Evenepoel: il crollo, la ripartenza, il riscatto

di Francesca Monzone

Remco Evenepoel non è riuscito a portare a casa la sua seconda vittoria consecutiva alla Vuelta di Spagna, ma un risultato importante è ugualmente arrivato per lui e grazie a questo si è salvato dalla più grande sconfitta della sua carriera. Remco il suo riscatto lo ha trovato grazie alla maglia di miglior scalatore e a tre vittorie di tappa, che hanno fatto passare in secondo piano - o comunque ne hanno attenuata l’eco -  la sua clamorosa resa sul Col d’Au­bi­sque.
I fatti dimostrando come il giovane talento fiammingo abbia perso la Vuelta prima con la testa e poi con le gambe e la giornata nera della tredicesima tappa ha rappresentato sicuramente la sconfitta più amara da quando ha iniziato a correre in bici. Rem­co è un corridore con i geni del vincitore: quei ventisette minuti di ritardo e lo sguardo vuoto al traguardo del Tourmalet sono stati il simbolo di una resa che gli brucerà per molto tempo.
Il pupillo di Patrick Lefevere era arrivato alla corsa spagnola circondato da una nuvola di chiacchiere di mercato, che lo indicavano a breve protagonista di un passaggio alla Ineos Grenadiers e già lo inserivano tra i favoriti per la vittoria finale al Tour del 2024. Con tante aspettative e la maglia di campione mondiale a cronometro conquistata pochi giorni prima del via, Remco Eve­nepoel era arrivato a Barcellona accompagnato da grandi aspettative tanto che la presenza di Jonas Vingegaard e Primoz Roglic per lui non sembrava dovesse essere un grande problema.
In realtà, alla vigilia della grande partenza, Re Remco aveva le idee chiare e in Catalogna aveva detto: «Se vincessi tre o quattro tappe e finissi dodicesimo assoluto, anche quella sarebbe per me una Vuelta di successo. Questa cor­sa non era nei miei programmi ma dopo il ritiro dal Giro ci siamo posti nuovi obiettivi. Quindi non posso dire che oggi sono qui per vincere la Vuel­ta. E poi quest’anno il livello è così alto che possono succedere molte cose».
Di cose ne sono successe veramente tan­te, a cominciare dal fatto che pochi avevano preso sul serio le sue parole. Al­la fine, anche se il bilancio della sua esperienza spagnola alla fine può dirsi positivo, Remco ha commesso degli errori im­portanti, sopravvalutando le proprie capacità e sbagliando a “pesare” i suoi avversari.
La prima delusione è arrivata con la cronosquadre che ha dato il via all’ultimo grande giro dell’anno. Si è gareggiato al tramonto e sotto la pioggia, così molte squadre hanno deciso di pedalare in difesa, per evitare cadute e compromettere la corsa. La Soudal - Quick Step, certa di prendere la prima maglia rossa, ha chiuso al quarto posto e Remco subito dpo il traguardo ha fatto sentire la sua voce lamentandosi per la mancanza di sicurezza in corsa.
Il primo successo di tappa del belga è arrivato alla terza giornata con l’arrivo ad Arsinal, dove il fiammingo ha tolto la maglia di campione nazionale per indossare quella rossa di leader della classifica generale. In quell’occasione ha detto che non era sua intenzione vincere ma che gli era piaciuto battere il vincitore del Tour de France. Quel giorno, però, la strategia della Jumbo-Visma si stava già delineando anche se nessuno immaginava che Kuss, Vin­ge­gaard e Roglic sarebbero saliti insieme sul palco di Madrid.
Il 31 agosto però qualcosa di importante succede e Sepp Kuss, il tuttofare della Jumbo-Visma, vince la sesta tap­pa con arrivo all’osservatorio astrofisico di Javalambre. La maglia rossa quel giorno passa sulle spalle del francese Lenny Martinez e per Remco inizia quel calvario che alla tredicesima tappa lo porterà fuori classifica.
Al termine della sesta frazione il belga era sereno e l’aver passato la maglia al giovanissimo francese non era per lui un problema, ma lo stesso è stato an­che quando al comando della classifica generale è arrivato Kuss: Remco non immaginava certo quello che poi sarebbe successo...
A trasformarsi da sogno a incubo per Evenepoel è stata la tappa numero 13, quella del Tourmalet: l’8 settembre resterà per sempre scolpito nella sua mente come qualcosa di inspiegabile, un giorno nel quale il corpo non era collegato alla mente, senza che nessuna spiegazione lo­gica sia arrivata a dare un sen­so a quella giornata.
Ci si attendeva la battaglia sulla salita finale ed in­vece il belga salta già sul­l’Aubisque, a più di 90 chilometri dal traguardo: alla fine il suo ritardo è di 27 minuti, che nel corpo del belga sono come 27 profonde coltellate che lo lasciano senza respiro. Quando taglia il traguardo del Tour­malet, il suo volto è trasfigurato e, do­po aver messo la maglia lunga. Remco si dirige verso il pullman senza dire una sola parola. Solo in tarda sera sul suo profilo Instagram pubblica un messaggio di scuse.
«Oggi il serbatoio era semplicemente vuoto. Se fai tutto quello che puoi, non dovresti avere rimpianti dopo. Vor­rei ringraziare la mia squadra per il supporto. Sono rimasti al mio fianco tutto il giorno. I lupi non si ar­rendono mai».
La notte per lui è terribile: solo l’incontro con la moglie Oumi nell’albergo di Lourdes e poi le parole del suo direttore sportivo Klaas Lodewyck lo convincono a non lasciare la corsa.
«Ho parlato con mia moglie e poi con Klaas e mi hanno fatto superare il primo momento difficile, ma ho trascorso una notte terribile. Ho dormito per un’ora e poi mi sono svegliato, mi sono addormentato di nuo­vo e un’ora dopo ero sveglio. In più sono stato svegliato molto presto dal controllo antidoping. E alla fine ho dormito un po’ sull’autobus» racconta al villaggio di partenza.
Nessuno sa cosa sia successo a Remc­o durante l’ascesa all’Aubi­sque, le immagini lo ritraggono con un’espressione sofferente e la maglia completamente aperta, come se non riuscisse a respirare. Anche Patrick Le­fevere, numero uno della Soudal Quick Step non è riuscito a comprendere da dove arrivasse quella sofferenza tremenda.
«Non so davvero cosa sia successo sul­l’Aubisque, sudavo tantissimo e forse il mio corpo è andato in blocco, ma non ho una spiegazione. È difficile esprimere a parole quello che mi è successo, ma il motivo lo cercheremo dopo la Vuelta» aggiunge il talento bel­ga che ha dovuto lavorare su se stesso e ignorare tutte le critiche, per evitare di ca­dere di nuovo in una crisi ancora più profonda e senza soluzione. Proba­bil­mente per lui si è solo spenta la luce, così come avviene a tanti corridori in una giornata negativa e quel ritardo, così importante, è stata la resa della sua mente nel momento in cui ha smesso di lottare per la vittoria.
D’altra parte, che non fosse una questione fisica Remco lo dimostra immediatamente, rialzandosi e tornando subito a vincere. Una nuova vittoria di tappa, la seconda, arriva infatti il giorno dopo la sconfitta: porta via la fuga di forza, costringe tutti alla resa, se ne va con Bardet e alla fine stacca anche lui sulla salita che porta a Larra-Bela­gua. In meno di 24 ore Evenepoel completa il viaggio sulle montagne russe delle emozioni: passa dal dolore della sconfitta, alle lacrime per la delusione fino ad assaporare la gioia della rinascita.
«Devo tutto a mia moglie, lei mi ha det­to di stare tranquillo, di continuare e di non arrendermi e di farlo per lei. Anche i miei compagni sono stati fondamentali, mi hanno detto che un campione è sempre un campione e che un campione risponde sui pedali. Ho avuto tutte queste parole in mente du­rante l’intera tappa. Quando subisco una sconfitta non è strano che poi reagisca come ho fatto oggi, questo sono io, è il mio modo per rialzarmi».
In quella giornata Evenepoel conquista anche la maglia di miglior scalatore, che sicuramente non ha la stessa im­por­tanza di quella rossa, ma per lui rappresenta un nuovo obiettivo e il simbolo di una rinnovata voglia di vincere. Ci saranno ancora una terza vittoria a La Cruz de Linares per Remco e una quarta sfiorata a Guadarrama, ma il successo più importante per lui è la certezza di essersi ritrovato e di non aver smarrito sui Pirenei tutta la forza e la classe che a 23 anni lo hanno fatto diventare uno dei corridori più forti del mondo. La Vuelta di Remco è finita in modo positivo e alla fine anche tutte le chiacchiere e i pettegolezzi sono passati in secondo piano.
Essere un campione di ciclismo in Bel­gio non è facile ed è anche per questo che Evenepoel ha deciso di vivere in Spagna, per stare lontano dalle pressioni che non gli permettono di vivere una giornata negativa.
A Madrid il giovane lupo della Soudal Quick Step ha fatto parte del gruppo dei vincitori e questo gli ha donato quella pace con la quale è potuto tornare a casa con la sua Oumi. A ottobre terminerà la sua stagione con Il Lom­bar­dia, una corsa che lo ha segnato nel corpo e nello spirito: il 15 agosto del 2020 cadde a 42 km dal traguardo fa­cendo un volo di 10 metri e riportando una grave frattura del bacino. Sulle strade d’Italia il fiammingo torna per vincere, sa che dovrà vedersela nuovamente con Roglic e soprattutto con Tadej Po­gacar, il ragazzo prodigio che ha vinto le ultime edizioni. Poi, nel 2024, si ritroveranno al Tour...

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