di Nicolò Vallone
«La mentalità italiana ultimamente ti giudica in tre-quattro anni di professionismo, ma non tutti abbiamo tempi uguali: conto su due mani le persone che nel 2019 hanno creduto in me e mi sono state vicine mentre nell’ambiente si pensava che io fossi vicino al capolinea. Adesso sento poche pressioni e sto davvero bene.»
(dalla 127esima puntata del podcast di TBRadio “BlaBlaBike”)
Si autodefinisce “un corridore tardivo” Lorenzo Rota. Uno che dopo un salto al professionismo forse un po’ prematuro ha trascorso annate grigie, di quelle che suscitano domande e impazienza intorno a te, e che nel tuo io profondo aprono voragini di dubbi e spirali di disillusione.
Hai 24 anni, vai in bicicletta da quando a malapena leggevi e scrivevi, da buon figlio della bergamasca sei cresciuto circondato dal mito di Felice Gimondi e dall’esempio di Ivan Gotti, tra juniores e Under 23 non fai l’Evenepoel ma ti comporti bene, e a fine 2015 ricevi la chiamata della Bardiani. Che fai, dici di no per rimanere ancora a maturare in Trevigiani o altre Continental e perdere così un treno? Il ciclismo diventa ufficialmente il tuo mestiere, ma dopo un quadriennio senza risultati degni di nota ti trovi a chiederti se non devi trovarne un altro, di lavoro. Ritirarsi alla conclusione naturale di una carriera è difficile, figuriamoci nel bel mezzo del cammin di tua bici.
Ed è qui che Lorenzo conta sulle sue dita le persone che, con le parole o con i fatti o entrambi, o semplicemente con una solida presenza, lo convincono ad andare avanti: la famiglia, degli agenti in grado di «trovare alternative anche dove non ce ne sono», gli amici Masnada (con cui sogna un giorno di andare a vedere il GP di Formula 1 a Montecarlo), Consonni e Zaccanti coi quali ha continuato ad allenarsi in quei mesi sempre più freddi. Fino al regalo di Natale, anzi addirittura dell’Epifania, che inverte la parabola quasi fuori tempo massimo: un nuovo contratto Professional. La premiata ditta Scinto & Citracca lo ingaggia infatti per la stagione 2020, Lorenzo si presenta con un piazzamento nei dieci a Laigueglia e sensazioni incoraggianti: quando avverti il sapore della rinascita ogni cosa ha un gusto diverso, la confidenza nel connubio te stesso-bicicletta si ricarica come una dinamo. E non c’è coronavirus e lockdown che tenga.
Il ragazzo non sarà un gran vincente, ma è un faticatore d’altura che in corse di discreto livello tiene la ruota dei migliori: quelli come lui un posticino nell’olimpo se lo possono ritagliare, altro che smettere! Dalla Vini Zabù, nel 2021 Lorenzo Rota passa alla Intermarché Wanty Gobert, new entry nel World Tour. Così può esser la vita: nell’arco di un’annata, dall’orlo dell’abbandono all’ingresso nella categoria superiore.
Ad accogliere il classe ’95 orobico c’è peraltro un direttore sportivo lombardo: Valerio Piva, uno che di momenti di incertezza ottimamente risolti se ne intende, dato che in tal periodo l’ingresso nel team belga gli ha appena permesso di rimanere nel World Tour mentre la CCC per cui lavorava cessava l’attività. Proprio a Piva, Lorenzo deve un mantra che fotografa perfettamente la sua vita sportiva: “dopo la pioggia spunta sempre il sole”.
Andando alle statistiche, il sole di cui parla il diesse assume le seguenti forme: nel 2021 partecipazione al Tour de France e quarti posti a Clasica San Sebastian e Giro di Toscana; nel 2022 un’altra quarta piazza all’amatoTtrofeo Laigueglia, una top 20 alla Milano-Sanremo, il podio di tappa al Giro d’Italia secondo solo a Oldani nella frazione di Genova (l’aria della Liguria gli fa bene!) e una medaglia d’argento pure ai campionati nazionali (stavolta in Puglia) dietro Zana... fino all’agosto appena passato, che costituisce una pietra miliare del suo arcuato percorso: la prima vittoria da pro.
Siamo al Sazka Tour, denominazione criptica a orecchie italiche che sta a indicare il Giro di Repubblica Ceca. È il primo venerdì del mese e si disputa la seconda tappa, con arrivo in salita a Pustevny. Non è lui il capitano, ma Taaramae viene ripreso sul più bello e allora scattano altre maglie bianco-gialle: a tagliare il traguardo in testa è il dorsale numero 15. Rota. Che nelle due giornate successive difende la leadership con l’esperto supporto di un certo Pozzovivo.
«Finalmente è arrivata, è tanto tempo che la inseguivo e spero non sia l’ultima» ci racconta Lorenzo pochi giorni più tardi. Ed è arrivata con gli interessi: successo di tappa e generale, doppia gioia. Che rischia di diventare tripla a distanza di una settimana, quando giunge secondo dietro al beniamino di casa Bonnamour alla Poly Normande.
Poco male, il dado è tratto e le prestazioni di livello sono ormai la normalità. Come quella (fin qui l’ultima in ordine cronologico) al Tour du Limousin dove fa classifica e chiude quinto dietro Aranburu, Ulissi, Van Avermaet e Madouas. E dove, in un intreccio di storie diverse ma simili, l’ultima tappa propone un colpo da finisseur di Vincenzo Albanese: uno squillo fortissimamente voluto dopo una miriade di bei piazzamenti. Oggi in Eolo Kometa, Vincenzo è stato tre stagioni in Bardiani con Lorenzo. Oltre a ciò, i due condividono l’essere pervenuti... in ritardo al primo successo professionistico: ad Albanese ci sono voluti sei anni, Rota ne ha impiegati altrettanti a entrare nel World Tour e per la vittoria ha dovuto aspettare il settimo. Si sono sbloccati nello stesso mese e non vediamo l’ora di seguire la seconda metà del loro cammino.
Nel frattempo Lorenzo, a suon di piazzamenti e buoni risultati, si è issato al primo posto della classifica mondiale tra i ciclisti italiani, mettendosi alle spalle nomi ben più altisonanti: mentre scriviamo è il numero 34 del mondo, subito dietro ad Almeida e Simon Yates e davanti a Benoot e Teuns.
A breve termine rivedremo all’opera Rota nelle classiche italiane di settembre e ottobre, corse che ama e nelle quali punta a far bene. A più lunga scadenza, l’accordo con l’Intermarché è valido fino a tutto il 2024. La prossima volta che nella vostra vita vi sentirete o vi faranno sentire inadeguati, inadatti, che avvertirete pressioni esterne frullarsi con ansie interne, ricordatevi di Rota, Albanese e gli altri “corridori tardivi” di questo sport meraviglioso.