“Ci sono 3 cose mi hanno ferito nella vita. La morte di mio padre, la separazione da mia moglie con l’allontanamento dei figli e la terza cosa fu la mancata promessa tua, Ivan Basso, di portarmi alla Liquigas. Quel giorno ti ho mandato un messaggio brutto e da lì non sei più stato l’amico fraterno con cui avevo condiviso anni bellissimi alla Zalf. Ti ho chiamato, mai avuto una risposta in 12 anni. Perché non mi hai avvisato?”.
E’ un Lello Ferrara amaro e schietto quello che ieri sera ha messo a nudo Ivan Basso sul ring del Lello & Friends, nella sua diretta Instagram dove stanno passando molti personaggi del ciclismo italiano e internazionale.
Basso, apparentemente composto, ma emozionato, ha dovuto allentare la cravatta con cui si era presentato ad inizio diretta, prima di articolare una risposta, facendo ricorso a tutta la sua diplomazia, ma senza sforzo di memoria.
Quello che ne è seguito è stato un faccia a faccia lucido da cui ne è scaturita un’escalation di emozioni reciproche.
“Lello, - ha replicato il varesino - dopo la squalifica non era semplice tornare in squadre di alto livello. Il dottor Zani, per prendere me alla Liquigas andò contro il codice etico allora vigente nel Pro Tour. Un’operazione lampo portata avanti da Giovanni Lombardi in 2-3 giorni. Nemmeno io credevo si realizzasse. Non potevo portare un corridore con me”.
E hai aspettato 12 anni per dirmelo?
“Sono successe tante cose. Io sfido chiunque anche te, a gestire meglio quella situazione. Sono stato 18 mesi senza squadra, la pressione addosso con 11 procure che indagavano, ascoltato 15 volte al CONI. Sbagliare nei rapporti è facile. Aiutare tutti in quel momento non era possibile. Certo potevamo gestirlo meglio”.
E quell’anno che mi dovevi portare alla CSC? Pure lì mi fregasti.
Quella era una squadra internazionale, con dei criteri di scelta basati sulla nazionalità e poi era Bjarne Riis che decideva.
F: Non ti senti in colpa con me?
B: “Un piecoro”
F: Siamo più di 900 persone collegate… e mi hai già fregato tante volte. Ora sei un imprenditore, pensi di darmi una mano a rientrare nel ciclismo?
B: "Sai guidare il camion Lello?"
F: “Vattene a quel paese non voglio guidare il camion. Rinuncia a qualcuna delle tue polpette e dammi una mano. Vuoi impegnarti a mantenere questa promessa?”.
B: "Parlerò con Alberto".
F: “Senti Bassotto, questa volta sono stato più furbo di te, perché tutti i curiosi del ciclismo sono qui”.
F: Basso, comunque tu mi vuoi bene?
B: "Sì molto".
F: "Bene allora siamo a posto così. Ora vedi di non chiamarmi tra 20 anni".
B: “No, vengo ancora per presentare Vincenzo Nibali nella tua diretta del 25 aprile”.
L’articolo si potrebbe chiudere qui, ma prima c’era stato anche molto altro che proviamo a riassumere.
RIAVVOLGIAMO IL NASTRO
Ferrara e Basso avevano iniziato raccontando gli anni alla Zalf, una super squadra con anche Michele Scarponi, Giuliano Figueras, Giuseppe Palumbo, Filippo Perfetto.
Subito un ricordo del 2004 quando Ferrara rimane a piedi per un’anomalia al cuore. “Lì invece mi hai aiutato a rientrare con Davide Boifava e Mario Androni”.
Nel 2005 un episodio tragico e segnante per entrambi. Muore Nives, madre di Ivan. Lì i 2 si giurano eterna amicizia.
Nel 2006 Basso vince il Giro d’Italia e poco dopo viene coinvolto nell’Operacion Puerto. La peggior situazione possibile. La Nazionale di Ballerini a settembre è a Varese per il Mondiale e Ferrara è l'azzurro che dedica la sua maglia azzurra all’amico, in quel momento scomodo, andando contro l’opinione pubblica.
Basso ricorda: “Durante la squalifica feci tanti chilometri. Ho provato vergogna e una sensazione brutta, da venerato a bersaglio scelto. Sembrava dovesse esserci una rivoluzione nel ciclismo che poi non c’è stata. Alcune persone che mi hanno accolto, come Aldo Sassi. Con lui ho pedalato 60.000 km in 18 mesi: il mio dovere da sportivo. La squalifica era giusta per il comportamento, ma ingiusta per i miei sogni. Ho accettato ma non a livello morale”.