di Nicolò Vallone
Brent Copeland crede in chi vuole emergere. Di concerto con la nostra testata e col direttore Pier Augusto Stagi, lo dimostra sponsorizzando dal 2021 l’Oscar tuttoBICI per la categoria Dilettanti/Elite (vinto, in questi tre anni, da Cristian Rocchetta, Francesco Di Felice e Nicolò Garibbo). Soprattutto, da team manager della Orica GreenEdge/Mitchelton Scott/Bike Exchange/Jayco AlUla, l’ha dimostrato e lo dimostra con la valorizzazione di talenti non solo australiani, con la recentissima partnership con la Continental di Axel Merckx e coi nuovi sviluppi della formazione femminile.
Sudafricano anglosassone classe 1972, Copeland è ormai comasco d’adozione e in occasione della Notte degli Oscar svoltasi all’Hotel Principe di Savoia di Milano abbiamo raccolto le sue dichiarazioni nel consueto ottimo italiano. A partire da quella rilasciata a Giulia De Maio nel “foyer” del galà: «Questa è una festa importantissima per noi ed è un piacere parteciparvi attivamente: ringrazio patron Gerry Ryan che investe tanto sui giovani, e spesso e volentieri sui ciclisti italiani che rappresentano un’area importante per il team».
Dopodiché, ecco l’intervista che chi scrive ha realizzato con lui nella hall del lussuoso albergo milanese. Nella puntata numero 194 del podcast BlaBlaBike ne avete sentito solo metà.
Bilancio sportivo 2023 della Jayco AlUla?
«Ci aspettavamo di più: non parlo del tredicesimo posto nel ranking UCI e delle diciassette vittorie complessive, ma del fatto che non va bene vincere solo quattro gare World Tour! Simon Yates ha conquistato l’ultima tappa del Tour Down Under e Dylan Groenewegen la quinta dello UAE; al Giro d’Italia Michael Matthews ha alzato le braccia sul traguardo di Melfi e Filippo Zana l’ha poi fatto in Val di Zoldo. Bravi, ma un roster che prevede loro, corridori del calibro di Eddie Dunbar e talenti come Felix Engelhardt deve ottenere più successi di peso. Al Tour de France non è stato male piazzarci quarti con Yates, ma ci aspettavamo lo squillo di Groenewegen e siamo un po’ mancati in generale nell’ultima parte di stagione. Bilancio non molto positivo, ma si sa che io tendo a essere pessimista e guardo sempre a quel che c’è da migliorare».
L’impressione è che in questa sessione di ciclomercato abbiate cercato di migliorare in chiave classiche o grandi vittorie di tappa: in primis sembra andare in tal senso l’ingaggio di un direttore sportivo come Valerio Piva.
«Siamo felicissimi di portare in squadra il suo enorme patrimonio di esperienza: ha il carattere giusto per tirar fuori il meglio dai colleghi e dai ragazzi. Il suo arrivo cambierà qualcosa, ne sono convinto».
Passando ai corridori: avete tenuto Matthews e Groenewegen e avete aggiunto Caleb Ewan. L’obiettivo è avere una ruota veloce adeguata per ogni corsa dell’anno?
«Esatto, diciamo che abbiamo valutato bene una situazione dove non è sempre facile metter mano. Parlando con Dylan e con Caleb ed esaminando il calendario 2024 abbiamo ritenuto di poterli gestire nel migliore dei modi, anche perché tra loro vanno d’accordo: quando Dylan ebbe quei problemi con Jakobsen, Caleb fu uno dei velocisti che si mostrò più comprensivo nei suoi confronti. Chiaramente miravano entrambi al Tour de France: alla fine Groenewegen farà il Tour e Ewan il Giro, poi per il 2025 si vedrà. In ogni caso, entrambi avranno belle opportunità in volata durante la stagione. Per quanto riguarda Matthews, potrà naturalmente far valere le sue caratteristiche più complete. Alla Milano-Sanremo ci potremmo divertire a schierare la “doppia carta” Matthews-Ewan...».
Non è che Ewan al Giro vince una tappa e scappa?
«Lo escludo, la nostra filosofia impone il rispetto delle corse e il Giro va rispettato al massimo. L’abbiamo già messo in chiaro».
Parlando di chi invece sta per diventare professionista con voi, menzionerei un italiano come il ventunenne Davide De Pretto e un “italiano d’adozione” come il ventiduenne danese Anders Foldager.
«Li abbiamo osservati a lungo, partono da un’ottima base e si sono ben disimpegnati da stagisti nei mesi scorsi. La nostra missione è capire dove risiedano le loro maggiori potenzialità e far uscire allo scoperto le loro migliori qualità. Allargando il discorso sui giovani a prescindere dai singoli, la sfida è sempre quella di guardare due-tre anni avanti e saperli crescere bene».
A tal proposito, ci spiega il vostro accordo (per ora triennale) con Merckx junior?
«Si tratta di uno dei migliori vivai al mondo, che negli anni ha contribuito a lanciare, ad esempio, i nostri Craddock e Dunbar o i vari Philipsen, Geoghegan Hart e Almeida. Lavoreremo in sinergia sui ciclisti promettenti e alla denominazione della loro squadra si aggiungerà il nostro nome: si chiamerà Hagens Berman Axeon Jayco. Simile iniziativa, con un differente partner, l’abbiamo presa per la squadra femminile: unendo le forze con l’olandese Liv Racing, dalla prossima stagione ci chiameremo Liv AlUla Jayco e stiamo creando pure la formazione di sviluppo. Questo tipo di lavoro è ancora più importante per le donne, che non hanno una “categoria di mezzo” come gli uomini e quindi il salto da Juniores a World Tour è più ampio».
Una squadra femminile che, di pari passo con la maschile, esiste da dodici anni: avete avuto campionesse come Emma Johansson e Annemiek Van Vleuten, attualmente corre da voi Letizia Paternoster e il vostro nuovo acquisto di maggior livello è Mavi Garcia, che arriva direttamente dalla Liv.
«Crediamo da sempre in questo progetto, negli ultimi tempi abbiamo sofferto molto ma secondo me la fusione della World Tour e la fondazione del “devo team” ci permetteranno, probabilmente dal 2025, di veder emergere delle forti atlete. Ringrazio per l’appoggio Liv e Giant, oltre ad AlUla che sta investendo sempre di più e ovviamente a Gerry Ryan che continua a metterci una passione formidabile. Sommando il personale di tutta la struttura (il World Team maschile e le due squadre femminili) siamo ormai 154 persone. Se consideriamo anche la Hagens Berman Axeon Jayco, avete davanti agli occhi una vera e propria azienda».