Dopo aver visto e gustato un Mondiale sontuoso, penso al cuore di Alaphilippe. Lo penso e vorrei intervistarlo, lui solo. Prima di tutto, il cuore come sede di passioni e sentimenti, quel cuore che ha indotto un tizio già campione del mondo a provarle tutte, uno strappo dopo l'altro, per umiliare una Nazionale e un intero Paese in casa loro, davanti a trilioni di triliardi d'un pubblico favoloso. Un cuore del genere, che non conosce paura e timidezza, ma solo coraggio e generosità, è davvero un cuore campione del mondo, il più cuore di tutti i cuori.
E poi qualche domandina la farei anche al cuore come muscolo, come semplice organo, sede e centralina di energie vitali: penso a quello che gli è toccato oggi, in una corsa così folle e svalvolata, sempre a tutta, ma più ancora nel finale, sugli ultimi strappi, quando sparando a raffica è riuscito a stroncare altri cuori ugualmente dotati.
Ma forse la differenza sta proprio tutta qui: tra tanti cuori machi e maggiorati, di cilindrata superiore, Alaphilippe ne ha mostrato uno con due turbo incorporati, il turbo della forza fisica e il turbo romantico dei sentimenti, un turbo decisivo, che non si può tanto allenare, perchè mette in gioco le più insondabili energie dell'anima. Anima grande, anima piena.
Forse non s'è capito, ma a me questo bis di Alaphilippe fa un piacere immenso. Mi rende proprio felice. Se non doveva essere italiano, per me doveva essere lui. Senza per questo avercela con i Van Aert, i Van Der Poel, gli Evenepoel, gente che fa benissimo al ciclismo, in senso totale, per come corre sempre le gare in linea, per le legnate che si scambia senza usare mai il braccino. Stavolta, però, viene premiato anche quel tanto di genialità e di imprevedibilità che forse nessuno dei nordici ha ancora mostrato, veri assi nella manica invece per il naif Alaphilippe.
Applausi alla Francia, fischi al Belgio. Ci ha messo soldi, pubblico, festa, ma l'oro deve andarselo a comprare in gioielleria. Quando monta troppa autostima, sono i rischi che si corrono. Dalla loro - dico dei belgi – resta comunque una grande fortuna: nei forzieri nazionali hanno un tale patrimonio di talento (penso alla coppia Van Aert – Evenepoel), che di sicuro non devono preoccuparsi per il futuro.
E proprio a questo punto voglio aggiungere l'ultima riflessione: dopo tutto, questa forza maestosa di Alaphilippe e del Belgio finisce per assolvere agevolmente anche noi italiani. Perdere subito Ballerini e Trentin non è il modo migliore di andare alla guerra, ma comunque poi abbiamo fatto il nostro. Nel momento del fungo atomico, la differenza viene inesorabilmente fuori. Eppure i Colbrelli, i Nizzolo, i Bagioli escono con un bel voto. Soprattutto, con le gambe esaurite e la maglia sudatissima, il che, nello sport e nella vita, resta l'unica cosa a contare davvero.
Piuttosto, sono felice di non avere più nelle orecchie quel Ballan che sulla rete parastatale, dopo l'attacco di Alaphilippe, ci continua a dire “gli azzurri si sono fatti sorprendere”. Se non fosse un ex ciclista, ex iridato, penserei che abbia passato la sua vita davanti ai videogiochi, dove schiacci il bottone e i corridori partono. Amico Ballan, hai notato che non solo gli azzurri si “sono fatti sorprendere”? Amico Ballan, hai notato a che velocità partiva il francese?
Ecco, amico Ballan, facci il piacere.