Voleva esserci, e a giudicare da com’è andata doveva esserci. Tatiana Guderzo ancora non se ne fa una ragione, è straconvinta che una di quelle quattro maglie azzurre spettasse a lei. È una ferita che brucia ancor di più dopo avere visto come si è conclusa la gara in linea delle donne, vinta dall’austriaca Kiesenhofer contro ogni possibile previsione, compresa la sua.
La Guderzo non ha dubbi: nel gruppetto di chi si è giocato le medaglie rimanenti ci sarebbe stata anche lei. «All’inizio non volevo neppure guardare la corsa alla tv, non ce la facevo – racconta -. Mi sono collegata quando mancavano 30 chilometri, ho visto che nel gruppetto davanti c’erano la Longo Borghini e la Cavalli, ho visto atlete che al Giro d’Italia erano con me o dietro di me, e ho avuto la certezza che in quel finale io ci sarei stata».
Guderzo è arrivata ottava in classifica al Giro d’Italia, seconda al campionato italiano in linea, terza a cronometro. «Non essere stata convocata dal c.t. Salvoldi non è stata solo una delusione, è stata una mazzata, un colpo al cuore – si sfoga la marosticense -. Dati alla mano, la forma che avevo al Giro d’Italia non l’avevo neppure al mondiale di Innsbruck, dove sono arrivata terza. Eppure sono rimasta a casa. Per tutta la stagione sono rimasta focalizzata al cento per cento sull’Olimpiade - riattacca -. L’8 maggio in Spagna sono caduta, mi sono fatta male alla spalla sinistra ma non mi sono mai fermata, anche se avevo bisogno di curarmi. Non volevo creare alcuna falla nella mia preparazione. Ora sono qui con la mia spalla dolorante, costretta a dormire sul fianco destro. A vent’anni te la metti via e pensi alla prossima occasione, a 37 no. Non ho potuto chiudere la carriera con la mia quinta Olimpiade, come ha fatto Federica Pellegrini, ed è un boccone amaro da mandare giù».
Tatiana torna sulla corsa olimpica di domenica scorsa, è più forte di lei. Non fa nomi ma serve poco intuito per capire chi, a suo parere, ha usurpato il suo posto da titolare: «Ho imparato che esistono anche le convocazioni sulla fiducia - sbotta sarcasticamente -. Mi pare chiaro che non tutte le italiane abbiano dimostrato di meritare la chiamata a Tokyo. Capisco la decisione del c.t. di portare un’atleta forte in volata (Marta Bastianelli, ndr), ma prima si dovrebbe valutare bene se quell’atleta è in una condizione adeguata per affrontare un’Olimpiade. Alla Cavalli e in particolare alla Longo Borghini, che ha portato all’Italia una medaglia di bronzo, davvero tanto di cappello».
«Non conosco l’austriaca che è scappata via all’inizio e ha beffato – prosegue l’iridata di Mendrisio 2009, terza ai Giochi di Pechino 2008 -. È stata sottovalutata, e in tutta onestà anch’io avrei fatto quell’errore. Va detto che l’Olimpiade è una corsa anomala, le nazionali più forti hanno quattro atlete, le altre meno, gestire la corsa diventa molto difficile». Mentre il mondo ha gli occhi fissi su Tokyo 2020, la stagione delle gare “ordinarie” riprende. Servono gambe e concentrazione, e forse in questo momento per Tatiana Guderzo è chiedere troppo.
«Adesso quello che devo fare è riprendermi. Sabato corro a San Sebastian (è arrivata terza a 1'35" dalla campionessa olimpica della cronometro Annemiek van Vleuten), vedremo come reagiranno la testa e il fisico. Più avanti deciderò assieme ai miei superiori delle Fiamme Azzurre quale sarà il mio futuro: fino a quando correrò e cosa farò poi. Diventare dirigente in ambito ciclistico sarebbe un sogno, spero che mi venga concesso». Le probabilità che Tatiana Guderzo smetta quest’anno sono molte, ma non dipende solo da lei. Se sarà ancora in gruppo, difficilmente rivedremo la grinta che il suo obiettivo supremo, la gara coi cinque cerchi, le ha acceso negli occhi in quasi vent’anni di onorata carriera.
da Il Giornale di Vicenza