Sanremo, Jasper non è più Disaster

di Francesca Monzone

Jasper Philipsen è uno degli sprinter più veloci del momento ma, nonostante un palmares importante, nel Belgio dove è nato è stato spesso messo in ombra da Remco Evenepoel e Wout van Aert, perché i due hanno vin­to quelle Classiche che nella patria del ciclismo valgono più di una qualunque al­tra cosa. Adesso il conto è stato pa­reggiato: con la vittoria nella Milano-Sanremo, il ventiseienne talento della Al­pe­cin-Deceuninck ha raggiunto quell’olimpo nel quale siedono solo i corridori più grandi. Non erano ba­stato il secondo posto alla Parigi-Rou­baix dello scorso anno e neanche le quattro vittorie di tappa al Tour de France per arrivare lassù: per essere osannato, Philipsen doveva vincere una delle Clas­siche Monumento.
Il belga na­to a Mol, ha firmato il suo capolavoro in Italia e sulle strade della Milano-San­remo ha dimostrato di essere molto di più un potente velocista. Il successo di Philipsen, conosciuto in gruppo con il soprannome di Jasper the Disaster, è stato applaudito anche dai suoi avversari, che sono andati immediatamente a congratularsi con lui per l’incredibile vittoria.
In via Roma c’è stato l’abbraccio con Tadej Pogacar, uno dei suoi amici più cari con cui gioca a padel e che in se­guito ha mimato un bacio sulla guancia sul podio. Subito dopo è arrivata la stretta di ma­no sorridente con Michael Matthews, l’australiano beffato sulla linea d’arrivo che si è dovuto accontentare del secondo posto, ovvero di una sconfitta. Alla fine c’è stato l’abbraccio più bello, quello con l’amico e compagno di squadra Mathieu Van der Poel, il campione del mondo che si è  messo al servizio del suo velocista per portarlo alla vittoria. Tanto si potrebbe scrivere del rapporto tra Philipsen e Van der Poel, che insieme formano la coppia perfetta del ciclismo, perché dove arriva la vittoria di uno, quasi sempre c’è l’aiuto dell’altro. Ma più che alle parole, è meglio lasciare spazio alle immagini dei loro abbracci al termine di un successo.
Il soprannome The Disaster gli è stato affibbiato per quel suo modo distratto di affrontare la quotidianità, come macchiare le magliette mentre mangia un gelato, oppure dimenticare di indossare abiti dello sponsor quando arriva ad una presentazione. Philipsen ama la vita semplice, fatta di cene in famiglia e momenti con gli amici e poi c’è Me­lanie Peetermans, la fidanzata che è sempre al suo fianco, anche quando ci sono i lunghi periodi di ritiro in Spa­gna.
La sua vita da sportivo è iniziata con il calcio, ma in adolescenza ha dovuto abbandonare il pallone a causa delle troppe cadute fatte con la sua BMX, con la quale si divertiva a fare vere e proprie acrobazie. La sua non è una famiglia di ciclisti e Jasper è il pri­mo a praticarlo seriamente da quando era un ragazzino. I risultati e il talento si sono fatti presto vedere e ,dopo aver definitivamente lasciato il calcio, ha capito che la bici sarebbe stata la sua strada. I suoi genitori sono sempre stati presenti e nelle categorie giovanili erano in prima fila ad ogni corsa in attesa di vederlo passare sulla linea del traguardo. Jasper è nato a Mol, nella re­gione di Anversa, in quella parte delle Fiandre che vive a stretto contatto con i Paesi Bassi. In questa città è nato anche Tom Boonen, che in poco tempo è diventato l’eroe per il piccolo Philipsen, che aspettava puntualmente Tommeke quando rientrava a casa da­gli allenamenti.
Come la maggior parte dei ciclisti bel­gi, anche Philipsen ha un passato nel ciclocross, ma i suoi risultati non straordinari lo hanno presto portato a scegliere la bici da strada e nel 2015 ha vinto il suo primo titolo nazionale, trionfando nel­la cronometro individuale ai Cam­pionati Nazio­nali Juniores.
Un passaggio importante lo ha fatto nel 2018 approdando alla Ha­gens Ber­man Axeon, il team Continental gestito da Axel Merckx, fi­glio del grande Eddy.
La carriera di Jasper non è stata in rapidissima a­sce­sa e con la UAE E­mi­rates, con la quale ha esordito tra i professionisti e corso fino al 2020, i successi sono stati solo quattro.
Il grande salto per lui è arrivato nel mo­mento in cui è approdato alla Alpecin, iniziando quel rapporto di grande intesa con Mathieu Van Der Poel: le vittorie in poco tempo sono arrivate. Anche la Milano-Sanremo è stato il frutto di quel supporto che l’iridato ha dato al compagno. Tutto è nato sul Poggio, quando Philipsen è riuscito a resistere e poi a rientrare nonostante il lavoro demoniaco dell’UAE Emirates e di Pogacar. Van der Poel inizialmente non aveva notato la presenza di Philipsen nel gruppetto e l’informazione gli è arrivata attraverso gli auricolari e un rapido annuncio dell’ammiraglia. Da quel momento la coppia vincente si è ricostituita e Van der Poel ha capito che il finale sarebbe sta­to diverso: non più una questione per uomini da Clas­siche, ma uno sprint potente da servire a Jasper. Così, co­me in quelle scene che i due campioni dell’Alpe­cin-Deceu­ninck ci han­no regalato durante il Tour de Fran­ce, Ma­thieu si è trasformato nell’umile servitore di Ja­sper e con precisione chirurgica lo ha pilotato verso la vittoria.
«Devo ringraziare Ma­thieu se oggi ho vinto - aveva detto Phi­lipsen subito dopo il traguardo -. Sono riuscito a comunicargli che ero rientrato sul Poggio e lui mi ha guidato verso la vittoria».
I due corridori, amici dopo le corse e uniti da un rapporto di fratellanza, hanno compiuto una delle loro imprese più belle, portando alla squadra la seconda vittoria consecutiva alla Mi­lano-Sanremo, arrivata dopo il successo dello scorso anno di Van der Poel.
«Avevo pregato Ma­thieu di rallentare, di non fare alcuno sforzo davanti. Avevo le gambe migliori che avessi mai avuto, ho pensato che fosse il giorno giusto per vincere la San­remo. Ma negli ultimi chilometri avevo davvero paura, non volevo fare un errore perché Ma­thieu, che è il campione del mondo, si era preso la responsabilità di rincorrere chi aveva tentato l’attacco da finisseur».
Jasper The Disaster non ha commesso errori e in Via Roma ha conquistato la sua prima Clas­sica Monumento a conferma di una crescita importante che continua.
Per lui il 2023 è stato un anno im­portante nel qua­le ha portato a casa 19 vittorie, tra le quali quattro tappe del Tour de France. Al­la fine dell’anno aveva detto che il 2024 doveva essere un altro anno vincente, ancora di più rispetto al precedente, perché confermarsi o migliorare è sempre più difficile.
La stagione si è aperta un po’ in sordina e il primo successo è ar­rivato nella seconda tappa Tir­re­no-Adria­tico, dove sperava di vincere di più in vista di quella San­remo. Era preoccupato Phi­lipsen, convinto alla vigilia che la vittoria nella Classicissima sarebbe andata a Ta­dej Po­gacar.
Le cose poi sono andate diversamente e con questo successo, subito seguito dal trionfo nella Classic Brugge-De Pan­ne, Philipsen ha definitivamente dimostrato di essere molto più di un potente velocista, di essere un uomo da Clas­siche e di meritarsi un posto nell’olimpo del ciclismo.

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