Rolando Ravelli: «Più so di Pantani e più non capisco»

| 09/11/2006 | 00:00
A Campiglio e a Cesenatico stanno girando un film su di lui, una fiction tivù che andrà in onda in primavera sulle re­ti Rai: «Il Pirata, l’orgoglio ri­trovato» . Il lavoro sta finendo in que­sti giorni con grande impegno da parte di tutti. Il regista dell’opera è Claudio Boni­vento, quello del film sul Grande Torino. La produzio­ne è di Bibi Ballandi, l’atto­re protagonista si chiama Ro­lando Ravello (nella foto) e la sua somi­glianza con Pantani ha susci­tato emozioni intense fra gli stessi gregari del Pirata che partecipano al film come comparse. «La storia di Marco mi ha molto colpito - ha detto Clau­dio Bonivento - e la voglio raccontare con delicatezza, con sobrietà. Non mi sento un giudice, non voglio parlare di doping e di droga a tutti i co­sti, non cavalco il gossip. Di­co subito che non farò vedere la sua fine, non ci saranno re­sidence e cocaina, la stanza a soqquadro e scene di violen­za. Racconto l’uomo e le sue debolezze. Può aver sbaglia­to, Pantani, ma a me piaccio­no i personaggi che sbagliano nella vita, non quelli che sono perfetti. Mi piacciono di più gli imperfetti. E poi non ha fatto del male a nessuno Pan­tani, caso mai ha fatto del male a se stesso». Bonivento ha letto libri di ciclismo, s’è documentato con grande umiltà, ha parlato con tanta gente. Segnatamente con i genitori di Marco. E pro­segue come se si rivolgesse a se stesso, senza attendere al­tre domande: «Ho le prove che Marco non era stato la­sciato solo in quei giorni tra­gici. Il papà mi ha raccontato tante cose, hanno fatto di tut­to ed in tanti per aiutarlo. Non è stato facile incontrare i genitori. Ho avuto grande rispetto per la famiglia. Ho aspettato che fossero loro ad aver voglia di incontrarmi. Era un animale difficile da braccare, Marco. E non sono riusciti a braccarlo». Il Pirata rivive nei giorni dei suoi trionfi, quella storica accoppiata fra Giro e Tour nell’estate’98. Dopo Coppi nessun altro campione italia­no era mai risucito a far tan­to, da Bartali a Gimondi. Un Tour de France stravinto in piena bufera doping contro Ullrich e gli altri, salvando gli organizzatori quando la Grande Boucle stava andan­do alle deriva. Il Pirata rivive anche nei giorni amari di Campiglio, quando stava stravicendo il Giro d’Italia ’ 99 e lo fermarono perchè aveva l’ematocrito fuori nor­ma, oltre la soglia di 50. Una regola durata pochissimo, che già l’anno dopo non esisteva più. Ma che a Marco è costa­ta il Giro, la carriera, poi la vita. «Non è ben chiaro - prose­gue il regista - cosa sia acca­duto in quell’occasione. C’è qualcosa che mi sfugge. Cer­to più lavoro su di lui, sul per­sonaggio e più mi sembra pazzesco che abbia subito set­te proccessi, dico sette. Pan­tani? No, mi pare davvero ec­cessivo. Io lo vedo più vittima che carnefice. Certo non è stato un santo, ci manchereb­be, me ne rendo conto bene. Ha sbagliato, magari in più occasioni ed in differenti si­tazioni. Però credo che adesso sia innanzitutto da rispetta­re la sua memoria., Ed è quel che intendo fare con questo film» . Il regista non racconta ov­viamente come finirà la fic­tion. Ribadisce soltanto che non vivremo in tivù la cru­dezza ed il dramma degli ul­timi giorni del campione, tro­vato morto nel residence di Rimini la sera del 14 febbraio 2004, nel giorno di san Va­lentino. «Pantani scompare ed al tempo stesso rimane nella memoria della gente. Per sempre. Ho scoperto tanto amore accanto e attorno alla figura di Marco. Spero d’esse­re riuscito a raccontarlo ed a rispettarlo al tempo stesso». (tratto da Tuttosport, 9 novembre 2006, a firma Beppe Conti)
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