di Carlo Malvestio
Ineos Grenadiers? Bahrain-Victorious? Macché. Al Tour of the Alps 2022, alla fine, il grande colpo lo ha fatto il Team DSM. La formazione olandese, con i capitani designati Romain Bardet e Thymen Arensman, ha scelto di fare l’all-in nell’ultima tappa di Lienz, anzi, nell’ultima salita della corsa, quella di Stronach, scatenando i suoi alfieri contro un Pello Bilbao che fino a quel momento era stato impeccabile. Sotto la pioggia e il freddo tirolese dell’ultima frazione, dopo una settimana in cui il sole aveva fatto da padrone, si è rivista la migliore versione di Bardet, che era probabilmente quasi 4 anni che mancava, proprio nel giorno in cui è rinato anche il vecchio rivale e coetaneo Thibaut Pinot. Bardet fino a questo momento aveva vinto solamente una corsa a tappe, il Tour de l’Ain del 2013, 9 anni fa, la sua prima vittoria da professionista quando era ancora un giovane di belle speranze per il ciclismo francese. E la cosa è abbastanza paradossale se si pensa che Romain poi ha conquistato due podi finali al Tour de France, ma mai la classifica finale di una gara di più giorni, neanche minore. Questo è il sintomo che forse siamo di fronte ad una nuova versione di Bardet, una versione rinnovata con lo scopo di resistere al prepotente cambio generazionale che sta spingendo al tramonto anticipato alcuni corridori della sua età.
Dopo la medaglia d’argento al mondiale di Innsbruck 2018, infatti, il 31enne di Brioude sembrava essersi un po’ perso, schiacciato dalla pressione di un ciclismo sempre più esasperato. Lui lo aveva ammesso candidamente: in bicicletta cominciava a non divertirsi più e aveva bisogno di un cambio di scenario per ritrovarsi. Così ha lasciato l’universo AG2R, che lo aveva cresciuto e lanciato tra i grandi del ciclismo, avendo però spesso sulle spalle il peso di una nazione, e ha scelto il Team DSM. Nel 2021 ha preso le misure, portando a termine una stagione abbastanza positiva. In salita non era ancora al livello dei migliori, ma ha dimostrato una costanza di risultati incoraggiante. Nel finale di stagione ha pure vinto una tappa alla Vuelta a España e una alla Vuelta a Burgos con attacchi da lontano, ritrovando quel feeling con la vittoria che mancava dal 2018. Questo successo al Tour of the Alps potrebbe restituire nuova linfa sia a lui che alla squadra, in difficoltà di risultati da circa un anno e mezzo. La squadra olandese, infatti, è solamente al secondo successo stagionale - prima del TotA aveva vinto soltanto una tappa al Giro di Turchia con Sam Welsford - ed è alla ricerca di certezze.
La prestazione di Bardet e Arensman sulla salita di Stronach, in questo senso, è molto importante: «Un successo voluto, che fa davvero bene a me e alla squadra - ha detto Bardet -. Nell’ultima frazione siamo stati perfetti. Sapevo che la tappa era complicata, che la salita finale sarebbe stata la più dura di tutta la settimana e che il maltempo avrebbe reso tutto ancora più complesso. E sapevo anche che, se volevo vincere la corsa, avrei dovuto staccare il leader Bilbao in salita, altrimenti in volata mi avrebbe probabilmente battuto e, in ogni caso, non c’erano abbuoni in palio visto che la fuga era andata a segno. Io puntavo solamente alla generale, abbiamo lasciato andare la fuga anche a causa di un paio di forature di Pello che hanno rallentato ulteriormente il gruppo. Alla fine è andata ancora meglio del previsto, visto che con Arensman abbiamo spinto al massimo anche sul piano e alla fine ci portiamo a casa un doppio podio importante».
La percezione che il corridore francese abbia ritrovato un buono smalto, però, è veritiera, come ammette lui stesso: «Cambiare squadra è stata un’ottima decisione. Qui avverto decisamente meno pressione rispetto a prima e questo mi aiuta parecchio. Quest’anno ho corso di meno e mi sono allenato di più e credo che questo mi abbia restituito maggiore freschezza. Credo che con questa mentalità possiamo puntare a obiettivi importanti».
L’obiettivo dichiarato è quello del Giro d’Italia e dopo un Tour of the Alps concluso in maniera così brillante, le aspettative sul Team DSM si alzano vertiginosamente. Le immagini di Jai Hindley e Wilco Kelderman in maglia Sunweb alla Corsa Rosa del 2020 sono ancora fresche nella memoria degli appassionati. I due furono la grande sorpresa di quell’edizione del Giro, concludendo al secondo e terzo posto, e la speranza del management del Team DSM è che anche Bardet e Arensman, quest’anno, possano essere performanti allo stesso modo. Se Bardet è una garanzia nelle tre settimane, il giovane olandese, classe 1999, è ancora tutto da scoprire: «Ormai conosco Thymen da più di un anno, abbiamo trascorso davvero tanto tempo assieme - ha spiegato ancora Bardet -. Quest’anno, poi, mi ha affiancato in quasi tutte le corse, si può dire abbia visto più lui che mia moglie. È un bravissimo ragazzo, simpatico, con cui è bello passare il tempo. E poi ha un grande motore, in bicicletta va davvero forte e credo sia uno dei più grandi talenti che abbia visto nel ciclismo. In futuro potrà puntare a grandi risultati, ha gambe e testa per poterlo fare. Bisogna solo dargli tempo e togliergli dalle spalle la pressione inutile».
Olandese di 22 anni, Thymen Arensman è nato a Deil. È cresciuto in quel gran serbatoio di talenti che è stata la SEG Racing Academy (purtroppo ha chiuso i battenti alla fine del 2021) e che fin da giovanissimo è stato considerato un predestinato in patria. Nel 2018, da primo anno U23, chiuse al secondo posto un Tour de l’Avenir dal livello spaziale: la corsa fu vinta da un certo Tadej Pogacar, ma l’olandese fu in grado di tenersi alle spalle corridori come Aleksandr Vlasov, Gino Mäder, Ivan Sosa, Joao Almeida e Tobias Foss, tutti atleti più vecchi ed esperti di lui. Nonostante il grande exploit, Arensman non ha avuto fretta di passare coi grandi e si è fatto un altro anno e mezzo con la SEG facendo un’attività semiprofessionistica e affrontando il salto con la Sunweb solamente dopo il lockdown del 2020 per affrontare al debutto la Vuelta a España. Nel 2021 ha dimostrato a tratti il suo talento, mentre quest’anno è già alla seconda corsa a tappe conclusa in maniera convincente: il 3° posto al Tour of the Alps, infatti, è seguito ad un altrettanto importante 6° posto alla Tirreno-Adriatico.
Se Bardet ha speso belle parole per il giovane compagno di squadra, Arensman contraccambia con piacere: «Il Tour of the Alps è stato pazzesco, puntavamo alla generale con Romain e anche io speravo di piazzarmi in una buona posizione finale. Chiudere con due uomini sul podio, io al terzo e con la maglia bianca, è qualcosa di davvero incredibile per il Team DSM. Ho un ottimo maestro come Romain da cui imparare, spero di avvicinarmi a lui il più possibile, è un grande leader, molto attento alla squadra. In questi giorni ho notato come desse grande attenzione anche ai ragazzi della formazione satellite, fermandosi con loro più a lungo dopo cena. Lo ammiro, e i suoi consigli sono sempre molto utili. Al Giro d’Italia io e Chris Hamilton saremo a sua disposizione, non c’è dubbio su questo. Abbiamo la possibilità di fare qualcosa di bello».
Arensman è un corridore moderno, potente, che, nonostante i 190 cm che lo rendono molto distinguibile in gruppo, va molto forte anche in salita. Purtroppo per lui, però, al Giro non ci saranno molti chilometri contro il tempo, disciplina in cui si sta confermando sopra la media dei corridori da corse a tappe: «In inverno sento di aver fatto un importante passo avanti, mi sto avvicinando ai migliori del mondo e voglio continuare a lavorare per riuscire a fare qualcosa in più. Credo di avere ancora dei margini di miglioramento, in fine dei conti ho solo 22 anni, e questo TotA mi ha insegnato che sono già sulla buona strada per diventare un ottimo scalatore. Peccato non fosse prevista una cronometro, altrimenti forse avrei potuto fare ancora meglio. Il penultimo giorno le gambe non giravano molto bene, ma sono comunque riuscito a concludere in Top 10, sintomo che il mio livello è molto alto».
Bardet e Arensman, al Giro è meglio stare attenti a quei due.