Quando vi siete conosciuti?
«Richie ha iniziato a pedalare a 21 anni, prima aveva praticato nuoto, triathlon e surf. È arrivato in Italia nel 2007 grazie a Stefano Fiori e ben presto mi ha chiesto di seguirlo. Il primo anno che abbiamo iniziato a lavorare insieme è stato molto sfortunato: nella Parma-La Spezia è stato coinvolto in un brutto incidente, un’ammiraglia lo prese in pieno in galleria e si ruppe il bacino così dovette stare fermo a lungo, ma appena rientrato alle corse è tornato ben presto a vincere. Fin da giovane ha dimostrato le sue grandi potenzialità».
Che tipo è?
«È un ragazzo molto serio, posato, che sa quello che vuole. Nei suoi occhi già allora vedevo la voglia di arrivare. Quando si è trasferito da me, a Mastromarco, e ci siamo stretti la mano per la prima volta ricordo che mi ringraziò centomila volte, come se gli stessi facendo un favore a prenderlo in squadra. In realtà era già un buon corridore, per me investire su di lui era tutt’altro che un azzardo. È un ragazzo davvero in gamba, si merita tutto quello che gli sta capitando».
Regalaci qualche aneddoto.
«Il giorno in cui si è fatto conoscere al mondo fu al GiroBio del 2009 quando vinse la tappa a cronometro davanti a un certo Adriano Malori. Quella fu la sua consacrazione. Cos’altro posso raccontarvi? Un altro episodio che non scorderò mai è il giorno che lo accompagnai personalmente a firmare il suo primo contratto con Bjarne Riis per la Saxo Bank. Era un giorno di ottobre, ci incontrammo a Fanano sulle colline modenesi. Di questo sono orgoglioso, oltre che per le sue doti indiscusse è passato professionista anche grazie a me».
Cosa ti aspetti potrà fare in questa Grande Boucle?
«Sono certo farà bene. Vincere con un Nibali così è molto difficile ma il Tour è ancora lungo quindi sono fiducioso per lui. La classifica parla chiaro, Richie è il rivale più temibile per la maglia gialla. Vincenzo dalla sua ha un’ottima condizione, una squadra davvero forte e un ds che ci sa fare. Giuseppe Martinelli sa come si vince il Tour, ci è già riuscito con Pantani, e lo ricordo come un tecnico davvero sveglio. In Carrera l’ho avuto in ammiraglia, un giorno mi scrisse su un bigliettino: “ricordati che a Natale è sempre bello andare in bicicletta”. Correre in bici comporta grandi sacrifici, come allenarsi il 25 dicembre, ma il lavoro paga sempre».
Sinceramente, per chi fai il tifo?
«Da buon italiano dico “forza Vincenzo”, però per il legame che mi unisce a Richie il cuore batte per Porte. Ci sentiamo via mail e whatsapp, quando riusciamo ci vediamo, l’anno scorso per esempio è venuto tre giorni al mio agriturismo per visionare il tracciato mondiale e abbiamo pedalato con piacere insieme. Gli auguro il meglio perché se lo merita».
Giulia De Maio
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