
di Giulia De Maio
Marco Villa ha conquistato per il terzo anno consecutivo l’Oscar tuttoBICI Gp Fondazione Iseni y Nervi come miglior tecnico italiano dell’anno con un trionfo netto come quello a cui ormai ci stanno abituando i suoi ragazzi e le sue ragazze. Il CT della pista, che quest’anno ha raddoppiato il suo impegno con la Nazionale, diventando responsabile oltre che del settore maschile anche di quello femminile, ancora una volta ha collezionato trionfi e record che hanno dato nuovo lustro a tutto il movimento italiano.
Per l’ex pistard bronzo nell’Americana a Sydney2000 c’è stato un plebiscito: oltre al favore della giuria di qualità ha ottenuto praticamente la metà dei 70.000 voti espressi dai lettori del nostro sito, che hanno diviso in maniera pressochè uguale la restante metà tra gli altri quattro pretendenti al titolo, vale a dire Valerio Piva della Intermarché Wanty Gobert, Davide Bramati della Quick Step - Alpha Vynil, Fabio Baldato dell’UAE Team Emirates e Dario David Cioni della Ineos Grenadiers. Al tecnico cremasco è stato riconosciuto di aver letteralmente rilanciato la pista azzurra, di aver portato il quartetto femminile a conquistare il primo titolo mondiale della storia e di aver avuto un ruolo fondamentale nei record di Filippo Ganna.
Da quando assegniamo questo riconoscimento nessuno era riuscito a vincerlo tre volte, figuriamoci di fila.
«Mi fa piacere perché, anche questa volta, sono stato affiancato a quelli che ritengo dei direttori sportivi di altissimo livello. Quasi mi dispiace averli battuti, avessi dovuto esprimere un giudizio, io sinceramente avrei votato per loro. Mentre loro lavorano in un team, io faccio parte della Nazionale quindi svolgo un’attività un po’ diversa. Devo scegliere i corridori migliori a disposizione e, operassi anche io su strada, avrei più materiale da cui attingere, invece negli anni mi sono dovuto costruire una metodologia, un sistema e un gruppo con il quale condivido questo Oscar. Il merito dei risultati ottenuti è degli atleti così come di tutto lo staff della struttura tecnica che lavora 365 giorni l’anno e mi aiuta a gestire un movimento che ci sta regalando sempre maggiori soddisfazioni».
Com’è che tutto ciò che tocchi diventa d’oro?
«Gestisco una Nazionale e cerco di farlo al meglio con le donne e gli uomini che ho la fortuna di avere al mio fianco. Ho la fiducia della FCI, delle squadre, dei manager e in primis dei corridori, che ormai hanno chiaro il concetto che la pista non è un ostacolo alla strada, ma anzi è un valore aggiunto. Allenarsi e correre in un velodromo non è tempo perso ma l’occasione per acquisire quello smalto che poi fa la differenza anche su strada. Per preparare le specialità olimpiche serve specializzazione e bisogna passare dalla qualifica olimpica. Rispetto ad altri CT, devo allenare gli atleti e gestirli, il fatto che ora si vinca è determinato dai campioni che abbiamo ma anche da un sistema di lavoro affinato nel tempo e da nuova mentalità che finalmente si sta affermando».
Con chi devi condividere questo premio?
«Con gli atleti e tutto lo staff che mi supporta nel corso dell’intero anno. Collaboratori, meccanici, massaggiatori, l’intero staff della struttura tecnica, un pool che mi aiuta a gestire un gruppo che da una stagione a questa parte è raddoppiato. Con il World Tour il movimento femminile è diventato professionale e complicato da gestire quanto quello maschile, visti i calendari sempre più fitti. Una dedica? Alla mia famiglia, alla quale il lavoro ruba tanto tempo. A mia moglie Luisa e ai nostri ragazzi Davide, Gianluca e Riccardo. Sono abituati al fatto che, anche quando sono a casa, spesso non ci sono con la testa perché penso alla Nazionale e a quello che c’è da fare. Già da corridore avevo tanti impegni, pensieri, preoccupazioni. La vita del tecnico non è diversa, anzi. Mentre gli atleti erano in vacanza io e il resto dello staff abbiamo lavorato per programmare la ripresa. L’8 febbraio abbiamo già in calendario i Campionati Europei che attribuiscono punti per la qualifica olimpica quindi dovremo farci trovare pronti».
Se dovessi definire con una parola il 2022, diresti che è stato...
«È stato un anno strano per essere quello post Olimpiadi, dopo Rio2016 abbiamo avuto due stagioni per sistemare ciò che non andava e impostare il lavoro in vista della qualifica per Tokyo2020, invece tra pochi mesi già ci giochiamo il pass in un periodo più ristretto e concentrato rispetto al passato, nel quale non saranno ammessi errori. In campo maschile abbiamo già svolto prove e controprove, inserendo dei giovani validi, in quello femminile - che ho ereditato in ottima salute - ho avuto bisogno di un po’ di tempo per conoscere le ragazze, le loro squadre, chi le gestisce e assieme allo staff capire come allenarle e distribuire i vari impegni. Direi che non siamo partiti male, abbiamo sbagliato poco. Abbiamo messo in campo una bella prestazione agli Europei, ai mondiali siamo riusciti a migliorarci ulteriormente. Oltre alle 5 che hanno vestito la maglia iridata nell’inseguimento a squadre, ne abbiamo altre 3-4 che possono senza dubbio competere a quel livello. La stessa Rachele Barbieri poteva far parte del quartetto, a Monaco era stata determinante per la medaglia».
Momento top e flop della stagione?
«Ogni medaglia ha lo stesso peso, non voglio fare distinzioni. Sono tutte belle e rappresentano un buon punto di partenza per Parigi. Sono felice di come Ivan Quaranta stia rilanciando il settore veloce e di come in generale stiamo lavorando. La debacle del quartetto maschile all’europeo di Monaco è forse la gara verso la quale viene più facile puntare il dito ma quando parti da un punto altissimo è un attimo far peggio. È stata una prestazione da non ripetere ma dobbiamo trarne il lato positivo, vale a dire la lezione dell’esperienza. Capiti gli errori commessi, non li ripeteremo. Meglio un giro a vuoto adesso che il prossimo anno, nel quale ci aspettano il Campionato Europeo di Grenchen, tre prove di Coppa del Mondo e il Mondiale di Glasgow. Sono cinque prove nelle quali ci giocheremo la qualifica olimpica (generalmente la qualifica è distribuita in 2 anni e prevede il doppio delle prove che assegnano punti, 10, con due campionati continentali, due mondiali e sei tappe di Coppa del Mondo, ndr)».
Siamo tornati ad essere presenti anche nelle specialità veloci.
«Sì, per questo ringrazio Ivan Quaranta che si è messo a disposizione e con il suo entusiasmo sta trascinando i giovani che quest’anno si sono presi la ribalta internazionale. Come avvenuto per l’endurance in precedenza, i risultati aiutano a coinvolgere sempre più ragazzi e ragazze. Abbiamo dei bei talenti: Matteo Bianchi nel chilometro da fermo è stato il primo azzurro di sempre a scendere sotto il minuto e lo conoscevamo già dalle categorie giovanili, Mattia Predomo ha dominato tra gli junior e si appresta al grande salto. Se fossero mancati tre anni, invece che due, ai Giochi sarebbe stato meglio, avremmo trovato nazionali in costruzione invece dovremo confrontarci con squadre già impostate per le Olimpiadi, per le quali è quasi più difficile qualificarsi che correrle. Onestamente ci vogliamo provare, se riusciremo ad entrare tra i primi 8 paesi andremo a Parigi non solo per disputare la velocità a squadre ma avremo il diritto di correre anche keirin e velocità individuale. Sarebbe un colpo. Non facile da realizzare, ma partiamo dal 10° posto ottenuto ai mondiali quindi crederci, oltre che lecito, è un dovere».
Dietro a Viviani, Ganna e gli altri campioni olimpici i giovani crescono bene. Quali sono i nomi più interessanti oltre a quelli già citati?
«Manlio Moro, Mattia Pinazzi, Davide Boscaro e Niccolò Galli sono i campioni europei in carica dell’inseguimento Under 23. Promettono benissimo anche le squadre junior sia maschili che femminili, tra le primissime a livello mondiale. Dario Igor Belletta ha vissuto una stagione di alti e bassi ma è un talento che attendiamo così come gli altri suoi coetanei che hanno già dimostrato quanto valgono nelle categorie giovanili. Abbiamo un bel ricambio. Sono fiducioso che le nuove leve, allenandosi con i campioni già affermati, posano imparare molto».
Permettimi la provocazione, a cosa ci serve un velodromo coperto ed efficiente, se vinciamo anche senza?
«Più velodromi servirebbero soprattutto ai ragazzi e ragazze delle categorie minori, ma più in generale a tutti per allenarsi in sicurezza. Nonostante le difficoltà che ci sono state, a Montichiari la Nazionale è sempre riuscita a prepararsi al meglio. Risolti i problemi al tetto, ora possiamo utilizzare il velodromo quasi a tempo pieno, ma è giusto che venga messo a disposizione anche delle categorie giovanili. Non facendo gareggiare i giovani a casa nostra, qualche talento per forza di cose lo stiamo perdendo, è importante farli impratichire in gara e far svolgere loro una buona attività anche invernale al caldo e all’asciutto».
In vista di Parigi2024 cosa chiedi alle ragazze e ai ragazzi?
«Quello che ho chiesto loro fin dall’inizio: lavorare sodo e convincersi che rispetto agli altri non ci manca nulla. Abbiamo due gruppi forti, che possono aspirare a risultati importanti. Abbiamo le carte in regola per essere una delle nazionali più forti alle prossime Olimpiadi, bisogna crederci tutti insieme. Per ottenere più posti possibili saranno importanti le prestazioni dei giovani e la presenza dei big ad almeno qualche prova di qualifica. Saranno distribuite da febbraio a maggio e ad agosto, quindi in periodi “caldi” anche per l’attività su strada».
Hai un appello per le loro squadre?
«Continuiamo a fare sistema. Ormai abbiamo sviluppato una metodologia per sfruttare i periodi in pista per raggiungere gli obiettivi prefissati ma al tempo stesso per svolgere allenamenti utili anche per il ritorno su strada. Purtroppo il calendario accavalla gare importanti delle diverse discipline, molte volte quindi Villa è costretto a rinunciare a qualche atleta, a volte (decisamente meno) tocca alle loro formazioni di club».
Alla FCI, al CONI, al nuovo ministro dello sport Abodi cosa chiedi?
«Facile: più velodromi. Le strade su cui trascorriamo tanto tempo sono purtroppo sempre più pericolose per chi pedala. Oltre a favorire una cultura del rispetto e a tutelare gli utenti più fragili come pedoni e ciclisti, avere più strutture in cui far crescere bambini e bambine è fondamentale. In generale mi piacerebbe che lo spirito olimpico si sentisse come in altre nazioni, non solo nei 15 giorni in cui ci sono i Giochi. L’Olimpiade è qualcosa di speciale, con tutto il rispetto per le altre manifestazioni, non è un avvenimento come un altro. Trovo scandaloso che da non so quante edizioni l’Italia non partecipi nel calcio (ci si qualifica con l’Under 21, ndr) e ciò sembri normale. Ci bastano Champions League e Serie A? Non dovrebbe essere così, soprattutto per far crescere i campioni di domani. Con questa mentalità non abbiamo calciatori validi nemmeno per andare ai mondiali e ci mancano le bandiere che siano d’ispirazione per i più piccoli».
Ai tifosi?
«Di credere di più nei talenti italiani. Abbiamo campioni e giovani interessanti. Abbiate fiducia, non denigrateli e supportateli. Non pensiamo che l’erba del vicino sia sempre più verde, non è così».
A te stesso?
«Di continuare sulla strada intrapresa. Spero che i corridori stiano bene e vadano forte. Mi auguro di lavorare come quest’anno in sinergia con tutte le componenti. Se remiamo tutti nella stessa direzione sono certo potremo toglierci altre belle soddisfazioni».