Va fort cme Gana. Dicevano che andasse forte come Luigi Ganna, il primo vincitore del Giro d’Italia, quello del 1909. Gana, in dialetto reggiano, con una sola enne.
Era un bambino, Agostino Corradini, quando si guadagnò quel soprannome – Gana, o anche Ganèin, il piccolo Ganna - che da allora lo accompagna. I vecchi di Scandiano, vecchi anche se forse avevano la metà degli anni – 90, quasi 91 – di Ganèin adesso, organizzavano sfide podistiche: tre giri della piazza stando sotto i portici. Il primo sarebbe stato premiato con un gelato. Poi, spesso, il gelato era offerto a tutti. L’importante, spiegava qualcuno, o forse non c’era neanche bisogno di spiegarlo, era partecipare.
Ganèin ne ha fatta di strada. In salotto ha uno scatolone con i ritagli e le foto della sua carriera sportiva agonistica, a piedi, in bici, con gli sci, e chissà quanto altro ancora. Tre volte campione italiano Uisp, tre volte campione italiano cicloturisti, 24 volte la Marcialonga, tre volte la Vasaloppet, tre volte la Finlandia-Hiihto, due volte la Maratona di New York e un’altra cinquantina di maratone, più volte anche la ciclistica Maratona dles Dolomites. “Mi sono divertito”, dice. Se l’è tutte sudate. Ma la distanza lo valorizzava, la fatica lo appagava, la sfida – con se stesso, innanzitutto – lo esaltava.
Avrebbe da riempirne un libro, Ganèin. “Ho girato il mondo senza soldi”, premette. “Il minimo per sopravvivere”, precisa. “Dormivo in macchina, andavo a pane e acqua, mi rifocillavo a pane e salame”, spiega. “Quella volta che sono caduto in bici e mi sono fratturato la clavicola, una frattura esposta, e in bici sono tornato a casa. Quella volta che correvo con il braccio ingessato. E tutte quelle volte che partivo da casa, sempre in bici, per andare a trovare prima i parenti, poi la morosa: ma abitavano a Genova, ed erano 250 chilometri all’andata e 250 al ritorno, forse allungavo un po’, ma i Giovi erano più dolci del Cerreto”.
Ganèin l’originale: “Non tenevo a Bartali o a Coppi, il mio eroe era Adolfo Leoni, il reatino, bello come un attore. Anch’io, come lui, avevo un taccuino dove registravo tutte le mie morose”. Ganèin il solitario: “Fin da quando, da ragazzo, m’infilavo negli orti per rubare frutta e verdura”. Ganèin il buono: “Qui a Scandiano organizzavamo il Trofeo Torcicollo, e a vincere era sempre Wilson, un ragazzo disabile”. Ganèin il direttore sportivo: “Fra i miei corridori anche Lauro Grazioli, che sarebbe diventato professionista, gregario di Adorni e Merckx”. Ganèin perfino il massaggiatore: “Ero stato da Giannetto Cimurri, e quello che lui aveva fatto a me, io cercavo di farlo sui miei corridori, il risultato non era lo stesso, ma ai corridori servono non solo buone mani ma anche buone parole, da pronunciare e da ascoltare”. Ganèin l’abitante di Montebabbio: “Una delle salite della Settimana internazionale Coppi e Bartali”. Ganèin il realista: “La più grande impresa? Aver portato la mia carcassa fino ai 90 anni”. Per la precisione: 90 anni e otto mesi. Da molto piccoli e da molto grandi, i mesi fanno la differenza.
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