Un anno vissuto ciclisticamente, pericolosamente, vittoriosamente. Un anno cominciato con una maglia arcobaleno e concluso con un’altra maglia arcobaleno. Julian Alaphilippe, due volte campione del mondo.
“Julian Alaphilippe – il mio anno iridato” (alvento-Mulatero, 192 pagine, 23 euro) è il diario autobiografico di uno di quei corridori che fanno innamorare del ciclismo. Attaccante per natura, coraggioso per carattere, imprevedibile per scelta. Atleta da classiche, forse anche da giri, certo da emozioni e brividi. Tutta roba forte.
Ed è forte anche il libro. Dalla citazione iniziale: “Oh, le difficoltà non mi sgomentano – disse d’Artagnan -, temo solo le cose impossibili”. Al primo trionfo mondiale a Imola nel 2020: “Per resistere alla rimonta dei miei avversari avevo dovuto sopportare un dolore fisico veramente orribile. Pur di non crollare, ero andato oltre i miei limiti”. Dalla Liegi-Bastogne-Liegi, la prima corsa da campione del mondo: “Sono così travolto dalla voglia di vincere che non mi so controllare. Mi rialzo e allargo le braccia, ma vedo alla mia destra che Roglic, con un colpo di reni, mi rimonta proprio sulla linea del traguardo. In testa ho una confusione totale. Come ho potuto fare una cazzata del genere?”. Alla Freccia del Brabante, la prima vittoria da campione del mondo: “Aspetto fino all’ultimo a lanciare lo sprint. Vinco la corsa senza essere il più forte, la vinco con la testa”. Dal Giro delle Fiandre, il giorno in cui la stagione 2020 finisce: “A 35 chilometri dall’arrivo, su una strada larga, andiamo a tutta. Non sento il rumore della moto che sta davanti a noi. Sono dietro van der Poel, leggermente spostato a sinistra. Scarto sulla destra per mettermi in scia e, nel momento in cui Mathieu si sposta, vado a sbattere violentemente contro la moto. Impossibile evitarla”. Alle settimane trascorse con il gesso prima di cominciare la stagione 2021: “Le fratture non si sono completamente saldate”.
E ancora, in un vortice di calendari e appuntamenti, impegni e obiettivi, viaggi e il pronti-via del 2021: il secondo posto nella Strade Bianche, il primo in una tappa della Tirreno-Adriatico, il primo nella Freccia Vallone, il primo nella prima tappa – con tanto di maglia gialla – al Tour de France... Fra i dubbi che assillano anche (o forse soprattutto) i campioni, fra le incertezze di una passione-professione dove la linea di confine fra avventura, disavventura e sventura è un attimo, fra le gioie della vita, prima quella di diventare padre, ma anche i dolori della vita, primo quello di perdere il padre, fra pensieri e confidenze, mai banali. “Sono francese ma, ripeto, la mia cultura ciclistica è belga”, “Non posso permettermi di dichiarare una cosa tipo: ‘Sono qui per dare il massimo, poi vedremo quale sarà il risultato...’. Un quinto posto, per esempio, sarebbe visto come una sconfitta. Credetemi, non è facile reggere tutto questo”, “Si vive in un’epoca totalmente folle”.
Il finale, si sa, è lieto: a Lovanio 2021 Alaphilippe concede il bis mondiale, “la vittoria perfetta”. A questo punto del libro, l’attaccante per natura, il coraggioso per carattere, l’imprevedibile per scelta non ha più segreti. Ed è inevitabile sentirsi partecipi della sua rotonda felicità.
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