Quando se ne va un ragazzo di 17 anni non ci sono molte parole che si possono usare. Non si può nemmeno parlare della sua vita, perché ce l’aveva ancora tutta davanti. Si può solo piangere e far sentire la propria vicinanza a parenti, amici e conoscenti.
Quel che si può dire di Jacopo Venzo è ciò che hanno sempre raccontato i compagni di squadra e amici: era un bravo ragazzo, tranquillo, di buone maniere, di ottima compagnia. Era di Cartigliano e frequentava il liceo artistico De Fabris di Nove (Vicenza), aveva appena finito il terzo anno e si apprestava a cominciare il quarto. Correva in bici, con la Campana Imballaggi Geo&Tex Trentino, dopo essere cresciuto da esordiente e allievo con il Velo Junior Nove.
Era un ottimo corridore, adatto ai percorsi impegnativi, quest’anno si era piazzato nei primi 20 in una classica internazionale come il Giro di Primavera e aveva indossato la maglia del Veneto ai recenti Campionati Italiani juniores di Pieve del Grappa. Si ispirava ai grandi campioni, ma quello che ha sempre ammirato di più era Vincenzo Nibali. La sua corsa dei sogni, però, era la Parigi-Roubaix, anche se forse non era troppo adatta a un passista-scalatore come si definiva lui.
La sua storia, però, era ancora tutta da scrivere, forse nel ciclismo, sicuramente nella vita. Il dolore è grande per noi, non si riesce a immaginare cosa possa essere per la sua famiglia e i suoi amici. E per i suoi compagni di squadra, che hanno pedalato al suo fianco fino all’ultimo istante e che si ritrovano a 17-18 anni a fare i conti con una situazione che nessun ragazzo di quell’età dovrebbe affrontare. Perché, vale la pena ricordarlo, a quell’età sacrificano tanto per inseguire la passione per la bicicletta. Senza avere la certezza di vincere o togliersi delle soddisfazioni, ma semplicemente per il gusto di pedalare. E poi devono vivere anche giornate come queste. Ingiusto.
Ciao Jacopo.
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