di Paolo Broggi
Lacrime, lacrime, lacrime per tutti. Per Filippo Zana, per i suoi compagni di squadra, per l’ex Giovanni Visconti, per Alessandro Donati e Mirko Rossato diesse in ammiraglia, per Roberto Reverberi diesse a casa. Non sapremo mai se una lacrima è spuntata anche all’occhio di Bruno Reverberi, lui probabilmente lo negherà sempre, ma crediamo che si sia commosso guardando la volata vincente del suo pupillo Filippo Zana che andava a conquistare la maglia tricolore. E non andiamo a indagare cosa sia successo in casa Bardiani, Csf o Faizanè con sponsor che ormai non sono più solo quello, ma dei veri e propri membri della famiglia.
Lacrime certamente irrefrenabili quelle di Filippo Zana, che è il ritratto dell’incredulità: dopo il traguardo urla tutta la sua gioia, sul palco delle interviste rompe il cerimoniale per abbracciare Giovanni Visconti (ottimo il suo esordio nei panni di commentatore tecnico), piange davanti al microfono dei cronisti, sul podio non riesce a star fermo e arriva in sala stampa con lo sguardo che sembra perso nel vuoto, tipico di chi non capisce bene cosa gli stia capitando.
E quando lo raggiungiamo la mattina dopo il trionfo per realizzare questa intervista, lo scopriamo ancora adagiato nella stessa nuvola che viaggia tre metri sopra il cielo, genuinamente incredulo e felice.
«La maglia tricolore ce l’ho con me, da quando me l’hanno fatta indossare non l’ho più lasciata. Certo, stanotte l’ho chiusa nel comodino perché puzzava un po’ di prosecco misto a cloro, visto che dopo la premiazione i miei compagni di squadra mi hanno buttato in piscina. Ma me la tengo così, perché è la mia maglia».
Il racconto poi torna alle immagini della corsa, ben chiare nella sua mente: «È stato un successo incredibile perché non pensavo che il percorso fosse adatto a me, ero venuto qui per aiutare i miei compagni di squadra. Pensate che nemmeno a 500 metri dall’arrivo pensavo di poter vincere, speravo di fare un buon podio».
Poi, cosa è successo?
«Che sogni tricolori in quei 50 chilometri di fuga ne ho fatti parecchi, ma sapevo di non essere il più veloce. Poi forse il caldo e la fatica hanno evidentemente cambiato le carte in tavola: Rota e Battistella in volata sono sicuramente più forti di me. Temevo molto soprattutto Samuele, visto il mondiale che avevo vinto da Under e tante sue vittorie da giovane. Però Rota è partito un po’ lungo, ha sparigliato le carte, io gli ho preso la ruota e mi è andata bene».
Voi della Bardiani CSF Faizané eravate ben in 16 alla partenza e il peso della corsa era su di voi.
«Normale che, in queste condizioni, tanti aspettassero le nostre mosse, così abbiamo cercato di entrare subito nella fuga per non dover tirare tutto il giorno: ci sono riusciti Martinelli, Marcellusi e Tonelli e hanno fatto un grande lavoro. Poi nel finale sapevano che dovenamo entrare nell’azione importante io, Fiorelli e Gabburo. Ha funzionato tutto perfettamente, sono riuscito ad entrare nell’azione che poi si è rivelata decisiva e sapete come è andata».
Torniamo alla volata decisiva.
«Ho preso la volata a ruota di Rota che è partito ai 300 metri e sono riuscito a batterlo nello sprint, finora più importante della mia carriera. Battistella e Rota hanno lavorato tanto quanto me per la fuga, era normale che Piccolo tirasse un po’ meno perché era alla prima gara dopo una lunghissima assenza. Battistella mi ha confessato a fine corsa di essere stato sorpreso quando Rota è scattato molto lungo e di non essere riuscito a recuperare. Quando Lorenzo è partito, ho pensato che dovevo fare la volata più bella della mia vita. E dopo il traguardo mi ripetevo “impossibile, impossibile, impossibile che abbia vinto io”. I miei avversari si sono complimentati con me, erano comprensibilmente un po’ amareggiati ma ce la siamo giocata e a me è andata benissimo».
Un successo così importante merita una dedica.
«Questa maglia la dedico al team che mi ha lanciato e poi sostenuto, alla mia famiglia, alla mia ragazza, al mio manager, al preparatore e a tutti quelli che mi hanno sostenuto anche in periodi non semplici quando la gamba non rendeva come avrei voluto».
Eppure quest’anno non tutto sembrava girare per il verso giusto.
«Diciamo pure che la prima parte di stagione è stata difficile, compreso quel Giro d’Italia nel quale speravo di fare meglio e che invece mi ha visto sempre in difficoltà. Dopo la corsa rosa, qualcosa si è sbloccato, all’Adriatica Ionica Race sono riuscito a conquistare il successo finale e adesso questo trionfo al campionato italiano: l’obiettivo è continuare così».
A proposito di continuare, quando ti vedremo esordire in maglia tricolore?
«Penso di ripartire ad agosto in Repubblica Ceca, con il Saskia Tour. Adesso mi merito un po’ di riposo, attivo ma riposo».
Quali i tuoi prossimi obiettivi?
«Questa maglia cambia gli orizzonti, è una maglia pesante, da onorare in ogni corsa.Voglio disputare una bella seconda parte di stagione, voglio mostrare questa maglia e, perché no?, voglio continuare a vincere».
Ad Alberobello hai vinto sotto gli occhi del ct Bennati, che aveva contribuito a disegnare un percorso che ricordasse quello dei mondiali che si disputeranno a settembre in Australia: cosa ti ha detto?
«Mi ha fatto i complimenti, era felice per me. Al rientro voglio fare bene e cercare di meritarmi un posto: essere convocato per i mondiali sarebbe un altro risultato importante».
Cosa significa questo tricolore per Filippo Zana?
«Per me è un sogno, non ero mai riuscito a vincerla nelle categorie minori se non nel ciclocross (aveva vinto nel 2012, da esordiente del primo anno, ndr). Per la squadra è la vittoria più bella che ci possa essere. Mi hanno detto che Bruno Reverberi in 40 anni di carriera come manager l’ha vinta tre volte, le prime due consecutive con Massimo Podenzana. Sono orgoglioso di avergli regalato il tris».
Il prossimo anno farai il salto nel WorldTour con la BikeExchange Jayco.
«Sì, ma la Bardiani CSF Faizané e la famiglia Reverberi resteranno per sempre nel mio cuore: mi hanno insegnato tanto, mi stanno insegnando tanto. Questo non lo posso dimenticare».
Che la Bardiani CSF Faizané fosse una famiglia lo sapevamo, ma ne abbiamo avuta nuova dimostrazione sul palco ad Alberobello, guardando il tuo abbraccio con Giovanni Visconti.
«Sapevo che avrebbe commentato la gara, con lui ho davvero un bellissimo rapporto: gli avevo promesso che avrei vinto una gara per lui perché mi ha dato tanti consigli quando è stato con noi in squadra e anche ora che ha smesso lo sento spesso e ascolto le sue parole».
Il ragazzo di Thiene che ha iniziato a pedalare nella Sc Piovene Rocchette di strada ne ha fatta, è cresciuto pian piano, ha sempre vinto - tra i suoi successi più belli il Gp Capodarco nel 2019 - e anche a livello internazionale ha continuato a crescere, basti pensare che lo scorso anno si è piazzato terzo al Tour de l’Avenir e ha dato un contributo prezioso al trionfo mondiale di Filippo Baroncini. Ora, prima di guardare avanti, ha ancora una richiesta, della quale anche noi ci facciamo portavoce: «Lo scorso anno la Alé Cycling della presidente Alessia Piccolo ha disegnato una splendida maglia tricolore per Sonny Colbrelli: beh, mi aspetto che la mia sia altrettanto bella. Portare per tutto l’anno il tricolore sulle spalle sarà un’emozione fantastica, qualcosa che ancora fatico ad immaginare. Anzi, se ci penso mi scappa ancora una lacime...».