di Giorgia Monguzzi
Il Giro d’Italia Donne è ritornato in grande stile nel World Tour stupendo, emozionando, ma soprattutto coinvolgendo tifosi da tutte le parti del mondo. Dieci tappe, oltre 1000 i chilometri per un’edizione incredibile che si è proposta come una vera e propria sfida, cinque regioni attraversate dove scoprire luoghi bellissimi del nostro Paese che spesso hanno fornito l’occasione per ricordare i grandi del nostro ciclismo.
Mai prima d’ora le frazioni sono state così varie e aperte a molteplici scenari: dopo un cronoprologo velocissimo si è aperta la strada per le sprinter, per le cacciatrici di tappe e poi le montagne, come prevedibile, hanno disegnato la classifica finale. Nessuna giornata è stata banale, ma fino all’ultimo le atlete hanno combattuto con le unghie e con i denti facendoci scoprire e ritrovare autentiche campionesse.
Si è partiti sotto il sole della Sardegna, a Cagliari un grande pubblico ha accolto il brevissimo cronoprologo che ha assegnato la prima maglia rosa a Kristen Faulkner. Poi le volate: a Tortolì e a Olbia è stato un testa a testa tra Elisa Balsamo e Marianne Vos, che in terra sarda hanno conquistato una vittoria ciascuno, prima del giorno di riposo per rientrare nel continente.
A Cesena si è consumata forse una delle tappe più belle di questa edizione, sicuramente una delle più imprevedibili: con un caldo praticamente intollerabile, il gruppo ha affrontato parte del percorso della Nove Colli ed Annemiek Van Vleuten ha piazzato la prima zampata, prendendosi la rosa e riducendo a lei, a Marta Cavalli e Mavi Garcia la questione per la vittoria finale. Dopo una classifica stravolta si è provato a tirare un po’ il fiato con la tappa più lunga: sul traguardo di Reggio Emilia dove Elisa Balsamo ha fatto doppietta, stessa questione per Marianne Vos che si è presa la spettacolare frazione con arrivo a Bergamo prima di dire addio alla corsa rosa. Sono iniziate le montagne e si è riaperta la lotta alla generale con un intero gruppo impegnato a mettere in difficoltà la scatenatissima Annemiek Van Vleuten. Sul Maniva hanno avuto la meglio le attaccanti con una ritrovata Juliette Labous che, dopo essere definitivamente uscita di classifica, si è presa una bella rivincita, mentre il giorno dopo, ad Aldeno, è stato ancora dominio olandese con Elisa Longo Borghini e Marta Cavalli in grandissimo spolvero. La stessa lotta si è ripetuta l’indomani: la maglia rosa e le due italiane hanno dato spettacolo sull’ultima salita in programma per questa edizione, mentre davanti Kristen Faulkner si è portata a casa il successo più importante della sua carriera. Da Abano Terme a Padova una grande passerella accompagnata dal pubblico delle grandi occasioni e, poco prima di incoronare Annemiek Van Vleuten per il suo terzo Giro Donne (aveva già vinto nel 2018 e nel 2019) la volata è stata vinta da un’incredula Chiara Consonni che ha spazzato via tutte le avversarie. Ciò che ha colpito maggiormente di questa edizione del Giro Donne è il seguito che ha raccolto. Tantissimi tifosi si sono riversati sulle strade per portare il loro sostegno alle atlete che hanno sentito l’abbraccio di una nazione intera. Sin dalle prime tappe in Sardegna, il pubblico non è mai mancato, sia italiani appassionati che stranieri venuti appositamente nel nostro Paese per seguire la corsa rosa, in tutte le regioni le atlete sono state accompagnate con una carica incredibile. L’anno scorso Pmg aveva fatto le prove generali raccogliendo buoni risultati ed ottimi numeri, ma quest’anno il successo di pubblico è stato stratosferico. Dalla stampa e dalle televisioni le ragazze hanno avuto il seguito che meritavano con le dirette seguite in tutto il mondo da milioni di telespettatori. Con il rilancio del Tour de France al femminile, il pericolo era di avere un Giro Donne di serie B, invece le atlete di livello e lo spettacolo che hanno creato hanno confermato la corsa a tappe in rosa come una delle più amate del panorama ciclistico femminile.
Van Vleuten,
La regina è tornata
Annemiek Van Vleuten era la favorita della vigilia: dopo una lunga preparazione a Livigno, è volata direttamente in Sardegna con un solo obiettivo, vincere replicando i successi del 2018 e del 2019. Per la fuoriclasse olandese c’era un conto aperto con il Giro, l’avevamo lasciata due anni fa a Maddaloni costretta a mollare tutto per un polso rotto, un addio in maglia rosa e la corsa praticamente in tasca. «Il Giro è la mia corsa preferita, mi piace l’Italia, mi piacciono le persone, ogni volta che vengo qui c’è una forza in più che mi spinge ad andare oltre i miei limiti. Mi è spiaciuto non venire l’anno scorso, ma stavo preparando le Olimpiadi con un programma specifico, ho dovuto rinunciare a malincuore» ci ha ripetuto spesso Annemiek che, anno dopo anno, impara sempre meglio l’italiano. La fuoriclasse olandese non ha perso tempo, a Cesena ha deciso di attaccare sorprendendo completamente il gruppo, rifilando alle avversarie - ad eccezione di Marta Cavalli e Mavi Garcia - ritardi incolmabili.
«Sinceramente credevo che fosse una tappa per le attaccanti e che avrei potuto starmene tranquilla in gruppo aspettando le grandi montagne, invece mi sono guardata intorno, ho capito che l’occasione era buona e ho deciso di affondare un colpo. Sono dell’idea che la più grande forma di difesa sia l’attacco e così ho fatto» ha spiegato Annemiek che dalla tappa di Cesena non ha più lasciato la rosa. Poi sono arrivate le grandi montagne, Marta Cavalli ha provato ad attaccarla in ogni modo, ma l’olandese ha risposto con un’altra vittoria nell’ottava tappa con arrivo ad Aldeno, dopo averci regalato brividi in discesa. A Padova è stata incoronata per la terza volta regina del Giro con 1’52” di vantaggio sull’italiana della Fdj e 5’56” su Mavi Garcia, regalando il primo grande giro alla Movistar che l’ha festeggiata in grande stile. Van Vleuten ha annunciato il ritiro al termine della stagione 2023, ma ha già fatto una promessa: prima di ritirarsi tornerà a difendere la maglia rosa un’ultima volta.
Cavalli, speranza
per il futuro
Marta Cavalli è stata protagonista di una primavera incredibile che l’ha vista trionfare all’Amstel Gold Race, alla Freccia e sul Mont Ventoux. Ritornava al Giro dopo il sesto posto dell’anno scorso e alla vigilia sembrava l’unica in grado di contrastare Annemiek Van Vleuten. La pressione generata da stampa e tifosi era tantissima, a tal punto che la giovane atleta della FDJ alla partenza era tesissima.
A Cesena ha pagato il caldo e la gamba non era quella dei giorni migliori, ma si è comunque trovata davanti tra le tre migliori, poi tappa dopo tappa ha iniziato a sentirsi sempre meglio fino ad attaccare e a diventare il pericolo numero uno per la maglia rosa. Le salite trentine le conosceva a menadito, provate e riprovate nelle settimane precedenti al Giro in un ritiro che ha presto dato i suoi frutti spazzando via la tensione.
«La pressione era tantissima, ma dentro di me avevo la consapevolezza che non sarebbe stato facile confrontarsi con le grandi. A Cesena ho sofferto molto, ho iniziato a pensare di aver sbagliato tutto, dalla preparazione all’impostazione della gara, poi arrivata in Trentino ho ritrovato la vera Marta, quella forte e combattiva».
Attaccando con grinta e tenacia è riuscita prima a soffiare la seconda posizione a Mavi Garcia e poi a provare ad insediare Annemiek Van Vleuten. Il secondo posto nella generale è un risultato di cui deve fare sicuramente tesoro e che apre una finestra verso il futuro. A fine del Giro si da un nove in pagella perché la vittoria, a cui lei e la sua squadra credevano tantissimo, è mancata per un soffio, ma quest’esperienza ricorda che Marta è in cima al ciclismo che conta e già dall’anno prossimo potrebbe puntare al risultato pieno.
Elisa Longo Borghini, crederci sempre
Elisa Longo Borghini è venuta al Giro solo per puntare ad una tappa, ma noi non ci abbiamo mai creduto veramente, infatti il podio le è sfuggito veramente per un soffio. A Cesena, per sua stessa ammissione, ha pagato tanto il caldo ed ha accumulato un consistente ritardo nei confronti delle prime tre della generale, ma con l’arrivo delle montagne si è trovata a correre una gara tutta nuova. Sempre affiancata dal nipotino Christian come supporter d’eccezione, è ritornata più combattiva che mai mettendo in crisi tutta la compagnia. Nella tappa con arrivo ad Aldeno ha mosso la sua Trek Segafredo alla perfezione rischiando di mettere in crisi anche la maglia rosa, poi ha stretto i denti e si è lanciata in una discesa incredibile.
«Abbiamo dimostrato che la Trek Segafredo è la squadra che fa da punto di riferimento, siamo molto unite e a disposizione ho delle compagne fantastiche. I primi giorni ho un po’ sofferto, poi mi sono lanciata all’attacco, io non ho paura di nessuno. In anni in cui si parla di watt e di multidisciplinarietà penso che le corse si facciano sulla strada e su ogni tipo di terreno, anche in discesa, l’importante è cogliere l’occasione. Sono felice per il mio risultato, dispiace un po’ per il podio sfiorato, ma il ciclismo è anche questo».
Nelle tappe in Trentino abbiamo visto una Elisa Longo Borghini sorridente che ogni giorno attaccava anche divertendosi. Il quarto posto è stato ottenuto con il cuore, l’ennesima conferma del suo talento.
Elisa Balsamo,
un’iride in rosa
Primo Giro per la campionessa del mondo che ha trasformato la corsa rosa in un autentico spettacolo. Era venuta per vincere una tappa con il sogno di poter indossare il simbolo del primato: neanche il tempo di correre la prima tappa in linea e tutto si è realizzato. A Tortolì si è imposta dopo un grande testa a testa su Marianne Voss e Charlotte Koor e poi la sfida si è ripetuta a Reggio Emilia dove ha firmato un successo d’astuzia. Alle due vittorie si aggiungono 2 podi e un prezioso aiuto che ha dato a tutta la squadra.
«La maglia rosa è un sogno che si avvera, con la squadra sapevamo che c’era questa possibilità e così abbiamo lavorato bene per la cronometro per limitare i danni. In volata ero la favorita, ma è sempre difficile portare alla pratica ciò che è solo teoria, la cosa fondamentale è stata non perdere la testa. Ho già vinto tanto, ma la maglia rosa da italiana è un qualcosa che ti ricordi per tutta la vita, da bambina me la immaginavo, averla indossata è pazzesco» ci aveva detto particolarmente emozionata dopo Tortolì.
Chiara Consonni
e il sorriso Valcar
Chiara Consonni ha pensato bene di tenersi la vittoria all’ultimo, giusto per regalare alla sua Valcar un regalo finale. A Padova è sfrecciata ad alta velocità grazie al prezioso aiuto delle compagne di squadra a cui è legata anche da una profonda amicizia. La bergamasca, stagione dopo stagione, sta dimostrando di poter competere tra le grandi, quest’anno è a quota 4 vittorie, ma sicuramente la prima al Giro ha un posto speciale. È anche la prima vittoria alla corsa rosa del team Valcar, una grande famiglia in cui germogliano grandi talenti: a Padova è stata festa grande tra abbracci ed emozione. Chiara ha ottenuto la vittoria, Silvia Persico invece l’ha sfiorata per un pelo: nella sua Bergamo spinta da tanti amici è stata protagonista di un finale incredibile ed è arrivato il suo primo podio al giro. La campionessa italiana di ciclocross ha dimostrato di tener bene in salita, il settimo posto nella classifica generale è la prova che può puntare sempre più in alto.
Faulkner, la
ragazza dell’Alaska
Abbiamo conosciuto Kristen Faulkner poco più di un mese fa: al Tour de Suisse aveva dominato la cronometro di Vaduz e proprio all’ultima curva della frazione conclusiva aveva visto sfumare la vittoria finale, ma da quel momento non si è più fermata. Con il suo incredibile sorriso la ragazza d’Alaska è stata la più forte nei 4,8 chilometri del cronoprologo di Cagliari festeggiando la maglia rosa con tanto di tuffo nel mare del Poetto. Per molti una bella vittoria sarebbe potuta bastare, ma non per lei che nelle tappe in montagna ha attaccato ancora e ancora, anche con azioni un po’ folli, fino a che ha raggiunto il successo in solitaria a San Lorenzo Dorsino. Kristen è stata l’autentica rivelazione del Giro donne 2022, ha trent’anni ma pedala solo da un paio di stagioni dopo l’esperienza del canottaggio che l’ha portata a competere anche ad alto livello. «Ho affrontato questo Giro con molta emozione, l’anno scorso ho dovuto ritirarmi perché non ero in grande forma, l’obiettivo era quello di arrivare fino alla fine. La vittoria al prologo è stata inaspettata, poi sulle montagne ho iniziato a divertirmi e allora mi sono detta “già che ci sono proviamoci” ed eccomi con la maglia di miglior scalatrice» ci ha raccontato Kristen con il solito sorriso. Tra sprinter e scalatrice non ha ancora capito che atleta può diventare, ma in corsa si diverte e di questo passo potrebbe fare veramente grandi cose. Intanto si gode le sue vittorie e racconta a tutti dell’Alaska, quel territorio misterioso e lontano che in questi giorni di Giro ci è sembrato molto più vicino.
Ruini, il bilancio
del patron del Giro
Il Giro donne 2022 è stato un autentico successo di pubblico, ma ancor più a livello mediatico. L’anno scorso Roberto Ruini, con l’acquisizione della corsa rosa con la sua Starlight Pmg, aveva lanciato la sfida di riportare la carovana nel World Tour e una volta raggiunto l’obiettivo ha rilanciato la posta in gioco. La nuova organizzazione ha portato un’autentica rivoluzione rinnovando tutta la macchina intorno al giro femminile che è indubbiamente salito di livello. I numeri parlano chiaro: grazie alle dirette televisive il Giro è stato visto in 202 paesi con oltre 2 milioni di spettatori lineari senza contare il pubblico online. «La soddisfazione è gigantesca, era difficile migliorarsi ancora ma ci siamo riusciti. Sono orgoglioso di quello che la mia squadra ha creato, abbiamo portato nelle strade un autentico spettacolo, ma sono poi state le atlete a regalarci le emozioni più grandi. Era davvero da molto tempo che non vedevamo così tanta Italia protagonista al Giro, è segno che il ciclismo femminile è ormai un’eccellenza del nostro Paese e noi dobbiamo assolutamente tutelarlo» ha detto Roberto Ruini che, mettendo da parte la soddisfazione, è pronto a lanciare nuove sfide, magari un Giro Donne che parte dalla capitale. Dopo tutto, perché fermarsi proprio adesso?