Se l’organizzatore di uno dei principali eventi sportivi al mondo si scomoda per venire a casa nostra, il segnale è chiaro: al Tour interessa partire dall’Italia, come non è mai successo in oltre un secolo. E che il patron della corsa francese, Christian Prudhomme, sbarchi a Bologna in un’afosa mattina d’estate per incontrare il governatore dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, e il sindaco di Firenze, Dario Nardella, è un altro forte indizio: l’idea di far decollare da queste terre la più importante gara di ciclismo è vicina a diventar realtà.
Sul tavolo c’è la grande partenza di una delle prossime edizioni: le disponibilità vanno dal 2023 in avanti, essendo già assegnato alla Danimarca il via del 2021 e mancando solo l’ufficialità per quello da Saint Etienne, in Francia, l’anno successivo. Da lì in poi corrono anche l’Emilia Romagna e Firenze, su un asse politico sportivo che ha mosso i primi passi nei mesi scorsi sull’ipotesi di una candidatura comune per le Olimpiadi del 2032: a Prudhomme è stata manifestata l’intenzione di avere il Tour in Italia già nel luglio 2023. Al più tardi, l’anno successivo.
Con Bonaccini e Nardella, assistiti dal ct azzurro Davide Cassani nelle vesti di presidente dell’azienza di promozione turistica regionale, il numero uno del Tour ha parlato di un progetto di tre giorni di corsa e altrettanti di vigilia, secondo consolidato programma dell’evento. Tutto da disegnare il percorso, che dovrebbe comunque svilupparsi su un paio di tappe in Emilia Romagna (la partenza da Bologna o dalla Riviera, dove si svolgerebbero anche le operazioni preliminari, e una frazione più occidentale che potrebbe interessare Parma, la più francese delle città italiane) e un arrivo con la successiva ripartenza a Firenze. Bocche cucite sui costi dell’operazione, altro tema affrontato nell’incontro, che dovrebbero essere decisamente inferiori ai dieci milioni pagati lo scorso anno da Bruxelles per la partenza che ha onorato Merckx. Nel conto andrebbero poi aggiunte le spese per promozione dell’evento, misure di sicurezza e accoglienza turistica.
Dal vertice in Regione, sia Bonaccini che Nardella sono usciti con una forte dose di ottimismo sul buon esito della missione. Sulla quale Firenze punta molto, se non altro per rifarsi di una precedente delusione: il capoluogo toscano si candidò per ospitare la partenza del Tour 2014, per celebrare il centenario della nascita di Gino Bartali, ma gli organizzatori francesi fecero una scelta diversa, puntando su Leeds. Ora ci riprova sposando l’idea dell’Emilia Romagna di fare una cosa senza precedenti, un progetto dai costi elevati, ma dai ritorni altissimi in termine di ricaduta sul territorio: si calcola che ogni euro investito nel Tour ne restituisca almeno il triplo all’economia delle sedi di tappa, come succede quando c’è la possibilità di esibire le proprie bellezze in una vetrina mondiale. Uno stimolo in più per Firenze, città che nel ciclismo è stata capitale per l’ultima volta nel 2013, con i Mondiali, che dal 2017 è fuori dal Giro d’Italia e che soprattutto cerca l’occasione buona per ricordare il suo Bartali: di tutte quelle a disposizione, la più affascinante.
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