di Giulia De Maio
La regina del ciclismo italiano inizia il nuovo anno con la fede al dito e la grinta di sempre. Elisa Longo Borghini si è lasciata alle spalle una stagione nella quale, come d’abitudine, ha brillato in più occasioni ma che a più riprese l’ha costretta ai box per colpa di guai fisici. Nel periodo di stop forzato la campionessa della Lidl Trek, tricolore in carica sia su strada che a cronometro, si è tenuta impegnata organizzando le nozze con Jacopo Mosca, da tre anni compagno di squadra e di vita, celebrate lo scorso 28 ottobre nella sua Ornavasso. Con il cuore colmo e le gambe più fresche del solito, la 32enne piemontese è al lavoro per preparare un 2024 ricco di appuntamenti importanti sia con la formazione americana di cui fa parte che in maglia azzurra. Il primo grande obiettivo della stagione per la portabandiera del nostro movimento in rosa è rappresentato dalle Classiche delle Ardenne, a cui seguiranno Grandi Giri, Giochi Olimpici di Parigi 2024 e il Mondiale di Zurigo. Un programma ambizioso e che a molti farebbe tremare i polsi, non ad Elisa che dopo le due medaglie di bronzo conquistate a Rio2016 e Tokyo2020 ha tutte le carte in regola per regalarci altre gioie nell’anno olimpico appena iniziato.
Prima di tutto, come stai?
«Finalmente sto bene, grazie. Arrivo da un inverno particolare. Il 2023 è stato un anno abbastanza difficile sotto il punto di vista ciclistico perché mi ha riservato parecchi inconvenienti. Prima di prendere il covid a inizio marzo, è stata la prima volta che venivo contagiata, ero nella mia forma migliore di tutta la carriera. Da lì, e con tutti gli infortuni e i problemi che poi mi sono capitati, non sono più riuscita a raggiungere gli stessi valori. Una brutta influenza mi ha rallentato prima della Vuelta, una caduta mi ha messo KO al Giro d’Italia, un’infezione che poi si è tramutata in una setticemia mi ha costretto al ritiro dal Tour de France. Dall’altro lato, guardando il lato positivo, sono comunque riuscita a lasciare il segno. Nonostante tutto, qualcosa di buono a casa l’ho portato».
A dicembre hai ripreso ad allenarti dopo un lungo periodo di stacco.
«Da fine settembre a novembre. Arrivo dall’off season più lunga di tutta la mia vita. Non sono riuscita a portare a termine il Giro di Romandia e così a settembre, insieme alla squadra, abbiamo deciso di affrontare un momento di stop dalle competizioni. Quando è iniziato il training camp di dicembre della squadra ero solo alla terza settimana di lavoro, di conseguenza sono in una forma pietosa (sorride, ndr). Il mio corpo aveva veramente bisogno di un reset perché non si era mai effettivamente liberato dall’infezione rimediata alla Grande Boucle. Ho dovuto fare un taglio netto e secondo me è servito. Sono ancora lontana dalla condizione ideale, ma ho tempo per ricostruire tutto da capo, prima di gareggiare».
Quanto è difficile prendersi una pausa per una che non è abituata a fermarsi mai?
«Parecchio, però sapevo che era necessario e quindi ho affrontato abbastanza a cuor leggero lo stop. Ogni tanto ammetto che avevo un po’ di pensieri e anche adesso, quando sono su una salita e faccio fatica, tra me e me mi domando “chissà se tornerò mai al livello che avevo raggiunto” però razionalmente so che tutto il lavoro che sto svolgendo adesso darà i suoi frutti. Rimango convinta che la scelta presa con la squadra sia stata quella giusta. È quella che più mi serviva e, grazie ai preparativi del matrimonio, in autunno sono riuscita a non pensare troppo alla bici e alle corse che mi stavo perdendo».
Del 2023 cosa lasci indietro e cosa salvi?
«Saluto volentieri tutti i malanni di stagione e non in cui sono incappata e le cadute di cui sono stata protagonista. Mi tengo stretta invece la vittoria nella tappa più lunga del Giro a Borgo Val di Taro, i titoli confermati al campionato italiano di Comano Terme a crono e su strada, frutto di un impeccabile lavoro di squadra. Non dimentico anche i vari piazzamenti ottenuti, compresi quelli nelle classiche. Nel nuovo anno mi porto dietro la mia voglia di fare e di riuscire, la vera chiave per raggiungere buoni risultati».
E una giornata indimenticabile a cui hanno preso parte tanti amici del ciclismo oltre, ovviamente, alle persone a te e Jacopo più care.
«Certo. Sono estremamente felice di come è andata la festa. Tutte le persone sposate prima del matrimonio mi ripetevano che quello sarebbe stato il giorno più bello della mia vita e io onestamente non ci credevo perché non pensavo che una cerimonia potesse avere un valore così poderoso, soprattutto per una donna emancipata nel 2023. Nella realtà è veramente stato il giorno più bello della mia vita perché c’erano tutte le persone a cui tengo, sorridenti e allegre, e io adoro vedere le persone che mi vogliono bene e a cui voglio bene essere felici. Quando in chiesa ho visto Jacopo la gioia è stata talmente tanta che mi sono addirittura commossa».
Dove avete trascorso la luna di miele?
«In Martinica, 10 giorni da favola. È stata una bella vacanza. Ci siamo divertiti tantissimo».
Dopo il matrimonio, tutti vi chiederanno se avete intenzione di allargare la famiglia. Il ritorno in gruppo delle tue compagne Lizzie Deignan e Ellen van Dijk dopo la maternità è la prova che è possibile conciliare la vita da mamma e il lavoro di ciclista.
«Il riconoscimento della maternità nei nostri contratti è un passo davvero importante per lo sport al femminile. Era necessario. Se desideriamo un figlio, dobbiamo avere la possibilità di cercarlo e, dopo averlo dato alla luce, di tornare a svolgere la nostra professione. Vedere le mie compagne in ritiro con il loro bimbo in braccio e sapere che saranno in corsa con me mi fa sorridere. È una bella immagine, mi tocca molto. Tornando a me e Jacopo nel futuro prossimo non è assolutamente nei nostri piani. Non abbiamo intenzione di mettere al mondo un figlio adesso e neanche nei prossimi tre o quattro anni perché abbiamo entrambi degli obiettivi da raggiungere. Credo profondamente che un figlio debba essere concepito quando due persone sono realizzate e né io né Jacopo siamo ancora completamente realizzati. Diventare genitori è una grande responsabilità e comporta tanti sacrifici. Per il momento vogliamo goderci il nostro matrimonio ed essere felici insieme, al resto ci penseremo più avanti».
Che obiettivi ti sei posta per il 2024?
«Andare alle Olimpiadi è uno dei principali di tutta la stagione. Il percorso in linea di Parigi sembra abbastanza veloce, adatto all’arrivo di un gruppetto in volata, però ai Giochi non si sa mai come si sviluppa la corsa. Si tratta di una gara particolare perché si parte in poche ed è difficile tenerla controllata. La vittoria dell’austriaca Anna Kiesenhofer a Tokyo è l’esempio lampante dell’imprevedibilità della caccia ai cinque cerchi. Il tracciato a quanto pare si presta anche a colpi di mano, quindi io voglio esserci. Sarò a disposizione della squadra e del CT Paolo Sangalli, non si sa mai... ».
Dopo due medaglie di bronzo ai Giochi metteresti la firma per salire sul gradino più basso del podio olimpico una terza volta?
«No, con le altre azzurre voglio giocarmi il risultato pieno. Si parte sempre per provare a vincere le corse, figurarsi la più importante di tutte. Siamo corridori, non possiamo pensarla diversamente».
Sei il punto di riferimento del ciclismo italiano, che in campo femminile continua a regalarci soddisfazioni. Che anno sarà per il nostro movimento?
«Mi aspetto di vedere le giovani crescere bene. Mi aspetto tanta Italia alla ribalta. Ci sono stati dei cambi e passaggi di squadra importanti: secondo me ci saranno azzurre che ci sorprenderanno positivamente e altre che magari hanno avuto un anno un po’ difficile che si riconfermeranno».
Dove hai atteso l’arrivo dell’anno nuovo?
«Dopo il Natale trascorso a casa di mio fratello Paolo insieme a tutta la famiglia Longo Borghini e Mosca, ricco sia per quanto riguarda le pietanze a tavola che in termini di parenti e nipotini a cui fare regali, Capodanno l’ho passato con Jacopo in Spagna. Semplicemente, io e lui. Tra pochi giorni lui partirà per l’Australia e per circa due mesi praticamente tra i miei e i suoi impegni agonistici non riusciremo a vederci. Il matrimonio in questo senso non ci ha cambiati: abbiamo la fede al dito ma restiamo sempre dei nomadi in sella alle nostre biciclette».