È l'ultimo dei big ad aver detto sì al Tour e, curiosamente, anche l'ultimo a parlare nella lunghissima serie di conferenze stampa che hanno animato i tre giorni di vigilia del Tour de France. Fabio Aru incontra la stampa sul far della sera nel buen retiro della UAE Emirates.
«Sono qua e sono contento di esserci: non dimenticate che fino a qualche settimana fa non si pensava nemmeno che questo progetto si potesse realizzare. I tempi di recupero dovevano essere più lunghi, ma poco più di un mese dopo l’intervento ho potuto riprendere ad allenarmi. Nelle gare che ho disputato abbiamo raccolto dati che poi abbiamo valutato e che ci hanno portato a decidere di essere qui».
Che Aru ci dobbiamo attendere? Uomo di fiducia di Martin o cacciatore di tappe?
«Nei primi dieci giorni voglio stare tranquillo, aiutare Daniel e la squadra e poi vedremo quello che sarà. Nessuno sa quello che può succedere. Ma non sono qui ne’ per caso ne’ tanto per capriccio».
Dopo l’operazione, quando pensavi di rientrare?
«Sinceramente pensavo al finale di stagione. Ho sorpreso tutti ma anche me stesso, anche se mi sono impegnato sempre. Ho fatto tutto alla perfezione, ho curato l’alimentazione, ho fatto vita da atleta al 100% anche se ero costretto a star fermo, ho guardato le corse e ho recuperato… con la voglia di tornare. Ho vissuto mesi difficili, all’Algarve e alla Parigi-Nizza pedalavo con due marce in meno rispetto agli avversari ed era davvero mortificante».
Il Fabio Aru di due anni fa qui al Tour è stato il più forte che abbiamo visto?
«Nel 2014 e 2015 sono andato forte perché sono stato continuo e negli ultimi due anni mi ha dato molto fastidio non riuscire ad avere la stessa continuità di rendimento. Adesso la rotta è invertita, devo correre e lavorare. E non ho mai smesso di sapere chi sono e cosa posso fare».
Le persone che ti sono state più vicine?
«Valentina e la mia famiglia su tutti. Poi la squadra, l’entourage, lo staff, ma la famiglia è il top».
Parlaci dei big di questo Tour.
«Bernal l’ho visto molto bene in Svizzera, Thomas purtroppo è caduto alla terza tappa, ma qui c’è tanta concorrenza e tanta qualità. Fuglsang va forte, gli altri colombiani pure, ci sono Kruijswijk e Porte, poi bisogna vedere quale sarà la condizione di Vincenzo e Landa che arrivano dal Giro. C'è tanta qualità a questo Tour, come sempre e nonostante le assenze».
Cosa ti aspetti dal primo arrivo in salita?
«È sempre indicativo in un grande giro, ricordo che la Planche des Belles Filles è una bella salita impegnativa e quest’anno avremo in più lo sterrato. Ma come ho detto, non ho ambizioni speciali per i primi dieci giorni».
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