In attesa del pronunciamento del Tas, a Rio, sulla “ sospensiva” della delibera Iaaf sul caso di Alex Schwazer, di questa triste vicenda rimane aperto un altro capitolo, sul quale nessuno ha adeguatamente argomentato.
La domanda è:
-
Alla luce di quanto accaduto e delle dichiarazioni rese da Sandro
Donati è possibile ipotizzare che Alex Schwazer sia stato utilizzato per
altri fini?
E ancora:
- Quali riflessi avrà questa vicenda sul
processo in corso a Bolzano che vede imputati tre funzionari Fidal, uno
dei quali membro della commisione antidoping della Iaaf?
Sandro
Donati, agitando la tesi del complotto, usa parole gravi: “C'e' poi
l’aspetto - dichiara - del gruppo che si annida nella Iaaf, di italiani
rifugiati in essa, che vedono in me l'uomo che ha combattuto il sistema
nebioliano”. E ancora: “"Io ho avuto un ruolo fondamentale, collaborando
con la procura della repubblica di Bolzano e con il Ros dei
carabinieri, nell'individuazione di un gigantesco date base che era
nelle mani di un medico italiano che collaborava e collabora ancora con
la Iaaf..."
Data l’esiguità di Italiani presenti nella Iaaf non è
difficile risalire alle persone da lui considerate ostili. Nel novero di
costoro, per quanto non operativo in Fidal a tempi di Nebiolo, c’è
anche il dottor Giuseppe Fischetto, uno dei tre imputati nel processo in
corso a Bolzano.
Ma
se Giuseppe Fischetto è per Donati una persona ostile in materia di
antidoping, abbiamo un problema, anzi un problema l’hanno l’inchiesta ed
il processo di Bolzano.
Si palesano infatti inquietanti interrogativi che necessitano di risposte chiare e definitive:
1-
Il Signor Sandro Donati ha veramente avuto un ruolo nell’inchiesta di
Bolzano? E’ stato in qualche modo utilizzato direttamente o
indirettamente dalla Procura di quella città nelle indagini?
Se si
quale serenità di giudizio poteva mai avere una consulente che, in veste
di soggetto terzo, coadiuva una procura ad indagare su persone per lui
ostili?
2-
Quanto ha inciso nella vicenda del memoriale di metà aprile 2015 di
ALex Schwazer alla Procura di Bolzano il fatto che, il consulente della
stessa, se tale era Donati, si sia detto disponibile ad affiancare
l’atleta nel suo rientro a condizione che dicesse tutta la verità?
Come interpretare quella disponibilità condizionata del tecnico?
C’era
una verità nota a Donati sulla quale l’atleta era stato reticente? Ma
come poteva Donati conoscere una verità che riguardasse l’atleta ed i
suoi rapporti con altre persone se lo stesso non l’aveva ancora
rivelata?
Era
forse necessario portare nuovi elementi di accusa contro gli imputati
di Bolzano di cui uno collaboratore della Iaaf, dopo che la loro
posizione si era alleggerita con l’assoluzione da parte del Tribunale
Nazionale Antidoping di tre atleti della staffetta 4x100 che avevano
gareggiato a Barcellona, vicenda nella quale secondo il teorema
bolzanino i medici in questione avevano avuto un dubbio ruolo ?
Ed
era necessario farlo per tempo, visto che anche la vicenda Whereabouts,
si sarebbe prevedibilmente conclusa, come in effetti poi avvenne, con la
piena assoluzione degli atleti coinvolti nella vicenda, grazie ad una
lettura dei fatti corretta e libera da suggestioni da parte del
Tribunale Nazionale Antidoping?
3) Chi aveva fornito agli inquirenti di Bolzano tali fantasiose suggestioni, miseramente poi naufragate?
4) C’era forse altro che si poteva garantire all’atleta oltre all’assistenza tecnica, come un percorso privilegiato per il suo rientro, per alcuni in effetti avvenuto al punto da produrre una circostanziata denuncia alla Procura antidoping e alla Wada? E se si, sulla base di quali elementi ?
Forse che si fosse a conoscenza di situazioni compromettenti all’interno degli organismi sportivi nazionali ed internazionali, come del resto più volte Donati ha lasciato intendere nelle sue dichiarazioni dei giorni scorsi, utilizzabili in qualche modo per superare eventuali intralci o resistenze al progetto?
Vi possono essere state ombre, nel modo di prospettarsi all’atleta, che possano far ipotizzare un plagio dello stesso?
5) Quale credibilità può ancora avere, alla luce della positività accertata dell’atleta e delle recenti dichiarazioni di Donati, quel memoriale costruito sull’ipotetico presupposto di chiedere uno sconto di pena, peraltro negato, ma col risultato del tutto evidente di appesantire, prima degli ultimi avvenimenti, la posizione degli imputati a Bolzano?
La grancassa mediatica attivata dai registi del "Progetto" ha abilmente concentrato l'attenzione della pubblica opinione sulla tesi del complotto ai danni di Alex Schwazer, distogliendola totalmente dalla valutazione di un uso strumentale della sua persona a fini diversi da quelli dichiarati, nel tentativo evidente di sfuggire agli interrogativo sovra esposti.
Alex Schwazer ha subito gravissimi danni dalla sovraesposizione mediatica alla quale è stato sottoposto e qualcuno, prima o poi dovrà risponderne.
Il turbinio di dichiarazioni, post factum, profuse a piene mani da Sandro Donati, ha creato grande confusione e turbamento, ingenerando perplessità e confusione nelle persone.
Noi non abbiamo elementi a sufficienza per esprimere un giudizio compiuto sulla vicenda, nè spetta a noi dipanare questa intricata matassa, ma il diritto di porre domande e di ottenere risposte sì, quello lo abbiamo.
Risposte che, ci auguriamo, in parte arrivino dalla sentenza dei giudici di Bolzano, nei quali abbiamo il dovere di porre totale fiducia, ma va da sè che, dopo quanto accaduto, il castello di accuse costruito sulle parole di AS e di eventuali consulenze rese da altri in stato di “conflitto di interessi” traballa paurosamente.
Del resto è ormai a tutti chiaro che alla base delle recenti vicissitudini giudiziarie del movimento atletico italiano, nate dall’inchiesta Olimpia (Staffetta di Barcellona, Wherabouts e Processo ai tre funzionari Fidal in corso), vi sia stata una precisa strategia finalizzata a squassare l’atletica italiana, con una “grande retata”.
Chiara la strategia, chiarissimo l’obiettivo, ma la “grande retata” più volte annunciata ai suoi dal guru dell’antidoping a chiacchiere, alla fine non c’è stata e tutto lascia pensare che, alla fine, nella rete ci sia finito lui.
Che
l’ispiratore di questa strategia basata sulla cultura del sospetto,
vittima egli stesso, oggi, del proprio sospettare di tutto e di tutti
sia in grossa difficoltà, al punto di dover richiamare su di sè
l’attenzione in un drammatico crescendo di dichiarazioni alla stampa,
deve farci considerare se non sia venuta l’ora di staccare la spina e
togliere i riflettori sull’intera vicenda che lo vede protagonista,
lasciando lavorare chi di dovere.
Chi è preposto a fare chiarezza la faccia bene e presto. Questo ci attendiamo.