ce l’ha anche il nostro Jonathan Milan, il “JoJet” del ciclismo di casa nostra, il “toro di Buja” come amano chiamarlo i suoi concittadini, la maglia ciclamino di un Giro che per la seconda volta consecutiva lo eleva sul gradino più alto nella speciale classifica a punti.
È chiaro che tre vittorie di tappa non sono poche, come del resto non lo sono per il belga Tim Merlier, che almeno in materia di successi ha pareggiato il conto, ma sono quei quattro secondi a bruciargli, anche perché JoJet sa bene che per tramutarle in vittorie sarebbe bastato un pochino più di colpo d’occhio e un pizzico di fortuna in più.
«Ci sono due Jonathan Milan. Il primo è lì da vedere: velocista dalla potenza devastante, l’equivalente di un duecentista dell’atletica leggera. Il secondo l’ho scoperto solo al primo test, lo scorso novembre: fondista, quasi maratoneta. Sono due qualità antitetiche, ecco perché Johnny va considerato un corridore speciale».
Così parlò Mattias Reck, l’uomo (svedese, allenatore di velocisti top del passato, da Degenkolb a Kittel, ndr) che si occupa della preparazione di Milan da quando il friulano è passato alla corte di Luca Guercilena nella Lidl-Trek.
«È un ragazzo eccezionale, fin troppo corretto e per nulla spregiudicato - ci racconta Guercilena -. È un atleta di rara bellezza, un corridore che ha ancora ampi margini di miglioramento, soprattutto quando avrà preso più confidenza con i meccanismi del treno, che quest’anno per la prima volta si è trovato a sfruttare. E poi l’avete visto: non trova mai giustifiazioni, anzi è sempre il primo a prendersi le proprie responsabilità e a chiedere scusa: è un ragazzo davvero eccezionale».
In questo Giro il ragazzo di Buja ha vinto tre volate: Andora (sprint lineare), Francavilla (caotico) e Cento (pulito). E dire che in quella terza volata un ventaglio poteva scompaginargli le carte.
«E invece grazie ai compagni - spiegò quel giorno la maglia ciclamino - sono rimasto coperto per 12 chilometri, ho salvato la gamba e sprintato al top».
Ma è sempre il suo allenatore, Reck, ad accompagnarci nel mondo di Jonathan, che in questo Giro ha in ogni caso fatto un netto salto di qualità, grazie proprio a delle doti fisiologiche fuori dal comune.
«Pochi corridori arrivano a spingere 2.000 watt di punta in volata - spiega -, pochissimi ne reggono 1.500 per 20” negli ultimi 300 metri. Ma non è tutto: Jonathan ha anche un massimo consumo di ossigeno elevatissimo per uno sprinter. Ed è proprio da qui che siamo partiti per cominciare a lavorare e portare da quattro a oltre sei ore il tempo in cui il suo motore regga questi carichi di lavoro senza perdere potenza, cosa non certo facile, ma piuttosto complessa, soprattutto in quelle prove o tappe con finali di gara difficili. Jonathan ha una doppia alimentazione e in pratica è un diesel che si trasforma in una supercar a benzina nel finale».
Una cosa per nulla facile, soprattutto per un ragazzone alto quasi due metri (195 centimetri, ndr), costretto a muoversi in piena volata con destrezza e agilità, zigzagando da un avversario all’altro. È vero che un ruolo fondamentale ce l’hanno i pesci pilota, ma un conto è la teoria, un altro è la pratica. «Tutto vero, tutto giusto. E non è un caso che fin dai ritiri in Spagna - prosegue Reck -, abbiamo fatto decine di simulazioni. Oggi vediamo ancora sbavature, ma all’inizio era una costante che perdesse la ruota dei suoi compagni di squadra. La Lidl-Trek ha scelto lui perché ha un motore pazzesco, di contro Jonathan ha scelto il progetto presentatogli da Luca (Guercilena, ndr) proprio perché ha trovato un team che ha deciso di investire sulla sua crescita, mettendogli a disposizione un treno tutto per lui. C’è chiaramente ancora da lavorare, ma come avete visto, siamo a buon punto».
Milan è anche uno dei componenti più preziosi del quartetto d’oro di Tokio che sogna Parigi…
«È così e non potrebbe essere altrimenti. Con il Ct Marco Villa abbiamo programmato tutto - dice -. A febbraio gli avevamo promesso un Milan al 60% della forma per gli Europei, al Giro avete visto con quale condizione è arrivato e ha concluso la corsa, adesso se lo goda fino ad agosto. Alle Olimpiadi sarà bellissimo seguirlo all’opera con i suoi compagni: vedrete cosa saranno capaci di fare».