Una Tirreno da urlo e di rara bellezza, di assoluto spettacolo, che manda in solluchero non solo chi il ciclismo lo segue a prescindere, ma va a toccare corde nascoste anche in chi si avvicina distrattamente allo sport della bicicletta. È un ciclismo totale e totalizzante, animato da una generazione di fenomeni, perché Tadej Pogacar e Julian Alaphilippe, Wout Van Aert e Mathieu Van der Poel, per arrivare a Egan Bernal, Remco Evenepoel o Marc Hirschi sono davvero da considerare qualcosa di unico.
Una generazione di corridori che corre per vincere, senza il timore di perdere. Corrono con le radioline (vi ricordate? tolgono fantasia, dicevano: tutte sciocchezze!), ma si affidano a quelle sensazioni che dispensano emozioni. Si divertono come ragazzini al parco, per questo in questi giorni ci si diverte davanti alla tivù come non ci capitava da tempo.
È una generazione di corridori pazzesca, esuberante e sfrontata, che guarda all’oggi senza un domani. Una Tirreno di livello assoluto, grazie a corridori che amano divertirsi, anche commettendo grossolani errori come ieri il fenomenale Mathieu Van der Poel, che fugge a 50 km dal traguardo e arriva ad accumulare oltre 3’ di vantaggio, si alimenta male, si veste male e per poco Pogacar non lo passa nel finale, anzi, viene proprio graziato dallo sloveno e l’olandese sfinito vince per una manciata di secondi.
Pogacar, a soli 22 anni, dimostra ancora una volta non solo forza, ma anche un’intelligenza non comune. Si fa amici (se oggi la Alpecin-Fenix darà una mano alla Uae non ci sarebbe nulla di cui meravigliarsi), mentre alla Parigi-Nizza, il 31enne connazionale Primoz Roglic, mostra i suoi limiti tattici e caratteriali. L’altro ieri, nella stessa situazione di Pogacar, è andato a riprendere e a passare negli ultimi 50 metri il povero Gino Mader. Ieri, lo sloveno spaccone è stato punito. Cade due volte due: nella prima rientra, la seconda gliela fanno miseramente pagare, rimarcando ancora una volta l’antico adagio, pochi possono vincere, in tanti possono farti perdere. E così è stato.
Tornando a questo ciclismo di rara bellezza, manca solo l’Italia. Con questi campioni, sloveni e olandesi, francesi e belgi, svizzeri o colombiani, noi italiani dobbiamo solo pazientare e attendere fiduciosi (Matteo Fabbro è uno dei tanti che sta per arrivare…). Sono tempi così, di mutazione genetica e nell’attesa ci dobbiamo accontentare di scegliere il nostro beniamino forestiero. C’è solo l’imbarazzo della scelta. È vero, per il momento si divertono gli altri, ma ammettiamolo: ci divertiamo anche noi.