C’è un uomo in bicicletta. Indossa giacca formale, pantaloni lunghi e scarpe da città. Sulla spalla sinistra porta un ombrello, sul portapacchi si notano – fra l’altro – una bottiglia di vino, un caciocavallo e un tamburello. L’uomo in bicicletta è visto da dietro, le mani sul manubrio, il piede sinistro che affonda sul pedale. La bicicletta è di un bel celeste quasi Bianchi. Alla destra dell’uomo in bicicletta corrono quattro binari ferroviari.
L’uomo in bicicletta è Gian Michele Montanaro. Il suo ritratto mentre pedala compare sulla copertina del libro “POPOLabile – diario di un viaggiatore musicista... o quasi” (Streetlib, 156 pagine, 15 euro, anche in formato ebook). Musicista di tamburello, ma anche artista, falegname e scrittore (suo quel “Sedimentazioni” reportage fotografico sulla vita delle Obike a Roma, qui già recensito https://www.tuttobiciweb.it/article/1638044652), Montanaro divide l’opera in tre parti: la prima dedicata a pensieri da viaggio ribattezzati “le antiche scritture”; la seconda in cui compila il diario “non troppo segreto”, fra emozioni e sensazioni, concerti e altri pensieri; la terza, intitolata “passato prossimo”, è un altro diario, più estemporaneo. Per avere un’idea della poliedricità di Gian Michele, si può guardare il video “Cucchiai buon appetito”, su YouTube, un minuto e mezzo di virtuosismi sonori e musicali con posate, grattugia, mani e ginocchio.
Ho conosciuto Montanaro in un punto magico in cui si vedono sia il Lago di Bracciano sia quello di Martignano. Ha 47 anni, è di San Potito Sannitico, ma abita ad Anguillara Sabazia. Arrivava da casa in bicicletta, una mountain bike, l’ultima parte in leggera salita, sotto il sole, nel vento. Veniva per spiegare e raccontare quel sentiero sul Monte Chiodo dove, attraverso 14 sculture in legno, ha creato una galleria d’arte speciale, originale, naturale, unica. Una tartaruga, un airone guardabuoi, un serpente, un pesce, una volpe...: di legno. Montanaro li ha creati come Angel (“Mi piace giocare con i nomi: Angel, letto al contrario, è Legna, e Angel non è Angelo né Angela, ma tutti e due, proprio come un angelo”). L’idea gli è venuta durante la prima quarantena da Covid, due anni fa: “Restituire vita agli alberi bruciati negli incendi dolosi. Una via per sfuggire alla prigionia, e infatti la vivevo quasi da clandestino, e un’azione di sensibilizzazione umana. Sono opere a tempo: mi concedevo sei ore di lavoro, divise in due o tre puntate. Con martelli, scalpelli e trapano avvitatore, e la motosega soltanto quando si trattava di tagliare il tronco. Alla gente sono piaciute. Il Parco regionale naturale di Bracciano Martignano mi ha ringraziato. Per me è stato un segno di gratitudine verso la natura, la possibilità di ascoltare il legno e un modo per cercare di ridare bellezza e armonia”.
Ci siamo salutati promettendo di rivederci. Succederà. Le strade delle bici sono infinite.
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