Più amici di così non si può
di Gian Paolo Ormezzano
Dal 1958, anno del primo mio grosso grasso ciclismo, ho nel e dal mio piccolo giornalismo celebrato campioni e quasi di tanti tipi. Capiscuola e capiscarico, dopati, drogati, droganti, fuoriclasse, broccucci, bluffisti, broccacci, santi e bugiardi. Il calcio spesso vomitevole di questi ultimi tempi è comunque servito ad impreziosirmi in genere i ricordi del mondo su due ruote. L’altro giorno in televisione ho visto uno dei miei piccoli eroi, Silvano Contini, che presentava smarchettando come da copione un suo libro (tu quoque?). La donna che mi ha accompagnato in quaranta e passa anni di Giri d’Italia conoscendolo lo aveva subito apprezzato come quel che si dice “un bel corridorino”, non dico che qui imbellirei la nostra vicenda terrena declamando le sue pagine, ma insomma…
Però adesso, qui, ora, al volo mi prendo il lusso che tuttoBICI sin troppo amico mi concede, quello di fare un bel po’ il matto che scrive, ed evoco un mio ciclismo parlando però di due non ciclisti. Uno si chiama Luciano Boccaccini, è di Comacchio, pieno di malanni va in bici sennò muore di tristezza, l’altro non c’è più ma basta che io alzi lo sguardo ad una foto e subito arriva da me, si chiama(va) Riccardo Manna, origini sarde ma piemontesità spinta. Luciano di Comacchio, Luciano che “è” Comacchio sta anche lui in una foto, però con l’immagine incisa sull’argento di una targa. I due non mi hanno mai vinto niente ma mi hanno conquistato tutto.
Conosco Luciano da prima di Riccardo. La targa ritrae un giornalista (protende un microfonuccio) boccolato, quasi un santino biondo che intervista un tipaccio molto giornalistoso, io, avviato alla pancia e alla calvizie. La foto è stata scattata a Faenza il 31 maggio 1970, la targa ha la data di un 31 maggio di mezzo secolo dopo a Comacchio. Ci sono parole belle di Luciano che dicono di noi, della nostra amicizia, e di esse sono persino geloso. Nel 1970 avevo già sulla gobba i Giri d’Italia dal 1959, per Tuttosport. Luciano lavorava per una radio locale e mi intervistò. Da allora siamo più che amici: fratelli. Luciano è giornalista come e magari più di di me, ma è anche scrittore vero della sua Comacchio e delle valli con le anguille, è frugatore discreto nella necropoli etrusca di Spina, è appassionato di tutto lo sport, amico di ciclisti e annessi, da Francesco Conconi in giù e in su. Ha scritto decine di libri sportivi e non, letti e non, comunque propizianti conoscenze e stima intanto che diffondenti conoscenza amorosa. Ogni due-tre giorni ci scriviamo mail dicendoci delle nostre cose. Ogni tanto viene a Torino a trovarmi con alici e anguille. Ogni tanto vado io a Comacchio e lui mi fa incontrare Laura Fogli anche se Laura è una tesserata del Marathon Club di Torino. Sì, Laura l’azzurra, quella che ha fatto fare la maratona di New York a Gianni Morandi e anche a me.
Non esiste atomo, momento di mondo di cui Luciano ed io la si pensi in maniera diversa, anche se il suo cristianesimo militante davvero è assai migliore del mio. Non dico che lui sia tifoso granata come me, ma antijuventino come me sì. Cerco di peccare poco, lui comunque fa dire le messe giuste per la salvezza ma ricordo memorabili grigliate di anguille a Comacchio quando arrivo io. Una sera al banchetto comacchiese per l’arrivo del Giro Riccardo - ci siamo - stravolto dai prodotti abbronzanti presi a chili svenne e finì con la testa nel vassoio delle anguille grigliate. Riccardo è arrivato nella mia vita dopo Luciano, da quando cioè ho seguito il giro per La Stampa. Dal 1980 sino al 1998 sempre insieme, lui alla guida io a dormire fidandomi sin troppo di lui. Riccardo e Luciano subito affratellati a me. Riccardo a Torino in simbiosi con me anche dopo il mio ultimo Giro, 1999 (ma per la Rai, lui non c’era). Riccardo se ne è andato tre anni fa, malattie assortite. Sempre da me la domenica mattina, con i giornali, sempre. Anche adesso: lo aspetto, davvero. E da dove sto scrivendo lo vedo in una foto credo del 2015 lui ed io insieme al Plateau Rosa sopra Cervinia, per l’inaugurazione agostana di un rifugio di alta montagna dedicato a Francesco La Neve medico della Juventus. Quel giorno Riccardo e Aldo Serena il calciatore di Juve, Toro, Inter e Milan, più il danese bianconero Michael Laudrup, collassarono per i quattromila metri.
Luciano e Riccardo sono con me, sempre e mi pare anche da sempre. Emetto dei dogmi. Non si può essere amici più di così. Non possono esistere amicizie così intense altrove che vivendo il ciclismo: perché sì. Già detto che attendo Riccardo ogni domenica mattina, mentre con Luciano è contatto supervivo. Non si può amare uno sport più di quanto quei due abbiano amato il ciclismo. Con me. Non esiste al mondo sport da amare più del ciclismo. Il loro e anche il mio, ma io al loro confronto da poveraccio, di rimbalzo, di striscio. Quando sto male lo dico a Luciano che fa dire una provvida messa. La domenica mattina sono certo che Riccardo arriva sempre, sono io che talora manco, magari perché sto andando da Luciano.
E il bello, un bello speciale del ciclismo, è che su un giornale come questo si possono anche scrivere cose così.