Per Alberto Bettiol sono passati due anni da quella spettacolare vittoria al Fiandre, un paragone ingombrante che spesso ha rischiato di schiacciare il grande lavoro fatto dal toscano, ci aspettava tanto e la vittoria non arrivava, eppure lui intanto i risultati li accumulava, mancava solo il sigillo definitivo. Sul traguardo di Stradella il portacolori del team Ef educational Nippo ha cucito un bellissimo successo, una vittoria in solitaria un po’ come successo nelle classiche del nord, con un chilometraggio che per certi versi molto simile. Bettiol in questo Giro sta andando veramente fortissimo ed ha dimostrato a tutti che il ciclismo è fatto di sacrifici che vengono sempre ripagati.
«È stata una vittoria voluta e cercata, la volevo assolutamente, nei giorni scorsi ho lavorato duramente per Carthy, ma questa mattina mi ha dato il via libera, non ci ho pensato un attimo e sono partito - spiega Bettiol -. Ho voluto a tutti i costi prendere parte a questo Giro, il Fiandre è una grande corsa che mi ha indubbiamente cambiato la vita, ma volevo tornare nella mia terra proprio a quella competizione che seguivo da bambino e che mi ha fatto appassionare a questo sport. Vincere è difficilissimo, il ciclismo ci insegna più a perdere che a vincere, ma proprio per questo non bisogna mai arrendersi, il giorno dopo occorre ripartire avendo la forza di riprovarci ancora e ancora. Questa vittoria vale tantissimo, soprattutto per i tanti che mi hanno accusato di aver perso la capacità di vincere, io do sempre tutto me stesso, lo faccio restando umile, soffro tanto ma non mi do mai per vinta. So quanto valgo, dovevo solo dimostrarlo».
È stata una giornata incredibile per Alberto Bettiol che è si è ritrovato nella fuga giusta ma poi ha dovuto vedersela con degli avversari veramente temibili. In prima persona ha dovuto chiudere su uno scatenato Remi Cavagna, spingendo forte sui pedali, più di testa che di gambe.
«Quando si arriva alla terza settimana di un grande giro non si può fare affidamento sulle gambe, conta solo la testa, tutti siamo al lumicino e sono sempre più di meno le occasioni per andare in fuga - prosegue il toscano -. Quando Cavagna è partito ero l’unico che ha tentato di ricucire, gli altri non mi davano i cambi e c’era un po’ di nervosismo, avrei potuto semplicemente arrendermi, ma non ci sono stato, ho accelerato sulla penultima salita ed una volta arrivato sul battistrada gli sono scattato in faccia perché volevo distruggerlo proprio mentalmente. Dall’ammiraglia c’era Breschel che mi dava il distacco, ma i chilometri non passavano mai, mentre pedalavo continuavo a pensare a Mauro Battaglini che l’anno scorso se n’è andato: era il mio procuratore e per me era come un secondo padre, spero che da lassù mi abbia guidato. Subito dopo l’arrivo Nicolas Roche è venuto ad abbracciarci, eravamo in fuga insieme e siamo stati avversari per tutta la giornata, ma appena finito tutto è come se ci fossimo tolte le maglie dei nostri team e fossimo ritornati gli amici di sempre».
Con questa vittoria Alberto Bettiol diventa ancora di più uno dei grandi papabili per la convocazione ai giochi Olimpici di Tokyo, il toscano ci crede e oggi ha dato a Davide Cassani un segnale veramente importante.
«Le Olimpiadi? Beh, oggi penso di aver detto chiaro e tondo che voglio assolutamente andarci. Non so ancora se Cassani mi sceglierà, ma con questa vittoria gli ho dato un bel segnale. Con Davide c’è un bellissimo rapporto, parliamo molto e siamo limpidi tra di noi e sono felice di avergli fatto capire le mie intenzioni, quando passava con la moto notavo che mi osservava. Io sono un uomo di sport e di ciclismo, sono cresciuto con i valori di questo ambiente, partecipare ai giochi olimpici sarebbe un onore immenso.»