di Giulia De Maio
A ripensare alla vittoria ottenuta in Val di Zoldo al Giro d’Italia 2023 gli viene ancora la pelle d’oca. Non poteva che arrivare nella natura più incontaminata, tra i suoi amati animali e con il prezioso sfondo delle Dolomiti patrimonio Unesco, il successo (finora) più importante della carriera di uno degli azzurri più attesi.
Dopo il Campionato Italiano conquistato nel 2022 aveva ricevuto in dono una vitella, l’anno scorso in maglia tricolore Filippo Zana ha realizzato un altro grande sogno di una carriera che promette molto bene e si è meritato due caprette che portano il nome della sede di partenza e di arrivo della tappa rosa che gli ha cambiato la vita. Grazie alle buone prestazioni ottenute nelle categorie minori (nel 2021 finì sul podio del Tour de l’Avenir, ndr) e quanto fatto vedere dal 2020 tra i prof, il 24enne vicentino in forza alla Jayco AlUla rappresenta una delle speranze più floride del nostro movimento.
Pippo è tra i corridori più attesi del “dopo Nibali”, ne è consapevole, e nella stagione che sta per iniziare ha tutto per regalarsi e regalarci un ulteriore salto di qualità. Lo abbiamo incontrato ad Altea, sulla Costa Blanca spagnola, dove a dicembre ha pedalato al caldo già con la testa all’anno nuovo.
Pippo come hai trascorso le feste?
«Natale in famiglia e Capodanno con gli amici, secondo tradizione. Il ciclismo ci porta a stare tanto lontano da casa, quindi cerco di godermela quando posso passare del tempo con le persone care. Il 25 dicembre è un giorno sacro, la bici è rimasta a riposo. Mamma Roberta e zia Paola ci hanno deliziato con i loro piatti, un tempo avevano un ristorante quindi ai fornelli sono una garanzia, e a una certa ora... tutti a cantare. Il primo dell’anno sono rimontato in sella per smaltire i bagordi e riprendere la preparazione iniziata dopo le vacanze a Santo Domingo. Dodici giorni di relax assoluto con la mia fidanzata Francesca che mi hanno permesso di ricaricare le pile e ritrovare la voglia di faticare necessaria all’inizio di una nuova stagione».
Sei stato lontano dalla bici per...?
«Un mese durante il quale mi sono “disintossicato” dalla vita da atleta professionista. Alla mattina mi svegliavo pensando a quello che volevo fare e non all’allenamento in programma, ai pasti non misuravo il cibo ma mi gustavo quello di cui avevo voglia. Insomma, ho staccato la spina e tolto i freni che il nostro lavoro quotidianamente impone. In Spagna con la squadra abbiamo approfittato delle temperature decisamente più alte, rispetto a quelle che abbiamo a casa in inverno, per svolgere un bel blocco di lavoro che serve come base per iniziare al meglio la stagione. Davvero un gran bel lavoro».
Quanto si fa fatica a ricominciare?
«Eh, le prime settimane sono un po’ ostiche perché riprendere a far fatica in sella e rimettersi a dieta non è semplice ma dopo una quindicina di giorni si ritorna a regime e si rientra nella quotidianità a cui siamo abituati 11 mesi all’anno. A me non pesa, anzi piace. Il ciclismo è da sempre la mia passione quindi i sacrifici che comporta li sopporto volentieri anche perché ho provato sulla mia pelle che pagano. Quest’anno, alla prima stagione nel World Tour, ho meritato una vittoria di tappa al Giro d’Italia. Ho realizzato il sogno che avevo fin da bambino. La gioia e soddisfazione che ho provato mi danno la voglia di impegnarmi ancora di più. È chiaro che sono più le volte che si perde di quelle che si vince, ma quando ci si riesce è una goduria pazzesca».
Te l’eri immaginata così?
«Sì, è stato bellissimo. A ripensarci mi viene la pelle d’oca. Ho vissuto un milione di emozioni, che non vedo l’ora di riprovare. Finora è stata la mia vittoria più bella, la prima al Giro, la ricorderò per sempre. Di quel giorno ho conservato tutto: il body usato ha già trovato spazio su una parete di casa e anche alla bici è stato riservato un posto speciale. Anche una volta che avrò smesso di correre questo successo non potrò mai scordarlo. Dopo questo sogno realizzato sono ancora più motivato e spero in questo nuovo anno di riuscire a migliorarmi ulteriormente».
Sul traguardo di Val di Zoldo hai battuto in volata Thibaut Pinot, a cui sei legato dalla comune passione per gli animali.
«Per me è stato un onore giocarmela e battere un grande campione come lui, amatissimo dal pubblico, come abbiamo visto al Lombardia, la sua ultima corsa. Lo guardavo in TV quando io pedalavo ma non ancora a certi livelli e mi ha sempre unito a lui questo amore per la natura, il mio svago. Quando sono a casa mi piace accudire il mio cavallo Vior (acquistato a quattordici anni con le mance della nonna dopo le prime vittorie in bici, ndr), le galline, i conigli, il maiale, la vitella che mi hanno regalato dopo il Campionato Italiano e le due caprette che sono arrivate dopo il successo al Giro. Sapete come le ho chiamate? Una Zoldo, in onore del traguardo della tappa vinta, e l’altra Odi perché la partenza era a Oderzo (sorride, ndr)».
Il 18 marzo compirai 25 anni. In questo ciclismo in cui i giovanissimi scalpitano come ti senti?
«Vecchio. Scherzo. Gli anni passano e sicuramente ci sono diciottenni già pronti, che vanno veramente forte. Per me non è stato così ma sono sereno del mio percorso e soddisfatto del livello raggiunto. Maturo stagione dopo stagione, do il massimo ogni giorno e mi sento sempre più forte. Questa sarà un’ottima annata per dimostrare quanto valgo, poi come sempre sarà la strada a decidere se merito di stare con i migliori... Quel che è certo è che con la squadra stiamo lavorando bene. Sono fiducioso e convinto di poter alzare l’asticella ancora un po’».
Quali obiettivi hai messo nel mirino?
«Inizierò il 31 gennaio dalla Volta a la Comunitat Valenciana poi, a differenza del passato, andrò subito in altura. Farò altrettanto ad aprile prima del Giro d’Italia, che rappresenterà ancora una volta l’appuntamento clou della stagione. So che tutti fremono per trovare l’erede di Vincenzo Nibali: portare a casa un grande giro è dura, ma sto facendo del mio meglio per arrivare un giorno a giocarmi le mie possibilità. Vedremo fin dove mi supportano le gambe. Quest’anno alla corsa rosa il capitano designato della Jayco AlUla per la generale è l’irlandese Eddie Dunbar, io per la classifica verrò in seconda battuta. A inizio anno spero di far bene alle Strade Bianche, poi vorrei ben figurare al Tour of the Alps, bella corsa a tappe breve e dura, e alla Liegi-Bastogne-Liegi, che non ho mai disputato. In una classica di tale livello serve l’esperienza, ma proverò ad essere protagonista già al debutto. Per pensare alla maglia azzurra è presto. Il circuito dei Giochi di Parigi non sembra adatto alle mie caratteristiche, il percorso del mondiale di Zurigo sì ma a settembre manca parecchio. Ci sarà modo di parlarne con il CT Bennati, l’importante sarà presentarsi in forma in quel mese».
In squadra è arrivato un tuo giovane vicino di casa: Davide De Pretto.
«Siamo entrambi nati a Piovene Rocchette e abitiamo a 500 metri l’uno dall’altro. Lo conosco bene, abbiamo iniziato entrambi alla Scuola di Ciclismo Piovene, la squadra del nostro paese. È bello ritrovarsi nello stesso team tra i prof ed è curioso che su tre italiani nel team, due arrivino dalla stessa cittadina. Quando siamo a casa ci alleniamo quasi sempre assieme e, per quel che posso, gli do dei suggerimenti. Alessandro De Marchi è sicuramente più esperto di me e può fare a entrambi da chioccia meglio di chiunque altro. Dal Rosso di Buja ho imparato molto l’anno scorso sia al ritiro di Andorra che al Giro. Condividendo la stessa camera mi ha trasmesso la sua calma e forza, se sono arrivati tanti bei risultati alla corsa rosa è merito anche della sua grinta. A 38 anni ha una determinazione non da tutti, sono e siamo fortunati ad averlo ancora al nostro fianco».
Da quest’anno puoi contare anche su un nuovo direttore sportivo, molto esperto, come Valerio Piva.
«L’ho incontrato la prima volta a Torino quando abbiamo svolto le visite mediche e messo giù il calendario, abbiamo iniziato a conoscerci nel ritiro di dicembre e nel prossimo in programma questo mese avremo modo di confrontarci ulteriormente. Sono certo riuscirà a darmi degli ottimi consigli e mi aiuterà nel mio percorso di crescita. Cerco di trarre vantaggio da tutte le professionalità da cui siamo circondati. Due persone molto preziose su cui faccio affidamento da quando sono alla Jayco AlUla sono Marco Pinotti e Laura Martinelli. Il primo, oltre ad essere stato un ottimo cronoman, è un vero appassionato di bici che vive di pane e ciclismo. Ci confrontiamo ogni giorno sugli allenamenti che svolgo, anche nella veste di preparatore è un gran professionista. La seconda mi segue dall’anno scorso per quanto riguarda la nutrizione e ha fatto la differenza, prima del 2023 non avevo mai seguito un piano alimentare e, a quanto è emerso, non integravo abbastanza durante lo sforzo. Laura mi fa mangiare tanto soprattutto in corsa, con i ritmi che teniamo 120 grammi di carboidrati l’ora nella borraccia ormai sono la norma. Avere una tabella con cosa preferire o cosa evitare a tavola è veramente importante al giorno d’oggi, tutti ormai curiamo ogni minimo dettaglio».
Fatti un augurio per l’anno nuovo e fanne uno ai nostri lettori.
«Mi auguro di continuare sulla strada intrapresa nel 2023 e magari di riuscire a ottenere ancora di più. Agli appassionati spero di portare tante gioie e, perché no?, anche dei nuovi articoli. Se tornerete a scrivere di me, vorrà dire che ho combinato qualcosa di buono. Tifate per il ciclismo italiano e speriamo di riportare l’Italia in alto, dove merita di stare».