Ganna: «E adesso, il mondo...»

di Giulia De Maio

Il giorno dopo aver vinto il titolo olimpico dell’inseguimento a squadre era di nuovo in bici. Tornato da To­kyo con la medaglia d’oro al collo, il suo primo pensiero è andato ai panni da mettere in lavatrice. A una festa scatenata ha preferito l’abbraccio con i suoi cari e un po’ di coccole con i suoi cagnoni Mia e Blu. Quando hanno battuto il suo record sui 4 km ha ringraziato chi lo ha spodestato perché gli dà la motivazione di migliorarsi ancora per riprendersi il primato nell’inseguimento individuale. Filippo Ganna è il campione della porta ac­canto, quello a cui non si può non voler bene, per l’eleganza indiscussa che mostra tanto in bicicletta quanto giù di sella.
Forte sia di gambe che di testa, ambizioso ma con i piedi per terra, educato e deciso, è il prototipo del fuoriclasse che ha tutto per fare strada. Abbiamo la fortuna che questo ragazzo dalla classe sopraffina sia italiano e di vivere nella sua era. Dopo averlo ammirato conquistare cinque titoli mondiali e farla da padrone ai Giochi Olimpici, non vediamo l’ora di leggere le prossime pagine del libro che sta scrivendo l’azzurro più talentuoso dei nostri tem­pi. Un capitolo importante lo ha firmato con il treno dei desideri che nel velodromo olimpico di Izu si è tinto d’oro, facendo registrare un fantasmagorico nuovo re­cord del mondo (3’42″032). Con Fran­cesco Lamon, Simone Con­sonni e Jona­than Milan ha compiuto un’impresa.
«Volevamo fare qualcosa di grosso e non ci siamo accontentati dell’argento. Conoscevamo i danesi, le loro caratteristiche e sapevamo che nell’ultimo chilometro noi avremmo potuto recuperare. Non parlate solo delle mie tirate, perché io faccio il mio, ma i ragazzi con cui ho corso sono ancora più bravi a mettermi nelle condizioni per riuscirci» ci ha chiesto Filippo che, non ce ne vogliano gli altri campioni olimpici, è l’uomo copertina del quartetto. È lui che in testa al terzetto finale, ha saputo rimontare quasi un secondo (+0.867) ai rivali e negli ultimi 125 metri ha viaggiato a 73 km/h. Manco fosse a bordo dello Shinkansen, il treno ad alta velocità giapponese. Il piemontese in forza alla Ineos Grenadiers è l’asso nel­la manica della nostra Nazionale, la carta vincente, l’uomo in più che si esalta in particolar modo quando corre con i suoi compagni. Sul podio ha portato i suoi amici, quelli con cui trascorre le vacanze e gioca alla playstation, quelli che per restare alla sua ruota si sono spolmonati fino ad avere un mancamento (non è un modo di dire, è successo per davvero a Consonni, ndr), quelli con cui negli ultimi tempi ha di­viso una stanza più che con la fidanzata Carlotta, giorni di divertimento ma so­prattutto fatica e sacrifici che hanno trovato un senso il 4 agosto 2021.
Il giorno in cui Filippo Ganna da Vi­gnone ha sollevato la sua Pinarello az­zurra al cielo e fatto innamorare chissà quanti bambini e bambine dello sport per cui madre natura lo ha creato.
«Un Mondiale o un Europeo ti danno luce, ma un oro olimpico illumina tutto il movimento e il ciclismo su pista ne ha bisogno. Le Olimpiadi sono l’appuntamento di riferimento anche per chi non segue lo sport tutti i giorni. Pertanto essere preso ad esempio da qualche ragazzo, che magari inizierà a praticare ciclismo su pista per questo è un motivo d’orgoglio» ha raccontato con lucidità nelle prime interviste rilasciate a caldo.
«I risultati ottenuti dagli junior e under 23 ai recenti Europei su pista non sono una sorpresa per me, perché so come si è lavorato negli ultimi anni. Con perseveranza, impegno, cura del dettaglio. Penso che avere vinto un oro olimpico avvicinerà altri ragazzi alla disciplina come il successo di Elia Viviani nell’Omnium a Rio 2016 è stato importante per il nostro percorso e per la rinascita di un settore che in Italia era in difficoltà e che Marco Villa ha risollevato alla grande. Il fatto di allenarsi dove lo hanno fatto gli olimpionici sarà di sicuro uno stimolo in più per i giovani, mi auguro che il velodromo di Montichiari torni agibile il prima possibile e che nascano altre strutture per avvicinare sempre più persone alla bici» ha aggiunto al termine della prima gara su strada che ha di­spu­tato post Tokyo, il Tour of Norway in cui ha aiutato il compagno Ethan Hayter a vincere.
Top Ganna non è riuscito a conquistare una medaglia nella cronometro olimpica per una questione di secondi. Il bronzo contro il tempo è sfuggito per 2”, l’argento per 4”, davvero poco considerato che il percorso era tutt’altro che adatto a lui e che se i Giochi si fossero tenuti nel 2020 probabilmente non sarebbe stato nemmeno al via della prova di cui un anno fa a Imola si è laureato campione del mondo.
«Mi spiace se qualcuno lo ritiene un fallimento, io non ho rimpianti. Come diceva Mennea “la fatica non è mai sprecata”. Se non la vinci oggi, ti sei allenato per do­mani. Lavorerò perché va­da meglio alla prossima occasione» ci ha confidato a fine Giochi.
All’Olimpia­de di Parigi 2024 mancano meno di tre anni e Pippo, che ci arriverà nella piena maturità fisica (avrà 28 anni). ha intenzione di riprovare l’accoppiata prova contro il tempo in linea e pista. In Francia la cronometro do­vrebbe presentare un tracciato più fa­vorevole alle sue caratteristiche da passista puro e, come ha scommesso il suo idolo Bradley Wiggins «se c’è qualcuno che può tentare questa impresa mai riuscita finora a nessuno è Filippo Ganna». Ahinoi l’inseguimento individuale resterà fuori dal programma olimpico, dunque le fiches alla sua ter­za partecipazione a cinque cerchi sa­ran­no puntate di nuovo sul quartetto che difenderà il titolo conquistato in Giappone.
«La medaglia non mi fido a lasciarla dove vivo ad Ascona, in Svizzera, perché spesso non ci sono. L’ho affidata ai miei, la tiene sott’occhio Ganna senior (papà Marco, olimpico della canoa ai Giochi di Los Angeles ’84, ndr) - racconta Pippo mentre aiuta nelle faccende domestiche mamma Daniela e la sorella Carlotta “Lotti”, a cui è legatissimo e per la quale dal Giappone ha portato a casa la mascotte dei giochi Miraitowa in peluche. - L’Olimpiade mi ha regalato sensazioni mai provate e se penso al fatto che sono campione olimpico, mi viene la pelle d’oca, ma per il resto la mia vita non è cambiata».
Taglia il prato del giardino, si diletta con il barbecue, si diverte con i lego, frequenta gli amici di sempre. Proprio come un ragazzo normale, che però alla domenica si è sempre svegliato pre­sto per andare a correre e al traguardo, qualunque fosse il risultato ottenuto, aveva il sorriso sulle labbra.
A 25 anni, il palmares di Filippo Gan­na è già quello di un fuoriclasse, ma questo non basta ad appagarlo. E, nel finale di stagione, all’orizzonte del no­stro gigante, dopo la cronometro e la prova in linea europea di Trento del 9 e 12 settembre, ci sarà un quadruplo appuntamento iridato, con fondate speranze di successo in tre occasioni. Pip­po, che in questi giorni si sta allenando in altura nel suo buen retiro di Ma­cu­gnaga, è atteso anzitutto al Mondiale a cronometro del 19 settembre in Belgio, dove cercherà di confermarsi in maglia iridata dopo Imola 2020. Il tracciato, a differenza di quello olimpico, gli sorride: da Knokke-Heist, sul Mare del Nord, a Bruges, sono 43.3 chilometri con appena 78 metri di dislivello. La domenica seguente Davide Cassani lo schiererà anche per la prova in linea, come potete approfondire nell’intervista che ci ha concesso il commissario tecnico. Dal 5 al 9 ottobre non sarà in gara agli Europei su pista di Grenchen, in Svizzera, per puntare tutto sulla rassegna iridata che andrà in scena dal 20 al 24 ottobre sul velodromo di Rou­baix. Punterà sia sull’inseguimento a squadre sia su quello individuale, an­dando a caccia di quel record del mondo che ai Mondiali di Berlino 2020 lo aveva portato a 4’01”934 e che di re­cente il baffuto americano Ashton Lambie, sfruttando i benefici dell’altura del velodromo messicano di Aguas­calientes a 1.887 metri di altitudine, ha portato a 3’59”930. Dal Giro di Nor­vegia Filippo ha seguito in diretta strea­ming il 30enne del Nebraska di­ventare il primo uomo al mondo a scendere sotto i 4 minuti sui 4 km, dunque ad andare a oltre 60 all’ora di media con partenza da fermo, e gli ha inviato complimenti sinceri. Rilan­ciando il guanto di sfida, ovviamente. «Sono felice che il mio primato sia stato battuto, così mi stimola a ribatterlo. Logicamente c’è amarezza perché non sono stato io il primo a scendere sotto il fatidico muro. Però dai, ai Mondiali ci proveremo. Lambie ha fatto un progresso importante e batterlo sarà tutt’altro che facile. La sua impresa mi dà grinta extra, ora tocca a me rispondere».
Roubaix è al livello del mare, Pippo nostro non ha mai pensato ad un tentativo in quota, perché non vuole «i vantaggi dell’altura, come se fosse poi un record con l’asterisco».
L’asticella è stata spostata ancora più in alto, ma chi ne conosce il “motore” è fi­ducioso che Ganna possa saltare an­cora più in alto. Non sarà Gian­mar­co Tamberi, ma come lui è un olimpionico della spedizione azzurra più di successo della storia.
«Pippo non ha ancora finito di stupire, ha ulteriori margini di miglioramento. Rispetto a Berlino 2020 ha nelle gambe la partecipazione a due grandi giri, è più forte fisicamente e mentalmente, ha più esperienza. Non abbiamo riferimenti recenti nell’individuale vi­sto che in ottica olimpica abbiamo lavorato specificatamente per la prova di gruppo, ma in Giappone ha trascinato il quartetto al record del mondo...» assicura il CT della pista Marco Villa, che ha un ruolo chiave nella preparazione di Filippo assieme al diesse di Ineos Gre­na­diers Dario Cioni, e nel velodromo di Izu è stato sollevato di peso dal “suo” cavallo di razza in un abbraccio commovente.
A meno di sorprese Ganna non parteciperà alla Parigi-Roubaix di domenica 3 ottobre, eccezionalmente spostata in autunno dopo la cancellazione del 2020 sempre dovuta alla pandemia: all’In­fer­no del Nord non si va tanto per provarci, al contrario bisogna approcciarlo con un avvicinamento specifico e non è questo il caso visto il calendario fittissimo che lo attende. In tanti gli chiedono anche di tentare il record dell’ora.
«Prima o poi penseremo anche a quello, datemi tempo e cercherò di arrivare dovunque. Gli anni ciclistici si compongono di tanti obiettivi. Non si può andare sempre a segno, ma l’importante è prepararsi al meglio per onorarli» sorride Filippo che ha iniziato la stagione a febbraio, vincendo subito tre corse (la quarta e la quinta tappa dell’Etoile de Bessèges più la cronometro dell’UAE Tour) e da allora non si è praticamente mai fermato, centrando an­che l’obiettivo di conquistare le cro­no di apertura, con tanto di maglia rosa, e chiusura del Giro d’Italia. Per ricaricare le pile tra una gara e l’altra gli è bastato un po’ di tempo in famiglia. Ora però è di nuovo il momento di rifare la valigia e partire a caccia di nuovi traguardi da conquistare.
«Ho ancora fame, anche dopo l’oro olimpico, perché non mi accontento mai. Voglio sempre migliorarmi, è una questione di carattere. Tra Europeo, Mondiali su strada e su pista non scelgo a priori. Voglio pensare a un appuntamento alla volta. Senza proclami. La­vorando per fare del mio meglio».
Con queste parole rivela la tattica che ha adottato per sopportare le pressioni che inevitabilmente ormai porta sulle sue larghe spalle. Lui se le fa scivolare addosso, restando concentrato sulla linea da tenere, come quella nera del velodromo Francone di San Fran­ce­sco al Campo, in provincia di Torino, su cui ha mosso le prime pedalate di una carriera che è già sfolgorante ma ancora tutta da scrivere.
Nelle prossime settimane Pippo ha un poker di mondiali all’orizzonte, uno storico record da inseguire e altri allori da conquistare. Lo aspetta un autunno da neo olimpionico da vivere a tutta velocità. Quella a cui ormai il nostro campione della porta accanto ci ha abituato.

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