di Paolo Broggi
Prima che contro il tempo e gli avversari, la cronometro è una sfida contro se stessi. Una sfida che, limitandosi al solo nel giorno di gara, impone lunghe ore di concentrazione, lo studio del percorso da mandare a memoria, il riscaldamento stile criceto con la cuffia che aiuta a svagare un po’ la mente con la musica e poi la corsa. Lo sguardo fisso sulla ruota e sulla strada, l’occhio che scivola ogni tanto al computerino, la voce del diesse nell’orecchio, i muscoli che gridano, il cuore che pompa.
E la mente che lavora, conta, guida, si pone domande e cerca risposte. Anche quelle che la tecnologia non riesce a dare. Seduto per lunghe ore sulla hot sits di Perugia, in occasione della prima cronometro del Giro d’Italia, Filippo Ganna, quelle risposte le aveva già trovate: sapeva che l’entusiasmo attorno a lui non aveva ragione di essere, era conscio di non essere riuscito a spingere come voleva nel lungo tratto pianeggiante e aveva capito che sulla salita finale, davvero dura per una crono, Pogacar avrebbe potuto recuperare tutto lo svantaggio accumulato.
E se ancora non poteva immaginare che lo sloveno avrebbe firmato un nuovo capolavoro, il campione d’Italia sentiva che la vittoria gli stava sfuggendo dalle mani.
«Sulla salita finale (che aveva punte del 16% e che Pogacar ha volato via a 32 orari, ndr) non potevo fare altro che difendermi. Se fosse stata una crono secca, avrei avuto più possibilità perché in un grande giro io non ho le stesse capacità di recupero degli uomini di classifica. E poi mi ha battuto un fenomeno. In pianura ero dove dovevo essere, anche se nella parte iniziale ho faticato a trovare la pedalata giusta».
Un altro secondo posto - il dodicesimo dall’inizio del 2023, a fronte di sei vittorie e di un credito con la buona sorte che prende sempre più corpo - e la necessità di voltare subito pagina.
Meno di una settimana dopo, stessa scena, stessa hot sits, stessa tensione.
Ganna resta lì seduto per ore aspettando l’arrivo di Tadej Pogacar, il campione infinito che può minacciare tutto e tutti in qualsiasi specialità. Pippo ha percorso i 31,2 chilometri del percoso a 53,959 chilometri orari, gli ultimi otto chilometri - i più pianeggianti - li ha divorati a 58,143.
Dopo ore, parte la maglia rosa. E al primo rilevamento, quelli dei 7.800 metri tortuosi e vallonati, ha 4 secondi di vantaggio su Ganna, tutti gli altri sono già lontanissimi.
Al secondo intermedio Pippo ha ribaltrato la situazione, ha guadagnato ma non esulta, aspetta con lo sguardo fisso sul monitor. Accanto a lui si materializza come d’incanto Jonathan Milan, l’amico di tante giornate in pista. Una mano sulla spalla di Pippo, gli sussurra qualcosa, lo rincuora e sorride, gli dice di star tranquillo ma lo sguardo di Ganna descrive ben altri sentimenti. E anche quando la vittoria diventa realtà, il campione d’Italia non si scioglie, non sorride, non “molla”.
Lo farà solo sul podio, quando non riuscirà a frenare le lacrime davanti alla famiglia, cagnolona Mya compresa, davanti alla fidanzata Rachele, davanti ai tifosi, davanti al mondo.
«Dietro a questa vittoria c’è tanto lavoro, perché ormai in questa specialità per emergere bisogna raggiungere la perfezione. Per questo siamo stati in galleria del vento per migliorare ancora la posizione. E devo dire grazie a quel fenomeno di Pogacar».
Anche se l’ha fatta tremare ancora?
«Sì, perché mi ha spinto a lavorare ancora di più, a fare sempre meglio. E quando le gambe soffrono, devi trovare le energie nella testa. La voglia di emergere e di star davanti a Tadej a tutti i costi mi ha spinto a dare qualcosa di più. Spesso sento dire “oggi c’è la crono, vince Ganna...” ma non è così, anzi se lo fosse andrei a dormire un po’ più tranquillo».
Sul podio, le lacrime: quanto mancava la vittoria?
«Almeno quanto il sole sulle strade del Giro, vista la pioggia che abbiamo preso anche quest’anno».
Una vittoria, la sua sesta in carriera nella corsa rosa, che ha dato nuovo entusiasmo a Ganna che ora si proietta verso Parigi 2024 con un doppio obiettivo: la conferma dell’oro con il quartetto e la rincorsa al titolo nella cronometro, anche per riscattare la delusione di Tokyo 2020 quando, su un percorso per altro non congeniale, arrivò quarto a 5 secondi dal podio nella gara vinta da Roglic.
Pochi giorni di riposo dopo il Giro, più che altro per staccare a livello mentale, poi il 3 e 4 giugno Ganna sarà a Milano per svolgere dei test nella galleria del vento e ancora lavoro per prendere ulteriore confidenza con il variatore che sostituisce il deragliatore anteriore e consente di ridurre l’attrito dell’aria.
Poi altura, quindi il ritorno alle corse nel campionato italiano a crono di Grosseto il 20 giugno e poi in quello in linea a Sesto Fiorentino il 23. Ultimo impegno agonistico dal 2 al 7 luglio al Giro d’Austria, con un prologo a cronometro di soli 3 km che tra l’altro sarà affrontato con le bici da strada. E dopo l’Austria ancora altura. Il tutto “infarcito” dal lavoro in pista a Montichiari con il ct Villa, con Milan, Consonni, Lamon, Moro e Viviani, vale a dire con la famiglia della pista che per il gigante piemontese significa casa.
Insieme vogliono costruire costruire nuovi capolavori, vincere nuove sfide, scrivere nuove pagine di storia sfruttando sì la forza del corpo ma anche quella del gruppo e della mente. Perché non si deve mai dimenticare che la crono, così come il quartetto, prima che contro il tempo e gli avversari, è una sfida contro se stessi.