BOTTA&RISPOSTA con Manuele Boaro

| 30/07/2011 | 10:03
Ha fatto un bel salto Manuele Boa­ro, ventitreenne di San Zenone degli Ezzelini (Tv), dal mondo dilettantistico a quello dei professionisti. Al primo anno nella massima categoria è infatti approdato nel team del corridore più forte.
Come hai fatto a entrare alla corte di Alberto Contador?
«Grazie al mio procuratore Mo­re­no Nicoletti. Non mi rendo ancora quasi conto di dove sono arrivato, ma cerco di vivere questa grande opportunità giorno per giorno, dan­do il meglio di me e sperando che duri il più possibile».
Com’è stato l’impatto tra i big?
«Vanno forte, ma io sono un tipo spavaldo, quindi cerco di entrare nelle fughe per prendere il ritmo giusto. Con calma sto capendo co­me vanno le gare per inserirmi al meglio».
Sei il più giovane della squadra: come ti trovi?
«La Saxo Bank Sungard è una squa­dra nella quale posso imparare da tutti. Ricevo i consigli che mi arrivano da Matteo Tosatto, da Nick Nuyens, da Alberto Con­ta­dor e da tutti i membri del team. Ogni insegnamento è prezioso per il mio futuro. Con Alberto ho cor­so poco, ma ho capito che è un ra­gaz­zo umile, gentile e disponibile».
Da piccolo cosa volevi diventare da grande?
«Un corridore professionista. Era il mio sogno nel cassetto e, a dire la verità, lo è tutt’ora che è diventato realtà. Sono fortunato».
Come hai scoperto il ciclismo?
«Grazie a papà, ciclista amatore, che mi ha accompagnato a vedere una corsa di giovanissimi vicino casa. Da quel giorno mi è scattato il pallino per la bici. Prima gara da G5 con la maglia della UC Doria e una piccola Melchioretto azzurra, da qualche parte ho il video».
Da quando sei passato prof com’è cambiata la tua vita?
«È iniziato il bello. Fino all’anno scorso vedevo il ciclismo come uno sport, ora è a tutti gli effetti il mio lavoro. Devo andare forte, sa­permi relazionare bene, rinnovare il contratto e fare tutto ciò che è mio dovere al meglio. Sono quasi sempre lontano da casa, con la va­ligia aperta».
E ti sei messo anche a studiare.
«Sì, io che ho scelto una scuola pro­fessionale di tre anni per carrozzieri davvero easy perché non amavo stare sui libri ora mi trovo a seguire un corso per migliorare il mio inglese. Quando sono alle corse ne approfitto per parlare e correggere la pronuncia; è difficile, ma anche in questo mi sto ap­plicando al cento per cento».
Se non fossi riuscito a diventare un ciclista cosa pensi avresti fatto nella vita?
«Bella domanda, me la sono posta tante volte. L’anno scorso, dopo cinque anni tra i dilettanti, pensavo di smettere e di uscire dall’ambiente sportivo. Riflettendoci, for­se avrei fatto il pompiere».
Che ragazzo sei?
«Penso di essere simpatico, buo­no, sempre disponibile. Sono an­che un tipo pignolo, ordinato e mol­to meticoloso, sia che si tratti della bici, che della valigia».
Cosa non può mancare quando vai a correre?
«In borsa ci deve essere tutto, in pri­mis il corno portafortuna che ho comprato quando sono passato professionista».
Che corridore sei?
«Le cronometro sono da sempre la mia specialità, ma tra i grandi non è facile emergere. Devo ancora ca­pire dove posso arrivare nel mon­do del professionismo. Di certo cerc­herò di sfruttare al meglio le possibilità che mi si offriranno e mi metterò a disposizione dei miei compagni ogni volta che serve. So­no uno di cuore, posso essere un buon gregario».
Chi ti segue nella tua professione?
«Oggi sono molto autonomo, nelle categorie minori mi assistevano i miei genitori: papà Giordano e mamma Marisa. Ho una sorella più piccola, Jessica, che però è al­lergica allo sport (sorride, ndr)».
Una tua passione oltre alla bici?
«Il modellismo statico. Nella mia camera ci sono più di 500 macchinine, piccole auto di tutti i tipi».
Sei fidanzato?
«Con Maria Luisa, da tre anni. Quando non corro, passo il mio tempo con lei, mio vero punto di riferimento».
Quali sono i tuoi obiettivi per quest’anno?
«Affronterò tutte le corse a cui prenderò parte con lo scopo di far bene. La squadra per ora sembra soddisfatta di come sto andando e questo per me è già una vittoria, cercherò di continuare a crescere e di imparare il più possibile».
La corsa dei sogni?
«Mi piacciono le classiche, non so dirti quale in particolare perché per ora le ho viste solo in tv. Di­cia­mo che mi vedrei bene al Fiandre, più che a un grande giro a tappe in cui credo farei troppa fatica».
Nel futuro come ti immagini?
«Mi auguro di poter vantare una bella carriera e di guadagnare il giusto per metter su famiglia. Se non diventerò un grande campione, sarò onorato di essere un buon gregario».

da tuttoBICI di luglio
a firma di Giulia De Maio

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