Langkawi, il grande ritorno

di Giorgia Monguzzi

In Malesia hanno dovuto aspettare oltre due anni e mezzo per ri­vedere sulle proprie strade il Tour de Langkawi, un’attesa re­sa ancora più estenuante dai continui slittamenti. Prima doveva essere a febbraio, poi a giugno, infine a metà ottobre è andata in scena quella che è stata a tutti gli effetti l’ultima gara della stagione. Il popolo malese ha accolto con un abbraccio tutta la carovana, dagli atleti agli addetti ai lavori: per otto giorni, dall’11 al 18 ottobre, ha preso vita una festa gigantesca. Un ve­ro e proprio risveglio, il ritorno del ciclismo che conta in una terra che non sa molto di professionismo, ma può vantare schiere di appassionati che hanno voluto un posto in prima fila. Per otto tappe, oltre 120 atleti si sono dati battaglia tra la pioggia e l’afa, tra arrivi allo sprint e tentativi di attacco che hanno regalato molte emozioni al pubblico presente.

LA CORSA
Quest’anno, ancor più che in passato, il Tour de Langkawi ha assunto un ruolo determinante nel panorama ciclistico internazionale. Posizionato proprio al termine del calendario, è diventato l’ultima occasione a disposizione delle squadre per racimolare punti e cercare di restare nella categoria superiore. Un vero record per la corsa ma­lese che ha visto al via ben 6 formazioni World Tour: Astana, Movistar, Uae Team Emirates, Lotto Soudal, EF Education e Cofidis hanno portato i lo­ro campioni in Malesia. Per otto giornate e per circa 1000 km, 20 squadre si sono date battaglia senza esclusione di colpi. So­li­tamente il pubblico malese era abituato a vedere i propri beniamini contendersi la vittoria in volata: quest’anno soltanto la metà delle tappe si è conclusa allo sprint, mai nessuna edizione era stata così aperta ad attacchi da lontano.
L’edizione 2022 del Tour de Langkawi è stata inaugurata con un arrivo sotto le Petronas Towers, uno dei simboli del Paese e in mezzo al temporale ha avuto la meglio Gleb Syritsa, il giovanissimo russo del Team Astana che dall’anno prossimo sarà in pianta stabile nel team kazako. Ecco un nuovo sprint il giorno successivo: dopo la squalifica di Molano vince l’australiano Craig Wiggins. Ivan Ramiro Sosa si prende la frazione regina a Genting Highlands mentre nella quarta tappa sorride un ritrovato Jakub Mareczko. Sull’arrivo di Kulim arriva la fuga e Lionel Taminiaux porta un nuovo successo all’Alpecin Deceuninck, mentre nella brevissima sesta frazione segnata dalla pioggia, va finalmente a segno Erlend Blikra della Uno-X, altro atleta da tenere d’occhio ma che si ritrova senza contratto per la prossima stagione. Il gran finale è tutto sull’isola di Langkawi, ma le piogge costringono gli organizzatori a rivedere la settima tappa che ricalcherà poi il tracciato dell’ottava con partenza e arrivo a Kuah: due tappe emozionanti che hanno visto trionfare nell’ordine Sjoerd Bax (Al­pecin Deceuninck) e Alex Molenaar (Burgos BH).
Se ogni tappa a suo modo ha regalato incertezza ed emozioni, lo stesso non si può dire per la classifica finale che, con l’eliminazione delle asperità previste nella penultima giornata, a Genting Highlands poteva già dirsi chiusa. Sosa ha sbaragliato la concorrenza sulla salita simbolo di Kuala Lampur e nei giorni successivi ha mosso alla perfezione la Movistar per controllare la corsa. Sul podio finale si è messo alle spalle Hugh Carthy (Ef Education Easypost) e Torstein Traeen (Uno-X Pro Team).

JAKUB MARECZKO
E UNA ALPECIN DA SOGNO
La Alpecin Deceuninck è stata l’indiscussa protagonista della trasferta malese, tre vittorie su otto tappe e la costante presenza in testa al gruppo per tirare, controllare, fare la corsa, un grande debutto per la squadra olandese che è entrata subito nei cuori dei tifosi. Ad inaugurare la serie di vittorie ci ha pensato Jakub Mareczko che nella quarta tappa è sfrecciato sul traguardo di Meru Raya raggiungendo il suo terzo successo stagionale. È un segnale importante, quello lanciato dal ventottenne bresciano che ha affrontato un’annata non poco travagliata: ad aprile infatti in Turchia era stato protagonista di una terribile caduta che aveva poi minato i suoi appuntamenti successivi come il Giro d’Italia. L’Al­pe­cin si è presentata compatta intorno al suo velocista, ma è stata pronta ad inserirsi in ogni tentativo che animasse la corsa. Il giorno dopo infatti Lionel Taminiaux, già quarto nella frazione inaugurale, è stato uno dei promotori della fuga di giornata e poi ha fatto centro sbaragliando la concorrenza, il suo terzo successo nel giro di appena una ventina di giorni. A chiudere la fortunata serie dell’Alpecin De­ceu­ninck è stata invece una recente conoscenza dell’Italia: Sjoerd Bax, vincitore un po’ a sorpresa della Coppa Ago­sto­ni ha raggiunto la sua seconda vittoria in carriera in un modo abbastanza si­mile. Una poderosa azione che conferma l’enorme talento di un corridore che è nel professionismo solo da quest’anno e che per la prossima stagione è pronto ad approdare alla UAE Team Emirates. Insomma, l’ennesimo atleta da tenere d’occhio.

LA MALESIA, UNA TERRA DA SCOPRIRE  
Non si parla mai abbastanza della Ma­lesia, una perla asiatica che sembra so­spesa in un tempo che non esiste, il luogo di incontro di un impressionante numero di culture. La convivenza e la tolleranza sono diventati i capi saldi di una nazione che si dimostra estasiata alla vista di un occidentale e ne rimane affascinata. Kuala Lumpur e Shah Alam sono stati i cuori pulsanti dell’organizzazione dei primi giorni di gara, due città immense che sembrano uscite da un film di fantascienza. Ciò che im­pressiona maggiormente della Malesia sono le strade, ampi vialoni che entrano di prepotenza anche in piccoli paesini e li rendono, come per magia, collegati con il resto del mondo. Alle grandi città si alternano terre di mezzo che sembrano poter essere inghiottite dalla foresta, luoghi dimenticati, ma solo ap­parentemente. Le case, un po’ di fortuna, che si vedono a bordo strada, sono in realtà l’espressione dello stile di vita di chi è abituato a vedere la distruzione e a ricostruire.
«In Malesia piove la maggior parte dell’anno, bisogna abituarsi» ci hanno detto già il primo giorno spiegandoci che per sopravvivere in questo paese, oltre che adattarsi alla pioggia, è necessario anche possedere un automezzo, elemento fondamentale per raggiungere le grandi città dove c’è il lavoro. Negli otto giorni di gara è stata attraversata la parte ovest della Malesia, da Kuala Lampur risalendo fino ad Alor Setar ed ogni tappa è stata l’occasione per scoprire una piccola parte di una nazione stranissima.
Tutto sembra es­sere uscito da una cartolina e spesso è stato costruito affinchè appaia proprio così; la foresta scompare per lasciare spazio a metropoli futuristiche, a centri come Pu­tra­jaya, sede del parlamento, costruiti to­talmente dall’uomo, dal lago artificiale ai giardini. La famosissima Genting Highlands è in realtà un resort e un parco di divertimenti costruiti da un magnate che voleva imitare l’Oc­ci­dente, lo straniero intanto è penetrato nel Paese con le sue catene di negozi e di fast food, si accosta alla tradizione che però non verrà mai to­talmente ab­bandonata. Il segreto per chi viene dall’esterno è entrare nella mentalità di un popolo che negli anni ha fatto della praticità, ma anche dell’imitazione dell’Occidente, la chiave per vivere.
All’inizio l’impatto non è dei migliori, dieta poco variegata e clima terribile, ma giorno dopo giorno si finisce per abituarsi e trovare il proprio posto in una nazione che accoglie a braccia aperte chiunque. In Malesia, in questo periodo, fa caldo anche se effettivamente non c’è mai il sole, pio­ve almeno una volta al giorno, scrosci im­provvisi che finiscono nel giro di una manciata di minuti, l’importante è essere preparati. Superato il divario culturale e iniziando a guardarsi intorno, si scopre un Paese di piccole cose, nulla a che fare con quella raccontata da Sal­gari più di un secolo fa, piuttosto una nazione che sta nascendo dal punto di vista economico e in campo sportivo. Hanno poco, ma sorridono sempre, vedono il ciclismo e si emozionano.

UN SOGNO CHIAMATO CICLISMO
In Malesia c’è un modo tutto speciale di vivere il ciclismo che forse da italiani ci può sembrare un po’ buffo e inadatto. Per i malesi il Tour de Langkawi rappresenta l’Occasione, quella con la O maiuscola che arriva ogni anno e che bisogna sfruttare nel modo migliore possibile. Il ciclismo è il veicolo per fare pubblicità, fare turismo, chiamare gente da tutto il mondo, ma soprattutto è un sogno. Per una terra in cui lo sport a pedali non è per nulla diffuso a livello professionistico, è un onore po­ter ospitare una grande competizione. I due anni di pausa sono stati duri ed è bastato guardare i volti del pubblico presente per capire che finalmente l’attesa era finita. Ad ogni tappa, anche in quella più scomoda da raggiungere o nel luogo più dimenticato, c’erano ra­gazzi e persone di tutte le età pronti ad applaudire i propri beniamini. Non era mai successo prima che ben sei squadre WorldTour si presentassero al via della competizione, un’occasione praticamente unica non solo per il pubblico ma per gli stessi corridori in corsa. Ac­canto ai team di prima e se­conda fascia c’erano infatti tutte le formazioni locali: quella dalla Thailandia, dalle Fi­lip­pine e la divisione malese, erano queste le più applaudite con tanto di cori da stadio. Non c’è differenza tra gli atleti, il pubblico malese tifa per tutti e si emoziona ogni volta che vede passare davanti a sé qualcuno in sella alla propria bici.
«In Malesia il ciclismo non è uno sport come lo si intende in Europa, è una passione che coltiviamo guardando in televisione le corse più famose. Pur­troppo da noi non c’è nulla di tutto questo, possiamo solo sognarlo»: Nur Aiman Mohd Zariff ci parla con il cuo­re in mano, ha vinto per la seconda vol­ta la maglia come miglior scalatore. 25 anni, malese, fino a quel momento aveva visto i grandi solo sullo schermo, ma al Langkawi ha pedalato accanto al suo mito Thomas De Gendt, qualcosa di incredibile così come è quello che appare al pubblico che un po’ intimorito si avvicina agli atleti chiedendo una foto. La maggior parte dei campioni europei per loro sono degli sconosciuti, ma a questa gente va bene così, per una volta all’anno vogliono essere protagonisti di quel sogno supportando tutti, indistintamente.
UN’ORGANIZZAZIONE QUASI MANIACALE  
Forse il Tour de Langkawi non sarà una corsa di primissimo piano, ma state certi che spesso l’attenzione da parte dell’organizzazione può considerarsi maniacale. Ogni cosa è controllata al millimetro, dalle transenne, ai nastri divisori, la posizione delle autovetture, addirittura il pubblico è prontamente istruito ad inizio tappa con tanto di co­reografie e momento applausi. La carovana è come una grande famiglia in cui nessuno può muoversi da solo, per la stampa esistono appositi furgoncini che partono tutti allo stesso mo­mento seguendo un percorso concordato, lo stesso vale per le squadre che utilizzano i mezzi dell’organizzazione.
Tutto, ogni singolo mezzo, ha il suo spazio alla partenza e all’arrivo e deve essere parcheggiato con una precisione che non va trasgredita. Forze dell’ordine ben equipaggiate con una bandierina rossa segnalano lo spazio e i movimenti da fare, guai a chi sbaglia, intanto la folla presente guarda affascinata prima di gettarsi in un applauso. In Ma­lesia tutti applaudono tutti, i poliziotti, ma soprattutto i pompieri (in malese “bomba”) che a fine tappa si esibiscono spruzzando acqua ai corridori. L’elemento più caratteristico so­no però dei furgoncini forniti dall’organizzazione alle squadre come supporto, tutti identici, tutti parcheggiati con perfezione maniacale che sfiora il millimetro. Ad ogni trasferimento dalla partenza all’arrivo, formano un serpentone lunghissimo scortato dalla polizia che viene accolto dai presenti in strada con grida di gioia e applausi, un vero e proprio passaggio trionfale. Alla guida ci sono ometti malesi distinguibili dal cappellino della squadra per cui prestano servizio, i più lungimiranti hanno anche la maglietta brandizzata che mo­strano con fierezza appena smontano dal mezzo. Ognuno ha una sua storia che condivide con un po’ di emozione con tutti i passeggeri occidentali, l’occasione unica per prendere un pezzo di quel mondo lontano. Ad ac­compagnare la Drone Hopper Androni Giocattoli c’era Azhar, un uomo dall’età indefinita che prontamente faceva arrivare il suo team primo al traguardo tra tagli e deviazioni. Ogni viaggio al suo fianco era un’autentica avventura tra domande e aneddoti che con curiosità voleva scoprire.
«Quando il Tour de Langkawi finirà, mi mancherà tutto questo» ci aveva detto uno degli ultimi giorni, nei suoi occhi la gioia di un appassionato di ci­clismo che per una manciata di giorni poteva entrare da protagonista nel suo mondo dei sogni.

VIVA L’ITALIA
Il segreto per farsi amare in Malesia è solo uno: dire che si viene dall’Italia. Ce ne siamo accorti già il primo giorno quando, sentendo nominare il nostro Paese, ci regalavano un sorriso gigantesco. Non c’entrano avventurieri né fausti racconti, semplicemente per loro l’Italia rappresenta un Paese lontano e leggendario, un autentico sogno. Non è raro trovare tra la popolazione chi in­dossa magliette di club del nostro Paese, addirittura della nazionale e le sfoggia a testa alta e con orgoglio. Tut­ti sono bramosi di conoscere, dal cibo alle usanze, vogliono provare ad andare oltre il concetto internazionale di pizza, pasta e mandolino e così pongono domande, ancora e ancora. Ad affascinarli è la cultura ciclistica del nostro Paese, dai grandi costruttori di bici ai campioni, ma soprattutto a quelle cor­se che hanno sempre visto in televisione. Gli occidentali si riconoscono subito, per loro siamo i diversi, ma anche l’unica occasione per conoscere un mondo lontano, il pubblico al traguardo chiama a gran voce per farsi scattare una foto con noi, come se fossimo de­gli alieni atterrati sulla Terra. Basta quella parola “Italia” per riaccendere la serie di interrogativi. Azhar con orgoglio diceva di essere l’autista di una squadra italiana e come lui gli altri spettatori privilegiati. La Malesia è di­stante dall’Italia da tutti punti di vista eppure c’è un legame profondo tra noi e questo popolo che vuole conoscere e un po’ assomigliarci nel nostro modo di affrontare la vita.
Gli otto giorni del Tour de Langkawi sono stati un turbinio di emozioni, tra la competizione, i vincitori e gli sconfitti, la pioggia e la fatica, ma soprattutto l’occasione di scoprire un popolo semplice, avido di conoscenza e che non smette di sognare.

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