Il “Rosso di Buja”... non è più di Buja: da un po' di tempo Alessandro De Marchi abita con la moglie Anna e i figli Andrea, 3 anni e mezzo, e Giovanni, 6 mesi, ad Artegna, sempre nel cuore del Friuli.
«Il mio 2022 – afferma Alessandro, che il 19 maggio avrà 36 anni – non è iniziato benissimo: anch’io ho avuto i malanni che caratterizzano questo periodo. Ora mi alleno in vista di Tour of the Alps, Liegi-Bastogne-Liegi e soprattutto Giro d’Italia. La corsa rosa non sarà l’unico grande Giro per me in questa stagione, ma con lo staff della Israel PremierTech non ho ancora deciso quale sarà l’altro mio grande Giro del 2022».
De Marchi calca le scene del professionismo dal finale della stagione 2010: debuttò come stagista nell’Androni del “Principe” Gianni Savio. «Nella carriera dilettantistica – fa notare Alessandro – non ho vinto tantissimo: i successi più significativi li ho ottenuti col Cycling Team Friuli di patron Bressan. Ricordo con piacere le vittorie di Biella e Verona».
Alessandro, lei in carriera ha vinto tre tappe alla Vuelta a Espana in differenti edizioni. Tuttavia pare che a livello promozionale il 2021 sia stato l’anno migliore della sua carriera: 2 giorni in rosa al Giro d’Italia e trionfo alla Tre Valli Varesine.
«“In effetti nel 2021 mi sono preso soddisfazioni grandi malgrado una caduta che ha spezzato la stagione. A livello promozionale è stato importante indossare la maglia rosa. E la Tre Valli che ho vinto è una gara che, specialmente negli ultimi anni, ha un gran numero di campioni al via. Le squadre World Tour alla Tre Valli sono in stragrande maggioranza, e con bella quantità di corridori importanti al via. Sì, il successo alla Tre Valli è stato molto importante per me e la mia identità verso la fascia di pubblico che non segue sempre solo il ciclismo. E pure con la maglia rosa ho catturato attenzioni in una fascia più eterogenea di spettatori. E vincere la Tre Valli nel centro di Varese per certi aspetti mi ha procurato più emozioni rispetto ai successi di tappa all’importante Vuelta a Espana».
L’impressione è che a dispetto del certificato di nascita il “rosso” debba dare ancora molto. Sembra un Valverde italiano.
«Non ho ancora raggiunto l’apice e mi riconosco dei margini di miglioramento che vorrei colmare. La mia carriera non è in fase calante, anche se sto per varcare quota 36».
Lei è stato per anni uno dei pupilli del ct Davide Cassani, che le ha anche assegnato compiti importanti in Nazionale. Adesso c’è Daniele Bennati come ct: come va con Daniele?
«Il rapporto col neo-ct è ottimo e la stima reciproca risale a quando Bennati era corridore. Siamo già in contatto e abbiamo parlato del mio programma stagionale. Per farmi convocare dovrò disputare alla grande o il Tour de France o la Vuelta a España. Ribadisco che dipenderà dalla squadra. Ho chiaramente la voglia di mettermi a disposizione della Nazionale al Mondiale e negli altri cimenti».
Anche nelle Nazionali sperimentali che vengono schierate ad esempio a Giro dell’Appennino, Coppa Agostoni, Coppa Bernocchi e altre corse della “Ciclismo Cup”?
«Con gran piacere, e non solo come uomo di punta. Nelle Nazionali sperimentali spesso vengono schierati giovani under 23. Io pur di rendermi utile alla Nazionale sarei disposto a fare anche la chioccia a questi ragazzi».
Riguardo le convocazioni per Mondiali ed Europei, se lei indosserà ancora la maglia rosa al Giro d’Italia sembrerebbe quasi impossibile escluderla dalla Nazionale.
«Il problema è che ho iniziato la stagione agonistica 2022 a singhiozzo e forse nella prima settimana del Giro non sarò molto competitivo. Mi sarebbe piaciuto indossare la maglia rosa in Ungheria e approdare in Italia da leader; è il sogno di molti altri concorrenti. Quest’anno non ci potrò riuscire. Cercherò di prendermi delle belle soddisfazioni quando il Giro risalirà la Penisola, magari con un successo di tappa. Anche alla Liegi-Bastogne-Liegi, classica che mi piace, difficilmente sarò competitivo quest’anno».
Indipendentemente dal programma 2022 del team Israel, oltre al Giro quale corsa a tappe le scalda maggiormente il cuore, la Vuelta o il Tour?
«Per le mie caratteristiche la Vuelta va meglio del Tour. Al Giro di Francia bisogna essere troppo freddi e calcolatori. Con questo non escludo la mia partecipazione al Tour de France: è sempre la squadra a stilare i programmi agonistici di ogni corridore».
Se il mix 2021 con maglia rosa e vittoria alla Tre Valli rappresenta la soddisfazione più grande della carriera, è lecito affermare che la sua delusione più grande sia la vittoria sfumata al Mondiale di Ponferrada 2014 ? Lei era solo al comando a pochi chilometri dall’arrivo.
«Ponferrada è stata un’altra tappa fondamentale del mio percorso di crescita nel professionismo. Ero solo davanti a tutti e forse mi è mancata un po' di freddezza. Certo, con l’esperienza di adesso gestirei la situazione in modo diverso. Delusione no, giornata formativa sì. Ammetto che una vittoria avrebbe cambiato tante cose nella mia carriera, e ci sono andato vicino».
Relativamente alle altre gare ci sono rimpianti?
«Penso che in carriera li abbiamo tutti. Analizzare le corse dopo che si sono svolte è facile».
Lei è alla dodicesima stagione “piena” tra i professionisti. Sono tanti i cambiamenti rispetto al 2011, primo anno per lei con contratto da professionista?
«Nei primi anni tra i professionisti alle gare a tappe capitava alla sera, in hotel, d’incrociare corridori di altre squadre e di fare comunella. Ora non succede più. Siamo diventati tutti più robot nel ciclismo moderno. C’è molta freddezza, anche se adesso siamo maggiormente delle Formula 1 rispetto a 8 – 10 anni fa».
Lei oltre a Giro dell’Emilia e alle tappe alla Vuelta a Espana vanta nel palmares la medaglia d’oro della cronostaffetta mista al Campionato d’Europa di Trento 2021. Cosa si prova ad unire le forze con delle quotate ragazze sempre con l’egida della Nazionale azzurra ?
«Lo sviluppo del ciclismo femminile ha anche fatto nascere nuove specialità. Una è appunto la cronostaffetta mista. E’ tutto molto bello. Adesso il ciclismo è anche uno sport per donne a grande livello».
Alessandro De Marchi ha un sogno extraciclistico?
«Spero che i miei figli possano girare il mondo senza incappare in qualche guerra».
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