È la politica bellezza e anche lo sport non può farci assolutamente nulla. Anzi, può fare qualcosa: magari un po’ di politica e anche di attesa, che è poi quasi la stessa cosa. Ci vuole pazienza e i grandi dirigenti sportivi che in questi mesi hanno accettato di starsene silenti e disponibili con il Governo perché non si sa mai, perché è meglio non disturbare il manovratore, perché forse qualcosa in più e di meglio si riesce a portare a casa, adesso scoprono che forse – dico – forse, dovranno pagare un conto ben più salato di quanto loro pensassero.
Si parla di salute pubblica, di protocolli da rispettare e di emendamenti o ordinanze da varare, di testi unici e decreti attuativi, ma in ballo c’è ben altro. Lo spiega alla perfezione Valerio Piccioni oggi sulla Gazzetta. Titolo: “Il grande freddo. Coni e Federazioni si ribellano alla rivoluzione di Spadafora”.
In pratica questo vuol dire «tre mandati per il presidente del Coni che diventano due. Tre mandati più uno per i presidenti federali che diventano tre mandati e basta. Un bel po’ di classe dirigente dello sport italiano rischia di non essere più rieleggibile in base alla bozza del Testo Unico sullo sport, i famosi e tanto attesi decreti attuativi che devono ridisegnare il sistema», questo verga nel suo incipit Piccioni, che aggiunge. «Nel mondo sportivo nessuno parla, ma la mossa del ministro è stata vissuta come un terremoto. È invece scontro palese nel mondo politico, pure nella maggioranza. Italia Viva con Daniela Sbrollini parla di un “blitz di Spadafora visto che le scadenze delle presidenze del Coni e delle Federazioni non erano previste negli accordi di maggioranza”. Spadafora le risponde duramente: “Mi sorprende che di un testo che contiene norme generali e innovazioni importanti per centinaia di migliaia di lavoratori sportivi e atleti, l’onorevole Sbrollini e la gran parte del dibattito si concentrino sul numero di mandati di una decina di persone”.
Sui due passaggi shock, il no al terzo mandato (per Malagò) e il no al quarto per le federazioni (a essere escluso dal conto il presidente paralimpico Luca Pancalli, visto che il Cip è nato come ente pubblico soltanto nel 2018), si sono rincorse nella giornata svariate soluzioni interpretative. Si faceva strada l’ipotesi che Malagò, nella sua qualità di membro Cio potesse avere comunque diritto alla ricandidatura. Mentre alcuni presidenti federali ritenevano ancora in piedi la “norma transitoria”, quella che consente di presentarsi per un ultimo mandato, anche con vent’anni di presidenza nel curriculum. Ma queste interpretazioni non hanno trovato una conferma da parte del ministero dello Sport.
Il Pd, però, non sta a guardare e corre in soccorso. Patrizia Prestipino firma una prima reazione: «A una prima lettura, alcune norme sembrano contra personam». Cioè contro Malagò. «Ma si tratta di un testo molto complesso e articolato, a tratti rivoluzionario, innovativo, a tratti con passaggi che lasciano molto perplessi. Vogliamo approfondire l’esame».
Lo scontro è totale. I presidenti non più candidabili sono un terzo dei 44 in carica: tra questi anche il nostro Renato Di Rocco