Una casa gialla a tre piani, con le persiane verdi. Lui dormiva nella camera in fondo, su un letto in ferro battuto con la testiera alta. Le mattonelle sono decorate a mano, non ce n’è una uguale all’altra. Le fotografie sono in cornice: lui bambino, lui soldato, lui e la bicicletta. La maglia di campione d’Italia è sulla cassapanca, quella biancoceleste della Bianchi è appesa al muro. Nell’angolo ci sono due fagiani impagliati, ricordi di caccia, l’altra maledetta passione che gli è costata la vita. Fausto Coppi non è nato qui: venne al mondo nella stanza matrimoniale, alle nove e mezza di sera, una sera di metà settembre, il settembre di cento anni fa.
Qui era tutta campagna, come adesso. Un borgo che non arriva neanche a cento abitanti, Alessandria è a venti minuti di strada, a 70 chilometri c’è Genova. A casa Coppi allevavano i bachi da seta, mentre il ragazzo Fausto faceva il garzone della salumeria di Domenico Merlano, a Novi Ligure. Dopo la scuola pedalava 36 chilometri al giorno soltanto per andare e tornare dal lavoro. In più c’erano le consegne. E le strade erano sterrate. All’andata era quasi tutta discesa, al ritorno lo aspettava la fatica della salita, fino alla casa gialla con le persiane verdi.
Fu in questa casa che suo zio si offrì di comprargli una bicicletta da strada, perché Fausto potesse smettere di fare il garzone e dedicarsi finalmente alle corse. Cominciò così la sua carriera immortale. Da qui Coppi ha portato nel mondo il nome della sua famiglia e quello del suo paese, ed è per questo che questo piccolo borgo ora aggiungerà al suo anche il nome del Campionissimo. Si chiamerà Castellania Coppi: lo ha deciso il Consiglio regionale del Piemonte, nella seduta di ieri pomeriggio, approvando la proposta della giunta regionale.
I tanti che hanno amato Coppi, o si sono appassionati al suo mito, non lasciano mai solo il suo paese natale. E’ dagli anni Settanta che la gente arriva a Castellania per vedere quel letto in ferro battuto, per scostare la tenda e immaginare quello che lui vedeva dalla sua finestra. Nel 2000 la casa di Coppi è diventata un museo, visitato da circa seimila persone ogni anno. Ma Coppi a Castellania è dappertutto. E’ nella casa gialla con le persiane verdi. Nella statua che era stata realizzata per le Olimpiadi di Roma del ‘60: due anni prima la misero all’Eur, davanti al velodromo, poi fu dimenticata nei magazzini del Coni, e adesso è qui. Lui è anche nella strada principale: via Fausto Coppi, campione del mondo di ciclismo. E’ nelle venticinque gigantografie che fanno luce la notte traformando il suo paese un suggestivo museo a cielo aperto, che racconta per immagini le sue imprese. Imprese che una morte assurda e ingiusta ha contribuito a ingigantire. Al funerale di Coppi c’erano cinquantamila persone incredule e impietrite dal dolore. Gli altri piangevano lontano da Castellania, ma con il cuore erano qui. All’orizzonte si vedono le Alpi, e dunque è più facile immaginare la strada che fece Fausto incontro alla gloria.
Partendo da qui vinse cinque volte il Giro d'Italia, due volte il Tour de France, tre Milano-Sanremo, cinque Giri di Lombardia, una Roubaix, una Freccia Vallone. Diventò campione del mondo a Lugano, nel 1953. Qui visse il dolore per la perdita di suo fratello Serse. Da qui partì per vincere 110 corse, quasi la metà per distacco. Un uomo solo al comando, in eterno.
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