Sa che sta per arrivare qualcuno di importante, ma non sa chi. Lo sa bene Alessandro Colnago, il nipote di Ernesto, nonché direttore de “La Collezione”, ma il Maestro è all’oscuro di tutto. Poi ecco che la porta si apre e il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana si palesa davanti all’Ernesto che lo accoglie da par suo, sotto gli occhi luminosi del nipote Alessandro e dell’Assessore agli Enti Locali Montagna e Piccoli comuni Massimo Sertori, oltre al sindaco di Cambiago Grazia Mangiagalli. «Era da tempo che volevo venire a vedere questo gioiello della memoria – spiega il presidente -. So quello che Ernesto Colnago rappresenta per l’industria della bicicletta nel mondo, per la laboriosità lombarda, per la storia del ciclismo, ma volevo venire a vedere di persona questo museo di cui ho sentito solo parlare un gran bene e devo dire che qui i sogni sono ben custoditi».
Si aggira tra le sale rapito da quelle biciclette che hanno percorso chilometri e scalato montagne. Si informa di tutto, di ogni immagine… «Questa foto di me bambino con i calzoncini corti è stata tagliata per non far vedere le scarpe – gli precisa l’Ernesto -: erano un 41 e io in quel momento avevo il 37, sembravo Charlie Chaplin…».
Il presidente ascolta e riconosce atleti e storie, momenti e vittorie: questa è la bici del record dell’ora di Eddy Merckx e questa è quella di Saronni al mondiale di Goodwood. Ernesto è lì, a fare da cicerone, con energia e velocità: come sempre, nonostante pedali verso i 92…
Poi ecco le biciclette della Mapei… «Che persona squisita era Giorgio Squinzi e la dottoressa Adriana Spazzoli: persone speciali – racconta Fontana -. Giorgio aveva una passione per le due ruote smisurata. Ricordo che nel 2008, quando a Varese abbiamo organizzato i Mondiali, era sempre lì per dare il suo apporto, i suoi suggerimenti. Una famiglia - gli Squinzi - di un’umanità speciale. Oggi ho a che fare con Veronica, la figlia, che bella persona…».
Ed ecco la bici del record dell’ora di Tony Rominger e quelle “targate” Ferrari by Colnago. «Pensa che Enzo Ferrari mi sgridò anche, perché ad un certo punto io gli dissi che a cinquant’anni non potevo imbarcarmi in una nuova avventura, quella del carbonio… Mi disse vergognaaa! Alla tua età io ho creato la Ferrari!». Poi ecco le bici della Roubaix di Franco Ballerini e poi quella di Tadej Pogacar, due volte vincitore del Tour. «Il prossimo anno la Grande Boucle partirà dall’Italia: Toscana ed Emilia hanno fatto un gran colpo, ma anche noi della Lombardia stiamo facendo tanto per il ciclismo e sempre di più vogliamo fare», precisa il presidente.
Attilio Fontana si muove in uno spazio a lui familiare, come se fosse in una Pinacoteca di Brera del ciclismo, un Palazzo Te delle due ruote, in un’Accademia Carrara della bicicletta. «Questo è uno spazio da visitare e da vedere assolutamente – dice -. Qui le scuole devono fare tappa. Per chi facevo il tifo io da ragazzino? Per Fausto Coppi e poi per Gastone Nencini. Oggi, mi piace vedere e tifare tutti: sono troppo bravi, anche se quel Pogacar…».
È trascorsa un’ora, volata via in un amen. È tempo dei saluti e del commiato, ma anche di appuntamenti. L’Ernesto gli regala il suo libro, il Presidente gli dona lo stemma della rosa camuna, «È meno importante di quello che hai già (Cavaliere del lavoro, ndr), ma è importante anche questo, soprattutto è importante che tu ce l’abbia», gli dice il Presidente, non prima però di averlo invitato a Palazzo Lombardia, il grattacielo della Regione, per vedere Milano dall’alto. «Ci vengo, ci vengo sicuro: non ho mai sofferto di vertigini», dice questo piccolo grande e immenso uomo della bicicletta, che ha portato Cambiago, la Lombardia e l’Italia nel mondo.
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