Era il 1° maggio del 1950 e, come spesso accade a primavera inoltrata in Belgio, il cielo era grigio, c’era pioggia e le temperature erano ben diverse da quelle che un italiano si aspetterebbe. Quel Primo maggio c’era la Freccia Vallone, Classica delle Ardenne che anticipa la Liegi-Bastogne-Liegi.
Quell’anno la partenza era da Charleroi, la stessa città dalla quale oggi partirà nuovamente La Flèche Wallone. Gli iscritti in quel 1950 erano 200, ma alla partenza si presentarono poco più di 80 corridori. Tra le maglie delle varie squadre, due avevano i colori speciali: quella di Fausto Coppi, campione italiano in carica, e quella del belga Raymond Impanis, anche lui campione nazionale. Quella era l’edizione numero 14 della Freccia Vallone e i chilometri da percorrere fino a Liegi erano 235.
Al via si presentò anche il sole e la temperatura in corsa pian piano diventò più mite. Il nome di Coppi era importante, l’anno prima il 1949, si era aperto con la sua terza vittoria alla Milano-Sanremo e aveva fatto la doppietta Giro-Tour, diventando “Un uomo solo al comando”. Aveva firmato l’indimenticabile fuga nella Cuneo-Pinerolo, nella terz’ultima tappa del Giro d’Italia.
Quella mattina a Charleroi Fausto Coppi era uno dei favoriti per la vittoria, ma c’erano i belgi intenzionati a non lasciare la vittoria all’italiano. Quelli erano anni difficili e in Vallonia gli italiani erano tanti perché c’erano le miniere e in molti dal Belpaese erano partiti per cercare fortuna. Non lontano da Charleroi c’è Marcinelle, divenuta tristemente famosa sei anni più tardi, nel 1956, per quel terribile incendio nella miniera in cui morirono 262 minatori di cui 136 italiani.
Coppi in Belgio era l’eroe dei migranti, capace di portare l’Italia in prima fila sulle strade grigie della Vallonia. Ancora oggi tra Liegi, Mons e Charleroi, si sente parlare italiano, sono i figli di quei minatori che alla radio sentivano parlare delle imprese di Fausto Coppi. Quell’eroe su una bici, capace di restituire ai migranti minatori l’orgoglio di essere nati in Italia.
La corsa partì regolarmente e subito furono i belgi a prendere in mano la situazione e ad andare in fuga. Si trattava dei due valloni di Liegi Jean Breuer e Gustave Dillis, quest’ultimo con la maglia della francese De Dion, che voleva arrivare primo alla corsa di casa. Per un centinaio di chilometri guidarono la corsa, poi vennero raggiunti dai francesi Chateau e Forlini. La Bianchi intanto controllava la corsa, con gli occhi vigili di Carrea, Milano e Keteleer, mentre Fausto Coppi iniziava a prepararsi.
Il Campionissimo decise di muoversi sul muro di Hautregard e a uno a uno rimontò gli attaccanti. Arrivò quindi sul francese Forlini e lo svizzero Metzeger, per poi scavalcare anche Cerami, l’italo-belga vittima di una foratura. Gli ultimi ad essere ripresi da Coppi furono Chateau e Breuer. Arrivati a 85 chilometri dalla corsa Coppi decide di sferrare un altro attacco sul muro di Malchamps. L’Airone a quel punto aveva spiccato il suo volo, veloce e leggero senza più girarsi si dirigeva verso la vittoria. Una fuga solitaria la sua: era il più forte e si era lasciato ogni avversario alle spalle. Uno spettacolo quello non insolito, Fausto Coppi anche in quel Primo maggio del 1950 era l’Uomo solo al comando. Arrivati sulla salita di Ovifat il suo vantaggio era di 2 minuti e a quella successiva a Barraque Michel i minuti erano diventati 4.
Il volo dell’Airone continuava sulle strade della Vallonia: Fausto Coppi dominò la Freccia come pochi e sul traguardo di Liegi arrivò con un vantaggio di 5’05 su Raymond Impanis, firmando quella che per lui quella era la trentatreesima vittoria per distacco in carriera. “L’Italiano”, così come veniva chiamato Fausto Coppi in Belgio, aveva battuto i padroni di casa: alle sue spalle arrivarono 10 belgi e poi due francesi. Galliano Pividori, fu il secondo italiano a tagliare il traguardo al 14° posto, seguito da Ettore Milano, che con la maglia della Bianchi arrivò 15°. In totale a Liegi arrivarono solo 33 corridori di cui 5 erano italiani, con Coppi vincitore.
Sul traguardo la gente era tanta e c’erano gli italiani, quelli che entravano la mattina prima dell’alba in miniera ed uscivano di notte, uomini che la luce del sole la vedevano solo il giorno di festa, quando in miniera non si andava. Il 1950 fu un anno duro per il Campionissimo, che alla corsa rosa fu costretto al ritiro per una caduta: riportò la tripla frattura del bacino e fu costretto a saltare anche il Tour de France, rientrando solo a fine stagione e conquistando un terzo posto al Giro di Lombardia.
Fausto Coppi in un attimo, quel Primo maggio del 1950, donò ai migranti italiani un momento di gloria: costretti a vivere sotto le lampade delle miniere, avevano avuto la loro rivincita. Fausto Coppi quel giorno vinse anche per loro, riscattando quel popolo di lavoratori costretto dopo la Guerra a cercare fortuna nelle miniere del Belgio.
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