Pedala che ti passa. Pedala che, con la strada, ti passa la solitudine. Pedala che, il movimento, ti passa la pigrizia. Pedala che, con il vento, ti passa il pessimismo. Pedala che, con la fatica, ti passa la stanchezza. Pedala che, con il silenzio, ti passa anche il rumore. Ma se fosse possibile pedalare nei luoghi più belli del mondo, non sarebbe meglio?
Claude Droussent, già giornalista a “L’Equipe”, ha scelto cento posti in cinque continenti per quattro generi: percorsi stradali, fuoristrada, urbani e lunghi. Così è nato “Pedalare nei luoghi più belli del mondo” (Touring Club Italiano, 208 pagine, 29,90 euro): grandi foto a doppia pagina, brevi descrizioni, dati essenziali, chicche preziose, titoli intriganti.
In Italia, Droussent ha selezionato due percorsi stradali (Ghisallo e Stelvio), due fuoristrada (Alta Badia e Finale Ligure), uno urbano (Padova) e uno lungo (tra Siena e Firenze). Il percorso più a nord è alle isole Lofoten, in Norvegia; il più a sud a Bariloche in Patagonia, Argentina; il più metropolitano a New York, Stati Uniti; il più alto da Manali a Leh in Ladakh, in India; il più ciclistico quei 125 chilometri da Muhanga a Musanze, in Ruanda, la tappa-regina del Tour of Rwanda, nel Parco nazionale dei vulcani, tutto un su-e-giù che si spinge due volte oltre i 2500 metri di quota. Ma la verità è che ciascuna di queste cento mete è di una bellezza e di un fascino incomparabili. E’ che bisogna affrettarsi: un percorso, quello di Rio de Janeiro, è dimezzato causa crollo della pista ciclabile sull’oceano, un altro, quello delle Hawaii, è stato spazzato dall’uragano.
Se avessi la gamba, farei il Passo del San Gottardo, “la strada della tremola”, in Svizzera: 24 tornanti in quattro chilometri, più altri nove chilometri, totale 13 alla pendenza media del 7,4 per cento. Se avessi il coraggio, da Irkutsk a Novosibirsk, in Russia: duemila chilometri lungo la Transiberiana, lottando contro zanzare e orsi, fra lo scioglimento delle nevi e quello del proprio corpo. Se avessi i soldi, allora il Cotopaxi, in Ecuador: è la “montagna di luce”, un vulcano di quasi seimila metri, ma pedalare ai suoi piedi, tra colate e polveroni, è già un paradiso.
Morale: mi godo il librone fotografico e poi, ispirato, galvanizzato, illuso, prendo la bici, esco da casa e comincio a pedalare. Sognando quello che Droussent, avendo gambe, coraggio e soldi, ha osato percorrere.
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