Quando Fausto ha capito che sopravvivere a se
stesso non era impossibile ma certo sconveniente, per uno come lui, con
infinita tristezza ha deciso di abdicare e di lasciarci. Il destino beffardo
gli ha consentito di evitare il suicidio offrendogli una scappatoia impensata.
E i medici, che del destino sono umili strumenti, si sono diligentemente
prestati all’esecuzione. Del resto, gli eroi autentici vanno per tempo rapiti
in cielo. Non possono vivere fra noi, al nostro mediocre livello.”
Sono le parole del mitico Gianni Brera, da “Coppi e il diavolo”, a chiudere il
libro di Paolo Viberti “L’INCONSCIO DI
COPPI – quando la bici libera la
mente”, libro presentato oggi, subito dopo la partenza del 54° Trofeo
Laigueglia. Immersi in uno scenario fuori dal tempo: il mare alla sinistra, una
mostra di biciclette d’epoca a destra, ammirate nel pieno centro storico di
Piazza Cavour, e i protagonisti in mezzo, riparati dal vento freddo nell’ex
Delegazione di spiaggia, gremita per l’occasione e decorata, lungo tutto il
perimetro del soffitto, di maglie appartenute ai grandi campioni del passato. A
proposito di campioni del passato: commovente e spassosissimo insieme l’intervento
di Italo Zilioli che, fra un aneddoto e l’altro, ammette di come, sognando di
essere Coppi, si sentisse più forte e, ammirando la “vestizione del guerriero”
Eddy Merckx prima di una gara, si caricasse della sua stessa energia quando,
davanti allo specchio, il Cannibale si guardava e si motivava tirandosi dei
colpi sul torace. Motivazione: è da qui che tutto è nato. Paolo Viberti,
infatti, dopo essere andato in pensione, è diventato un “Mental Coach”, e
dovendo scrivere la tesi ha immaginato che il Campionissimo sia stato a casa
sua in otto momenti della sua carriera proprio per essere motivato, perché “essere
mental coach è l’attivazione dei reali meccanismi mentali in un percorso atto a
raggiungere un obiettivo…e la differenza la fa la testa”. L’autore racconta,
quindi, di un Airone insicuro e impacciato, descrivendo la difficoltà che il
Coppi-uomo prova nel saper mettere a fuoco i propri obiettivi giorno dopo
giorno. Non vogliamo certo svelare troppo del libro, se non che “dietro Coppi c’è
in realtà ognuno di noi” e che Viberti stesso si è commosso scrivendo il libro
ed immaginando Coppi a casa sua, conscio del fatto che soltanto pedalando Coppi
ha avuto modo di realizzarsi. Una presentazione piena di aneddoti e di
suggestioni; l’autore ricorda come, durante la Milano-Sanremo del 1946 (la
prima dopo la guerra), Coppi arrivò a tagliare il traguardo con 14 minuti su
Lucien Teisseire, tanto che Nicolò Carosio fu costretto a dire agli italiani: “ed
ora, in attesa del secondo classificato, vogliate ascoltare musica da ballo”. “L’inconscio
di Coppi”: un viaggio tra passato immaginando il presente, come quella volta in
cui, alla fine della sua carriera, il Campionissimo disse: “Ho ancora voce,
fatemi cantare”; Paolo Viberti ha dato di nuovo voce a Fausto, e chiude la
presentazione ricordando che “il ciclismo è fatica”. E’ così: il ciclismo è
fatica, ed è metafora della vita. Ognuno ha il suo percorso, i suoi ostacoli, i
suoi tempi, il suo obiettivo primario. Quello di Fausto Coppi è stato, forse,
diventare immortale: ha vinto lui, Campionissimo, ancora una volta.
Jessica
Forgetta
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