Per parlare di questi e di altri temi inerenti il mondo delle due ruote, abbiamo deciso di contattare per l’appuntamento con “Focus” – l’approfondimento curato dalla redazione di www.velobike.it - chi dirige la Tinkoff-Saxo, vale a dire l’Avvocato Stefano Feltrin, team manager della formazione che ha in Bjarne Riis il direttore sportivo di riferimento. Nella lunga chiacchierata con il nostro ospite abbiamo deciso di iniziare dalla più stretta attualità: sul molto più che probabile ingaggio di Peter Sagan, da parte del team russo. Nonostante l’ondata di euforia che ha investito ieri Oleg Tinkov (vedere certe sue dichiarazioni sui social network), Feltrin ha cercato di gettare acqua sul fuoco. Dichiarazioni le sue, all’insegna della cautela, con l’invito ad aspettare le date che proprio ieri il team dai colori giallo blu, ha indicato come quelle in cui saranno comunicati i rinnovi di contratto e i nuovi ingaggi.
«Sagan è un corridore che in questo momento vogliono tutti. Noi puntiamo ad essere la squadra di riferimento l’anno prossimo, quindi non possiamo nascondere il nostro interesse nei suoi confronti. Il mercato si è appena aperto; sicuramente ci impegneremo al massimo per raggiungere questo obiettivo, ma ci sono anche gli altri. L’Astana, ad esempio. Ha le risorse, la squadra e l’ambizione per avere Sagan. Poi, se è vero come sembra che Cannondale si unirà l’anno all’attuale Garmin-Sharp, anche questa potrebbe essere una destinazione plausibile per lo slovacco. Siamo in piena bagarre».
In piena bagarre sì, ma forse anche in pole position: «La pole position è bella e importante, ma poi bisogna arrivare a vincere il gran premio. Abbiamo comunicato questa mattina (ieri, ndr) la nostra strategia di comunicazione: il 3 agosto, al via del Giro di Polonia, faremo un primo annuncio, poi il 7 ed il 9 altri due, che riguarderanno sia corridori che erano già con noi e che hanno prolungato il contratto, sia nuovi acquisti; su alcuni di questi cercheremo di arrivare ad avere il contratto firmato già per queste date».
Rimanendo sui temi di maggiore attualità, abbiamo cercato insieme al nostro ospite di fare un po’ di chiarezza sull’intricata vicenda che sta vedendo protagonista Roman Kreuziger. Nella giornata di ieri si erano rincorse voci su una possibile esclusione del ceco dal roster per il Giro di Polonia; voci che Feltrin ha voluto seccamente smentire: «Roman è nel roster per il Giro di Polonia e lo correrà, a meno che la Federazione Internazionale non decida di sospenderlo; cosa assai difficile, visto che non credo sussistano i termini legali per una decisione del genere. Non vedo quindi perché non potrebbe poter correre. Kreuziger ha un regolare contratto con noi, conforme alle regole. Noi, come team, rispettiamo i contratti e non vediamo in base a quale principio dovremmo infliggergli una sanzione preventiva così grave. Non c’è nessun elemento provato che possa giustificare una sospensione di questo tipo».
Sospensione che da parte della squadra russa non è mai arrivata: «Anche subito prima del Tour de France avevamo detto che Kreuziger non era stato sospeso dalla squadra. Roman ha continuato ad allenarsi, è stato in ritiro con il team per preparare le corse di fine di stagione. C’è una corsa importante come il Giro di Polonia nella quale abbiamo come capitano Rafal Majka, che può far molto bene. Avevamo bisogno di un supporto importante per lui e riteniamo che sia giusto in questo momento far correre Kreuziger».
A far discutere, oltre ai modi, sono anche e soprattutto i tempi della vicenda: «Siamo sicuramente molto dispiaciuti della gestione del caso: lo sappiamo, ci vuole tempo per esaminare i dati, ma parliamo di eventi risalenti alle stagioni 2011 e 2012. La Federazione non ha preso decisioni rapide e la questione sta continuando a trascinarsi ancora adesso. In questa situazione, la Tinkoff-Saxo è presa tra l’incudine e il martello, ha tutto da perdere e nulla da guadagnare. Subisce eventi di cui non aveva controllo prima e dei quali non ha controllo ora. Nel caso in cui ci fosse una sanzione a carico del corridore, è chiaro che l’immagine del team ne uscirebbe danneggiata, senza alcuna colpa».
A complicare ulteriormente un quadro di per sé assai poco chiaro si sono aggiunti i pareri di alcuni esperti interpellati non solo da Kreuziger, ma anche dalla stessa Tinkoff-Saxo, che mettono in discussione i risultati a cui sono giunti gli esperti di UCI e WADA: «In questa fase non abbiamo nessuno strumento, se non quello di aver fatto tutti i controlli che si devono fare. Abbiamo raccolto i pareri che Roman Kreuziger si è fatto rilasciare da alcuni esperti internazionali, indipendenti tra di loro, di diversa nazionalità e di rinomato spessore scientifico, che hanno dato ragionevoli giustificazioni a quelle fluttuazioni nei dati del passaporto biologico, che sarebbero compatibili con la fisiologia della persona. Anche noi, autonomamente, abbiano predisposto ulteriori analisi con altri professionisti, che ci hanno fornito pareri in linea con quelli forniti dagli esperti interpellati da Kreuziger. Non vediamo, quindi, per quale motivo non dovremmo dar fiducia al nostro corridore, che in tutti questi anni ha subito innumerevoli controlli antidoping, senza che sia mai venuto fuori niente».
Insomma, ancora una volta il sistema passaporto biologico fa discutere, e non poco. La posizione della Tinkoff-Saxo in merito, comunque, è molto chiara: «Dobbiamo assolutamente capire se il passaporto biologico funziona così com’è e se i controlli antidoping funzionano, visto che noi ci affidiamo a questi per portare avanti le nostre scelte nel mercato dei corridori. Crediamo fermamente che il passaporto biologico ci debba essere e che debba magari, essere eventualmente rinforzato. Fondamentali restano però la celerità, la rapidità e la precisione nella gestione di queste informazioni. Altrimenti si riduce il tutto a niente altro che una caccia alle streghe».
Per sua fortuna, non solo grattacapi per la Tinkoff-Saxo, ma anche diverse soddisfazioni. Le maggiori sono indubbiamente merito del polacco Rafal Majka, capace di vincere due tappe e di portare a casa un simbolo ambito come la maglia a pois. Un risultato davvero inaspettato, per un corridore che nei piani della formazione russa non doveva nemmeno partire, almeno all’apparenza. Anche qui, infatti, Feltrin tiene a precisare che le cose non stavano esattamente così: «Nei programmi interni al team, Majka era tra i possibili corridori del Tour de France anche prima della vicenda-Kreuziger, perché sapevamo che avrebbe potuto dare una grande mano anche insieme a Roman. Quindi non è esatto dire che l’ha sostituito. Si è anche creata una bolla di sapone su dichiarazioni che non venivano direttamente dal ragazzo, ma dal suo responsabile per i social network».
Pochi dubbi invece sulle prestazioni del polacco, al Tour e non solo: «È vero che è stato protagonista di un ottimo Tour, sicuramente ha delle potenzialità importanti; non dimentichiamoci che ha fatto bene anche al Giro, subendo poi un piccolo crollo nel finale a causa di un problema intestinale. È un corridore in cui crediamo molto nel presente, ma anche per il futuro. Sicuramente sarà uno dei nostri corridori di punta, è giovane ma ha già dimostrato di poter far bene per due anni di fila al Giro d’Italia. Ha già fatto vedere di avere caratteristiche da leader».
Tutt’altro Tour quello di Alberto Contador, costretto al ritiro nel corso della decima tappa della Grande Boucle a causa di una brutta caduta, che sembrerebbe aver posto fine alla stagione del corridore madrileno. Usiamo non a caso il condizionale, visto che, contrariamente a quanto comunicato nelle ultime settimane, l’Avvocato Feltrin lascia ancora aperto un seppur piccolo spiraglio su un eventuale partecipazione del Pistolero alla prossima Vuelta: «Alberto sta seguendo senza intoppi il programma di riabilitazioni previsto, ma ci sono due grossi problemi: il primo è la frattura al piatto tibiale, l’altro è il profondissimo taglio che ha contestualmente riportato nella caduta. Entrambe le ferite stanno guarendo bene e a questo punto si tratta solo di capire quando Alberto riuscirà a fare carichi di lavoro adeguati. Abbiamo appuntamento con i medici la prossima settimana; sembra che tutto proceda tutto molto bene. Certo, i tempi per rientrare sono molto stretti e decideremo cosa fare subito prima della Vuelta. Ci auguriamo che Alberto possa fare un buon finale di stagione e che possa andare alla Vuelta per vincere, ma sappiamo che le possibilità sono molto, molto remote; potrebbe verosimilmente far bene l’ultima settimana, che già sarebbe un buon risultato, e poi puntare alle corse di fine stagione».
In chiusura di questo approfondimento con il Team Manager della Tinkoff-Saxo, ci siamo decisamente allontanati dalle tematiche inerenti il team russo. Per puntare la nostra lente di ingrandimento sull’attuale stato di salute del nostro movimento, senza dubbio ringalluzzito dal successo di Vincenzo Nibali sulle strade di Francia, ma ancora nel pieno di una crisi della quale non è tuttora facile scorgere la via di uscita. Ad ogni modo, segnali di ripresa si iniziano a scrutare. Per esempio, il trend che vedeva le squadre straniere restie ad ingaggiare corridori italiani sembra essersi definitamente ribaltato, anche se la questione più spinosa è quella della progressiva scomparsa delle squadre italiane dal ciclismo che conta.
«Il vero problema è che non ci sono più squadre italiane, per una serie di motivi strutturali del sistema ciclismo e dello sport italiano in generale, che impediscono alle squadre di mantenere la loro sede in Italia. Nonostante questo, il numero di corridori italiani è rimasto tra i più alti: non sono diminuiti i nostri corridori, che giocoforza si sono accasati in formazioni straniere. Lo stesso discorso vale per i tecnici, i direttori sportivi, i meccanici e i massaggiatori: il numero di italiani nel circuito è comunque sempre molto alto. Ho collaborato con il CONI su un progetto di riforma della legge sul professionismo, che secondo me è uno dei passi fondamentali da effettuare per poter rilanciare il movimento italiano. Ripeto: oggi costruire una formazione professionistica in Italia non permette di essere competitivi non solo rispetto alle squadre lussemburghesi, svizzere, inglesi, ma anche a quelle francesi e spagnole».
Se il futuro delle squadre italiane sembra assai nebuloso, le cose non sembrano andar meglio - tutt’altro- alle corse di casa nostra, che secondo alcuni potrebbero essere ulteriormente penalizzate dalla proposta di riforma dei calendari avanzata dal nuovo presidente dell’UCI Cookson. Le considerazioni di Feltrin sul tema meritano di essere prese in considerazione.
«Anche in questo caso c’è da fare una profonda riflessione. C’è da ripensare, ad esempio, il concetto di gara professionistica. È chiaro, tutti vogliono avere i campioni, ma altrettanto evidente che in un ciclismo globalizzato e internazionale, ci siano tante corse che prima non c’erano e che vanno a penalizzato il calendario italiano. Questo, però, non significa che non ci siano corse che possano avere un futuro. È necessario tuttavia pensarle in maniera diversa, collocandole all’interno di una riforma complessiva del movimento. Sicuramente bisognerà vedere cosa cambierà con la riforma del ciclismo professionistico, ma per esempio l’ipotesi di affiancare le squadre di sviluppo giovani a quelle professionistiche è di estrema importanza, perché potrebbe rappresentare comunque un ciclismo di altissimo livello in grado di garantire sbocchi diversi da quello delle corse principali. Immagino, ad esempio una formazione come la nostra, con una squadra di sviluppo che possa andare a correre tutte le corse del calendario italiano con una struttura e un’organizzazione estremamente professionali e con dei corridori di grande livello. Se poi sarà consentito, come è nelle ipotesi, di utilizzare anche dei corridori della prima squadra, ecco che si potrebbe rilanciare un calendario con dei corridori che sono delle promesse, ma anche con dei campioni che possono essere inseriti di volta in volta nella formazione di sviluppo, e viceversa».
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