QUEL CHE CASSANI NON VUOLE

TUTTOBICI | 28/03/2017 | 07:03
L’azzurro fa vedere rosso, e in prospettiva anche nero. Ad alcuni team manager di formazioni Professional non piace assolutamente l’idea di veder schierati al via di corse valevoli per la Ciclismo Cup, la vecchia coppa Italia, anche rappresentative dell’Italia di Davide Cassani composte da corridori professionisti. Nel numero  di marzo di tuttoBICI abbiamo affrontato l’argomento, dopo aver raccolto i lamenti. Abbiamo deciso di dare voce a tutte le componenti della grande famiglia del ciclismo. Per comprendere quali strade percorrere per il futuro, era necessario ascoltare, soffermarsi su un problema che è lì sotto la cenere da un po’ di tempo e di conseguenza capire se è giusto proseguire per questa strada tracciata dal Ct azzurro.

Tutto nasce dalla vittoria di Fabio Felline, corridore talentuoso della Trek Segafredo che quest’anno, in maglia azzurra, ha centrato il Trofeo Laigueglia. Bruno Reverberi è stato il primo a sollevare il problema e a gridare l’allarme, rilanciando l’idea di calmierare la partecipazione professionistica in azzurro; Francesco Pelosi ha avallato la tesi del decano dei team manager; Angelo Citracca capisce, ma si adegua; Gianni Savio pare invece smarcarsi, cercando spazi come un Dybala braccato dal più truce dei mediani.

Ho sempre pensato che chi vince ha ragione, e chi perde cerca scuse. Capisco Reverberi, ma credo anche che Felline, supportato dai suoi Trek Segafredo, avrebbe molto probabilmente centrato l’obiettivo ancor meglio, anche senza vestire la maglia bianca degli azzurri. Detto questo, però, il problema c’è. Ed è quello che riguarda e vede impegnati gli ultimi, irriducibili e per questo eroici sponsor di casa nostra.

Per come si è ristretto il nostro ciclismo, dobbiamo trattarli con i guanti bianchi, esattamente come se ci dovessimo trovare a maneggiare pezzi pregiati di argenteria di famiglia. Se anche gli azzurri di Cassani tolgono vittorie ai team di seconda fascia, c’è davvero il rischio che si sfasci tutto. Il paradosso è che Cassani cerca i ragazzi da portare in azzurro, ma ormai poche sono le squadre in grado di garantirglieli. Ecco che il problema si pone e riguarda tutte le componenti in gioco: squadre e Federazione, in egual misura. Non a caso Enzo Ghigo, presidente della Lega, ha precisato su questo numero di tuttoBICI che è il caso di rivedere qualcosa nell’attribuzione dei punti. Qui il pericolo è uno solo: dopo essere diventati la nazione che più di ogni altra esporta nel World Tour tecnici, corridori, allenatori e personale, rischiamo di restare senza team. Se non vogliamo che anche Bardiani Csf, Androni Sidermec, Nippo Vini Fantini De Rosa e Willier Selle Italia tolgano il disturbo - e almeno un paio sono sul piede di partenza - qualche accorgimento bisogna pur prenderlo. Penso che la maglia azzurra sia la cosa più bella che ci sia, ma non voglio che resti l’unica squadra in grado di portare in giro per il mondo i nostri corridori per mancanza di club. E penso che questo non lo voglia nemmeno Davide Cassani.

DOPING AL CERVELLO. Che testa. È il caso di dirlo e di pensarlo, nel senso che bisogna davvero avere una bella testa per arrivare a farsi massaggiare anche il cervello. Gli atleti, di ogni sport e ad ogni latitudine, lo sappiamo che proverebbero qualsiasi cosa. Sappiamo anche che se dietro a tutto c’è la scienza e un ottimo staff di medici che garantisce la buona applicazione, la cosa si può fare con maggiore serenità, perché sono loro - i medici - che ti inducono a provare, a crederci e a stare tranquillo. Se ne sta parlando già da un po’ e se ne parla sempre di più e in maniera compiuta. In questo numero presentiamo un breve intervento di Mauro Giacca, un noto ricercatore triestino, nonché direttore generale del board che raccoglie i maggiori istituti biotecnologici del mondo, da New Delhi a Cape Town, che spiega la stimolazione cerebrale o neurodoping: l’ultima frontiera nel miglioramento delle prestazioni atletiche.

La tecnologia è semplice, quasi elementare: due elettrodi vengono posizionati su due lati opposti della scatola cranica. È una tecnica nota come stimolazione transcranica a corrente continua (tDcs), ed è stata originariamente pensata per il recupero delle lesioni al cervello o al midollo spinale. Differisce dall’elettroshock degli anni Cinquanta sostanzialmente perché le correnti coinvolte sono da 500 a 1000 volte più basse; di fatto, una batteria da 9 Volt è più che sufficiente. Come scrive Giacca, la US Ski and Snowboard Association (Ussa), la federazione sciistica degli Stati Uniti, sta testando questa pratica già da tempo. I benefici? La forza aumenta del 70% così come la coordinazione che ha un picco dell’80%. Per gli sport di resistenza come il ciclismo, ad esempio, riduce negli atleti anche la percezione della fatica. Nel frattempo, la Halo, l’azienda che collabora con gli sciatori della Ussa, già vende una sorta di cuffiette da collegare all’iPhone per praticare questa elettrostimolazione cranica a casa. Da tempo vediamo giocatori di calcio scendere dai Motorhome con le loro enormi cuffie multicolori molto alla moda. L’interrogativo che si stanno ponendo in tanti è il seguente: saranno davvero cuffie per ascoltare solo musica? C’è chi ipotizza che sia davvero tutta un’altra musica: nella sostanza quelle cuffie non sono altro che elettrostimolatori cutanei, come tuttoBICI può mostrarvi in questo articolo (CLICCA QUI). Ma si pone anche un altro interrogativo: questo è davvero doping? Questa va considerata a tutti gli effetti una alterazione fisica? Perché l’elettrostimolazione al muscolo può andare bene e alla scatola cranica no? Domande alle quali dovrà fornire risposte la comunità scientifica. Ma vanno date in fretta: si diano una scossa, pardon, una mossa.   

Pier Augusto Stagi
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COMMENTI
Polemica sterile
28 marzo 2017 09:27 ragno70
Magari sentire anche qualche organizzatore? Una nazionale con qualche nome di prestigio da valore alle nostre corse anche essere in difficoltà. Poi nel caso di Laigueglia non si capisce di cosa si parla nei primi 20 solo 3 corridori di professional italiane e tutti androni

Lamentosi
28 marzo 2017 11:34 frect
Invece di lamentarsi i team manager delle squadre italiane, che facessero correre i corridori veri e dico veri, non chi porta sponsor, e poi vedrete come si vincono le corse. Questo anno onore a Savio che con Gavazzi, Cattaneo e i due colombiani stanno andando fortissimo. Come fanno a lamentarsi gli altri se fanno correre gente che da dilettante non ha vinto una gara e qualcuno non ha fatto nemmeno un piazzamento nei dieci.

polemica?
28 marzo 2017 12:49 delfino
Non voglio entrare nel merito della polemica se giusta o sbagliata quello che mi chiedo e vorrei chiedervi è perché quando vincevano i vari Ulissi ,Moser, Nibali, Rosa, ecc la polemica non si è posta?

con massimo rispetto di tutti
28 marzo 2017 13:10 ragno70
con il rispetto di tutti ...basta guardare l'ordine di arrivo della corsa ligure per capire che il caso non esiste
http://www.procyclingstats.com/race.php?id=172478

d'accordo
28 marzo 2017 14:58 cocco88
con frect... bisogna prendere corridori seri e forti .. solo cosi arrivano i risultati

sponsor sulla maglia azzurra
28 marzo 2017 15:01 Leonk80
se è questo il problema potrebbero fare così. Poi se è un problema tattico (io che corro alla Trek devo aiutare il mio compagno Felline quando corre con la maglia azzurra?) se ne può discutere

corridori veri
29 marzo 2017 09:35 PEDALA
concordo di far correre corridori veri non quelli con il portafoglio pieno e gambe vuote.....................

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