Allenamento, doccia, pranzo e riposo. La solita routine che lo fa stare bene. Poi Mario Cipollini è pronto a parlare di Tour de France edizione 111 che prende il via con la Florence-Rimini (come da sito ufficiale).
Mario, è chiaro che questo Tour ruoti attorno alla condizione di Vingegaard. Concordi?
«Naturalmente, anche se secondo me bisogna fare una premessa. Il Tour è una corsa completamente diversa da Giro e Vuelta. Al Tour si crea una pressione su ogni singolo, meccanici e massaggiatori compresi, che è diversa. Molto più intensa. Questa pressione provoca tensione. Una tappa al Tour, come stress, è come l’Olimpiade. Forse superiore a un mondiale. E questa pressione è difficile da gestire per tre settimane. Poi io il Tour lo dividerei in due parti. La prima, di dieci giorni o due settimane, con lo stress legato alla trappola delle cadute. La terza settimana durissima invece a livello organico anche perché il carico di stress delle prime due settimane influenza inevitabilmente il recupero. In passato Pogacar ha pagato la terza settimana mentre Vingegaard è andato in crescendo. Quest’anno le parti potrebbero essersi invertite visto che la Visma ha i tre big - Vingegaard, Laporte e Van Aert - che si presentano al via senza le verifiche della corsa. Tra l’altro loro, e questa è un’altra legnata, non avranno Kuus».
Adesso ci arriviamo, ma credo bisogni cominciare con il domandone: come sta secondo te il danese vincitore delle ultime due edizioni ma al rientro dopo essersi fracassato ai Baschi?
«L’incidente che ha avuto è stato pesante e ha condizionato il suo avvicinamento alla corsa. Uno stop che in genere ti fa sorgere il presagio di abdicare. Però non mi pare che questa sensazione il danese l’abbia avuta e questo è segno che lui ci crede e ha voglia di confrontarsi. Però neppure lui ha certezze. Credo che nel suo intimo qualche dubbio, qualche titubanza, l’abbia. Il suo approccio e quello del team, sarà quello di fare passare più giorni possibili vicino in classifica a Pogacar per poi sperare in una terza settimana stellare».
Hai sentito che la Visma ha attrezzato una control room: che ne pensi?
«La usano per monitorare, oltre che i propri, i dati degli avversari in ogni minimo dettaglio. La vieterei subito perché oltretutto credo sia una grande violazione della privacy. Un po’ come se tu mentre sei in casa con la tua famiglia venissi spiato con un’antenna da altri».
Passiamo al suo grande rivale e, forse, favorito: Pogacar. Qual è la grande difficoltà nel fare il bis dopo il Giro?
«Tadej ha un’occasione d’oro per scrivere una pagina storica. Non credo che al Giro si sia affaticato più di tanto. Anzi, se avesse fatto uno stage in altura si sarebbe stressato di più. Poi lui ha un atteggiamento da Campione con la C maiuscola. La grande sfida, l’impresa, lo eccitano».
Pare che una decina di giorni fa abbia avuto una forma leggera di Covid. Ci credo poco, non è magari un modo come un altro per togliersi un po’ di pressione?
«Su questo la sua comunicazione è stata molto contrastante. Ha detto del Covid, ma anche del fatto che non si è mai sentito in una condizione così alta. La forma migliore di sempre. Una pubblicità di sé stesso che capisco poco visto che, da sempre, chi punta alla vittoria cerca all’inizio di nascondersi. È una cosa che mi colpisce anche perché parte già da guardiano del Tour e la sua Uae ha una fortissima responsabilità».
Pogacar soffre il caldo ma dice di essere migliorato.
«Credo sia possibile. A me sembra più magro. Non so dire quanto, ma più magro».
Il grande e indimenticato professor Aldo Sassi mi diceva: «Il grasso, oltre a incidere sul peso, è come una coperta messa su un motore. Lo fa surriscaldare, funziona male e poi scoppia».
«Verissimo. Funziona così. Poi per l’adattamento al caldo c’è anche una funzione genetica e su quello puoi fare poco».
Per la maglia gialla lotta a due o potrebbe inserirsi qualcun altro? Roglic per esempio.
«È un gradino sotto loro due, ma non è da sottovalutare anche perché nella Red Bull Bora ci sono anche Hindley e Vlasov. Occhio».
Sai cosa ti dico: sono curioso di vedere all’opera Bernal. E spero vada forte. Non ha fatto una brutta prima parte di stagione.
«Credo che stia cercando di tornare ad alti livelli. L’incidente che ha avuto due anni fa è stato tremendo. Sta risalendo lentamente, ma ce la farà a tornare in cima?».
Che Tour ti aspetti da Remco? Tutto per le crono e con il pensiero all’Olimpiade?
«Suscita grande interesse ma credo debba ancora crescere per puntare alla vittoria contro questi avversari. Per lui vedo più un Tour come super-preparazione in vista dell’Olimpiade».
In conferenza con la mascherina non mi è piaciuto. Il ciclismo è l’unico sport dove si vede ancora.
«Magari è stato consigliato. Magari ha paura di ammalarsi. Il ciclismo è un circo con il suo tendone. Oggi ti ripari in conferenza e da domani sei in gruppo a prenderti in faccia le ‘smaccarate’ degli altri».
Noi, come italiani, non prendiamo palla da Val Thorens 2019: vittoria di Nibali.
«Speriamo faccia qualcosa di buono Bettiol».
Ciccone lo vedi per il bis a pois?
«Anche per lui questa è stata finora una stagione travagliata. Va un po’ alla ricerca di sé stesso. Per la maglia a pois dipende anche dalle situazioni che si creano in corsa. Magari punta a una tappa».
Chiudiamo in volata: Cavendish ha 39 anni e un’ossessione: battere Merckx. Attualmente entrambi hanno 34 vittorie di tappa alla Boucle. Ce la farà Mark? Secondo me, no.
«Anche secondo me. Le ultime volate che ha vinto mi sono parse un po’ pilotate e al Tour non piloti niente. Se Philipsen ha Van der Poel che gli tira le volate non ce n’è per nessuno. Poi te la posso dire tutta?».
Avanti.
«Spero che il record resti a Eddy, anche se per una cosa ‘minore’ nel contesto della sua leggendaria carriera. Vedere in una classifica Cavendish davanti a Merckx non mi sembrerebbe una forma di religioso rispetto verso il ciclismo».
Cipo ci sentiamo domani che si riparte con ‘La zampata”. Preparati.
«Vai! Sono pronto»